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La deriva della riforma fiscale

Mentre si attendono indicazioni credibili sulla prevista riforma dell’Irpef, la manovra già varata prevede maggiori entrate per sette miliardi e mezzo. Dovrebbero arrivare dalla cosiddetta manutenzione della base imponibile e dall’inasprimento di micro-tributi esistenti. Ma la revisione degli studi di settore per i lavoratori autonomi e piccola impresa difficilmente potrà dare un gettito rilevante nel 2005. E gli interventi sul reddito da fabbricati sono estemporanei. Il gettito più certo verrà ancora una volta dall’inasprimento di tributi esistenti.

Gordon Brown all’italiana

Metodo inglese per la prossima Finanziaria italiana. In realtà, in Gran Bretagna si lavora con un’ottica pluriennale, e i piani di spesa non sono fatti sulla base di percentuali di crescita uniformi, che rischiano di essere inapplicabili, come invece avviene in Italia. La discussione se utilizzare come base di riferimento il bilancio tendenziale o il pre-consuntivo è poi un falso problema. Servirebbe piuttosto un approccio integrato che tenga conto di tutte le informazioni disponibili, sul passato e sul futuro.

Verso la Finanziaria

L’unico elemento finora noto della prossima Finanziaria è che una parte della manovra sarà costituita dall’applicazione di un tetto uniforme del 2 per cento alla crescita della spesa nel 2005 rispetto al pre-consuntivo 2004. Congelare così la composizione della spesa segna una rinuncia a definire priorità e scelte allocative e riduce la politica di bilancio a un fatto puramente finanziario. E comunque non basta per raggiungere gli obiettivi indicati nel Dpef.

Un Dpef leggero, ma realistico

Il Dpef 2005-8 è uno dei più brevi della storia. Presenta un quadro realistico della situazione economica del Paese perché non nasconde il peggioramento strutturale dei conti pubblici, ma mostra l’assenza di una politica economica da parte del governo. Si comprende che ci saranno nuove “una tantum”, sia nella manovra finanziaria per il 2005, che in quella per l’anno successivo. Al nuovo ministro dell’economia la Redazione de lavoce.info, Riccardo Faini e Francesco Giavazzi chiedono un impegno chiaro: queste “una tantum” non devono includere altri condoni.

Un vantaggio per il Sud?

Vincenzo Visco commenta la lettura del DPEF fornita da Riccardo Faini e Francesco Giavazzi per quanto riguarda gli aiuti al Sud. È giusto l’impegno ad aprire le ostilità con Bruxelles sulla differenziazione regionale delle aliquote sui profitti?  

L’impegno che chiediamo al ministro dell’Economia

Il Dpef presenta un quadro realistico della situazione economica del Paese perché non nasconde il peggioramento strutturale dei conti pubblici, ma mostra l’assenza di una politica economica da parte del governo. Si comprende che ci saranno nuove “una tantum”, sia nella manovra finanziaria per il 2005, che in quella per l’anno successivo. Dal nuovo ministro dell’economia chiediamo un impegno chiaro: queste “una tantum” non devono includere altri condoni.

Il risanamento fiscale degli anni ’90

Vincenzo Visco, ex Ministro del Tesoro (2000) e Ministro delle Finanze (1996, 1998 e 1999) in risposta a Roberto Perotti, sostiene che non è corretto affermare che il risanamento italiano tra il 1996 e il 2001 si è basato su un eccesso di tassazione che ha interferito negativamente con lÂ’attività economica. Piuttosto, la finanza pubblica italiana ha trovato un equilibrio fondato su una pressione fiscale pari alla media europea e un livello di spesa primaria al netto degli interessi inferiore alla media europea e sufficiente a finanziare lÂ’eccesso di spesa per interessi. E’ una situazione di rigidità strutturale del bilancio che non consente “distrazioni populiste”. Pena deviazioni sostanziali dai criteri di convergenza.

La riforma delle pensioni e la malattia dell’ultima sigaretta

La riforma delle pensioni appena varata non eÂ’ strutturale e rischia di far lievitare la spesa previdenziale da qui al 2008 incoraggiando le fughe anticipate verso lÂ’anzianitaÂ’. Ma vi eÂ’ di peggio. Si discute della possibilitaÂ’ di trasferire una parte cospicua del Tfr direttamente allÂ’Inps. Gli effetti di questa operazione su imprese, lavoratori, e lo sviluppo dei fondi pensione rischiano di essere largamente negativi. LÂ’unico beneficio certo sarebbe quello, di breve periodo, per i conti pubblici, al costo peroÂ’ di un loro futuro deterioramento.

Sono stati anni difficili?

Con la ripresa dovrebbe migliorare la situazione dei conti pubblici in Europa: rischia di essere un ragionamento troppo ottimista. La riduzione dei tassi di interesse conseguente al rallentamento del ciclo può avere un effetto particolarmente favorevole per i paesi altamente indebitati, come il nostro. Paradossalmente, è del tutto possibile che l’Italia non tragga grande beneficio dalla modesta ripresa, ma ne soffra le conseguenze in termini di più alti tassi di interesse europei. Il nuovo Dpef dovrebbe tener conto di questi fattori.

Una manovra omeopatica

Nel decreto legge varato per correggere lÂ’andamento dei conti pubblici nel 2004, la componente strutturale è di circa il 12 per cento, concentrata sulle entrate. I tagli alle spese sono invece tutti una tantum. E’ dunque marginale l’influenza sulle prospettive per il 2005, che vedono un disavanzo tendenziale intorno al 4,5-5 per cento del Pil, senza contare il punto percentuale necessario per finanziare la riduzione delle imposte.

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