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Categoria: Conti Pubblici Pagina 86 di 102

La risposta del Ministro Giulio Santagata

Gentile Redazione,

ieri, sul sito lavoce.info e ripreso dal quotidiano La Repubblica, Tito Boeri e Pietro Garibaldi hanno emesso una sentenza lapidaria sul disegno di legge finanziaria appena approvato dal Governo Prodi: la loro opinione è che il 2007, dal punto di vista del risanamento finanziario, rappresenta l’anno della grande occasione sprecata. Ma ne siamo certi?

Rispetto a poco più di un anno fa le finanze pubbliche italiane sono pienamente tornate sotto controllo. Dopo quattro anni consecutivi di sforamento dei parametri europei, nel 2007 il disavanzo pubblico è finalmente rientrato sotto la soglia del 3% del PIL, su un valore (2,4%) che risulta essere il migliore risultato da sette anni a questa parte. Anche più contenuto di quanto recentemente concordato in sede europea. L’avanzo primario – il saldo di bilancio al netto della spesa per interessi – praticamente annullato dal precedente Governo, risale al 2,5% del PIL. Il debito pubblico rispetto al PIL, dopo due anni di aumenti, riprende a calare. Quest’inversione di tendenza netta è frutto di un serio e costante lavoro di contrasto all’evasione fiscale e di un rinnovato controllo sulle spese. Certo, se non avessimo restituito ai cittadini più poveri parte dell’extra gettito o se avessimo limitato le spese per investimenti, i saldi per il 2007 potevano essere ancora migliori. Nella costruzione della manovra, però, abbiamo tenuto conto di una fase congiunturale che non consigliava un intervento di finanza pubblica orientato unicamente in senso restrittivo, della necessità di sostenere i redditi più bassi e di investire sul futuro concentrando più risorse sulle infrastrutture.

Boeri e Garibaldi valutano l’andamento delle spese in relazione al forte recupero di gettito fiscale e considerano realizzata la loro previsione che «le maggiori entrate avrebbero finito per legittimare nuove spese». Dalla tabella da loro riportata (sul sito www.lavoce.info) emerge chiaramente, invece, che nel 2007, a fronte di una pressione fiscale salita di 0,8 punti (a parità di aliquote e esclusivamente grazie al recupero di evasione), le spese correnti primarie sono rimaste immutate al 39,9% del PIL. Le maggiori entrate si sono tradotte in un aumento dell’avanzo primario: proprio come ogni buon libro di economia suggerirebbe.

Facciamo un passo indietro: nella scorsa legislatura la spesa corrente primaria è cresciuta inesorabilmente anno dopo anno dal 37,3% del 2000 al 39,9% del 2005. Ridurre progressivamente e soprattutto riqualificare le nostre spese pubbliche, rendendole più rispondenti alle esigenze di lavoratori, famiglie e imprese, costituisce un obiettivo centrale del Governo. Essere riusciti a fermare una dinamica di aumento insostenibile (e quasi incontrollata) delle spese è un primo risultato importante. E anche l’intervento sui residui passivi previsto dalla finanziaria – che affronta una delle questioni centrali della capacità di spesa effettiva delle amministrazioni, sottolineata dalla presenza nel bilancio pubblico di residui passivi per decine di miliardi di euro – comporta una riduzione strutturale dei volumi di spesa.

Secondo i due economisti, «se il provvedimento a favore delle famiglie più deboli può essere desiderabile e opportuno, è ipocrita classificarlo come riduzione di tasse». E perché mai regole contabili europee sistematicamente utilizzate in altri paesi dovrebbero non essere applicate all’Italia?

Per concludere: nella nuova finanziaria vi sono misure strutturali di semplificazione e razionalizzazione sul piano fiscale (riduzione delle aliquote Ires sulla base di un modello già sperimentato anche in Germania). Un autentico esempio delle tanto invocate riforme strutturali i cui effetti positivi sullo sviluppo saranno assai più chiari ed evidenti di quanto oggi possano ritenere Boeri e Garibaldi.

La Replica degli autori al Ministro

Il Ministro Giulio Santagata, nella sua garbata lettera a difesa della Legge finanziaria e della politica fiscale dellÂ’esecutivo trascura un elemento fondamentale alla base della nostra analisi economica: la crescita. 

Maggior crescita significa più redditi da lavoro, più profitti d’impresa e più entrate fiscali, come testimoniato dallÂ’eccezionale recupero dellÂ’Ires nel 2007. La crescita, comune a molti paesi europei e non specifica allÂ’Italia, insieme agli inasprimenti fiscali della finanziaria 2007, allÂ’efficace lotta all’evasione e al trasferimento del Tfr allÂ’Inps (che ha trasformato miracolosamente debito in entrate dello Stato) ha generato una crescita record delle entrate. Nel 2008 la pressione fiscale toccherà il livello record del 43%.  

Il Ministro sostiene che “le finanze pubbliche sono pienamente tornate sotto controllo”. Ma secondo la ricostruzione offerta da Banca dÂ’Italia e Istat, al netto delle poste straordinarie, il disavanzo 2006 è stato del 2,5% mentre quello del 2007 è ora stimato 2.4 percento. Quindi il risanamento dei conti pubblici operato nel 2007 consisterebbe di un aggiustamento di appena lo 0,1 per cento. Nonostante la crescita e lÂ’extragettito. 

Il Ministro sostiene che “nella costruzione della manovra abbiamo tenuto conto di una fase congiunturale che non consigliava un intervento di finanza pubblica unicamente in senso restrittivo”. Ma alla luce del buon andamento dell’economia nel 2006-2007, si sarebbe dovuto fare un intervento di aggiustamento. La politica fiscale deve essere espansiva quando il ciclo va male e restrittiva quando le cose vanno bene. Lo si dice in tutti i manuali di macroeconomia del mondo Aver scelto di fare l’opposto rappresenta per il Paese una grande occasione sprecata. Troviamo peraltro singolare che il Ministro definisca “restrittivo” ciò che ogni buon capofamiglia fortemente indebitato farebbe trovandosi entrate superiori al previsto, vale a dire ridurre i propri debiti.

Il nuovo Patto di stabilità correttamente impone un aggiustamento più rapido nei periodi di maggior crescita. Le fasi di crescita sono ideali per fare le riforme sulla spesa, cosa di cui non riusciamo a trovare traccia nel nuovo disegno di legge Finanziaria. Quando il ciclo economico volgerà al peggio, e ve ne sono già le avvisaglie, i tesoretti spariranno e all’Italia resteranno, come previsto, più spesa e più deficit. Un film purtroppo già visto e più volte ricordato da Banca dÂ’Italia, Commissione Europea e Fondo Monetario Internazionale.

LA SINISTRA, I BOT E IL TABU’ DELLA NOMINATIVITA’

La redistribuzione è l’unico motivo che giustifica la tassazione di interessi e dividendi. Ma allora sarebbe necessario assoggettarli alla medesima aliquota che il contribuente paga sul reddito da lavoro. E’ la soluzione adottata in molti paesi, a cominciare dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. In Italia invece si preferisce un’aliquota unica su tutte le rendite finanziarie. Anche al 20 per cento ridistribuisce Â…  ma favore dei ricchi. Diversamente da ciò che molti pensano, questo sarebbe il momento giusto per modificare il trattamento fiscale dei titoli di Stato.

COME DILAPIDARE IL “TESORETTO”

Il complesso della manovra di bilancio per il 2007 e 2008 peggiorerà i conti pubblici, rispetto a quanto avverrebbe in sua assenza. Si tratta di mezzo punto di Pil di deficit in più. Dal punto di vista dell’equilibrio di bilancio e degli impegni europei sarebbe meglio fare a meno di decreto fiscale e Legge Finanziaria. Una fetta consistente del peggioramento dei saldi è dovuta a maggiori spese e non a riduzioni di tasse. Quindi non si può neanche sostenere che si tratta della restituzione agli italiani dell’extragettito. E’ invece una rinuncia a investire nel futuro.

FAMIGLIE E IMPRESE NELLA MANOVRA FINANZIARIA 2008

La manovra opera una parziale restituzione dell’extra-gettito. Ne beneficiano le famiglie: in particolare incapienti e proprietari di prima casa con redditi inferiori a cinquantamila euro. Molti sono anche gli interventi fiscali per società e imprese. Si preannunciano a costo zero, ma potranno avere effetti di rilievo sia sulla competitività che sulla ripartizione del carico fiscale fra i diversi soggetti. Prevalentemente improntate alla semplificazione sono le misure per le piccole imprese.

Tagli non parole!

A quasi cinquecento giorni dal suo insediamento, dopo che la spesa pubblica è cresciuta di quasi il 4 per cento in termini reali, il ministro dellÂ’Economia pubblica un Libro verde, privo di indicazioni operative, a parte il caso della giustizia. A venti giorni dalla presentazione della Finanziaria suona come una ammissione di impotenza. Bene allora interrogarsi su come verranno trovati i 14 miliardi per coprire le “spese eventuali”.  Utile la riclassificazione del bilancio dello Stato. Ma la vera riforma sarebbe l’abolizione del bilancio tendenziale.

Dossier: Il Dpef dei rinvii

EÂ’ un Documento di programmazione economica e finanziaria da fine legislatura quello appena varato dal Governo. Guarda alle esigenze politiche immediate e trascura il futuro. A chi governerà nel 2009 e 2010 viene passata la patata bollente di un aggiustamento per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2011. Insomma, a meno di un cambiamento radicale nella capacità del Governo di contenere la spesa, alla fine avremo più spesa e più tasse. E ancora una volta non vi sono politiche prioritarie per l’ambiente, malgrado gli alti costi che comportebbe la mancata applicazione del Protocollo di Kyoto.

Pubblica Amministrazione: dov’è la corruzione e dov’è l’inefficienza

Chi spreca i soldi dei contribuenti? E perché? Per inefficienza o per corruzione? L’introduzione della Consip come centrale acquisti permette di stimare i risparmi e maggiori esborsi. Meno inefficienti risultano le amministrazioni locali, e ancora meglio sembrano fare gli enti semi-autonomi, quali Università e Aziende Sanitarie Locali. E per controllare meglio è necessaria la raccolta sistematica di dati e la massima trasparenza.

Il Dpef 2008-2011: un aiuto alla lettura

Il Dpef 2008-2011 presenta alcune novità. In primo luogo, la costruzione dell’elenco di “spese eventuali” è un passo avanti in trasparenza e leggibilità. In particolare, gli impegni elencati danno una idea della dimensione del tendenziale a “politiche invariate” invece che a “legislazione vigente”. In secondo luogo, dall’elenco emerge come la Finanziaria 2008 debba reperire risorse per almeno 11 miliardi, solo per fare fronte a impegni già sottoscritti o prassi consolidate. Con l’impegno a trovarle sul versante della riduzione della spesa primaria.

Un Dpef di fine legislatura *

Il governo ha approvato un Dpef di “breve respiro e di breve periodo”, molto attento agli interessi politici immediati e poco agli interessi di finanza pubblica, e del paese, di medio periodo. Insomma un Dpef di fine legislatura. Per vari motivi. Delinea un percorso di finanza pubblica “peggiore” di quello che avevamo di fronte prima della tre giorni di “fiera della spesa”. Rimanda l’aggiustamento necessario a raggiungere il pareggio di bilancio interamente al 2009 e al 2010. Invece di sfruttare il ciclo economico positivo, si decide di prendere tempo. Offre un pessimo segnale per la trattativa sulle pensioni.

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