Vincenzo Visco commenta la lettura del DPEF fornita da Riccardo Faini e Francesco Giavazzi per quanto riguarda gli aiuti al Sud. È giusto limpegno ad aprire le ostilità con Bruxelles sulla differenziazione regionale delle aliquote sui profitti?
Categoria: Conti Pubblici Pagina 96 di 102
Il Dpef presenta un quadro realistico della situazione economica del Paese perché non nasconde il peggioramento strutturale dei conti pubblici, ma mostra lassenza di una politica economica da parte del governo. Si comprende che ci saranno nuove una tantum, sia nella manovra finanziaria per il 2005, che in quella per lanno successivo. Dal nuovo ministro delleconomia chiediamo un impegno chiaro: queste una tantum non devono includere altri condoni.
Vincenzo Visco, ex Ministro del Tesoro (2000) e Ministro delle Finanze (1996, 1998 e 1999) in risposta a Roberto Perotti, sostiene che non è corretto affermare che il risanamento italiano tra il 1996 e il 2001 si è basato su un eccesso di tassazione che ha interferito negativamente con lattività economica. Piuttosto, la finanza pubblica italiana ha trovato un equilibrio fondato su una pressione fiscale pari alla media europea e un livello di spesa primaria al netto degli interessi inferiore alla media europea e sufficiente a finanziare leccesso di spesa per interessi. E’ una situazione di rigidità strutturale del bilancio che non consente “distrazioni populiste”. Pena deviazioni sostanziali dai criteri di convergenza.
La riforma delle pensioni appena varata non e strutturale e rischia di far lievitare la spesa previdenziale da qui al 2008 incoraggiando le fughe anticipate verso lanzianita. Ma vi e di peggio. Si discute della possibilita di trasferire una parte cospicua del Tfr direttamente allInps. Gli effetti di questa operazione su imprese, lavoratori, e lo sviluppo dei fondi pensione rischiano di essere largamente negativi. Lunico beneficio certo sarebbe quello, di breve periodo, per i conti pubblici, al costo pero di un loro futuro deterioramento.
Con la ripresa dovrebbe migliorare la situazione dei conti pubblici in Europa: rischia di essere un ragionamento troppo ottimista. La riduzione dei tassi di interesse conseguente al rallentamento del ciclo può avere un effetto particolarmente favorevole per i paesi altamente indebitati, come il nostro. Paradossalmente, è del tutto possibile che lItalia non tragga grande beneficio dalla modesta ripresa, ma ne soffra le conseguenze in termini di più alti tassi di interesse europei. Il nuovo Dpef dovrebbe tener conto di questi fattori.
Nel decreto legge varato per correggere landamento dei conti pubblici nel 2004, la componente strutturale è di circa il 12 per cento, concentrata sulle entrate. I tagli alle spese sono invece tutti una tantum. E’ dunque marginale l’influenza sulle prospettive per il 2005, che vedono un disavanzo tendenziale intorno al 4,5-5 per cento del Pil, senza contare il punto percentuale necessario per finanziare la riduzione delle imposte.
Sembra difficile sostenere che il governo di centrodestra abbia ereditato da quello precedente una situazione dei conti pubblici fortemente deteriorata o che il rallentamento delleconomia mondiale abbia pesato in maniera determinante sugli andamenti di finanza pubblica dopo il 2001. Se così fosse, tra laltro, i conti pubblici non registrerebbero un ulteriore e pronunciato deterioramento proprio nel 2004, quando si manifestano i primi segnali di una seppur timida ripresa. Mentre è arduo il compito che attende il prossimo ministro dellEconomia.
Le promesse del presidente del Consiglio sulla riduzione della pressione fiscale assommano ad almeno un punto e mezzo di prodotto. Più o meno quanto sarebbe necessario per ottenere una pur minima riduzione del debito, due punti. Per raggiungere entrambi gli obiettivi servirebbero interventi sulla spesa di 35-40 miliardi. E allora che cosa sceglierà di fare il governo? Ridurre il debito servirebbe per mettersi al riparo dai rischi di mercato ed evitare le censure internazionali. Ma, a meno di due anni dalle elezioni, è più probabile che opti per il taglio delle tasse.
Il Governo Berlusconi era partito come governo liberalizzatore, volto ad alleggerire la presenza pubblica nelleconomia e a lasciare spazio agli investimenti privati. Ma lunica vera privatizzazione del triennio è la vendita dellEti, il monopolio tabacchi. Per il resto, solo cessioni di quote marginali o privatizzazioni allitaliana, ovvero con una presenza pubblica dominante in imprese nominalmente privatizzate da diversi anni. Una contraddizione ha paralizzato lazione di Tremonti: liberalizzare il sistema industriale, ma anche mantenerne il controllo.
Affidiamoci ai numeri per capire come il ministro lascia i conti pubblici. Tremonti si è trovato ad operare in condizioni cicliche ben peggiori dei suoi predecessori. Sulle entrate, il vero neo sono stati i condoni: delle altre una tantum, non ha fatto un uso molto più alto dei governi precedenti. Non cè stato alcuno sforzo di ridurre la spesa, ma questa non è neanche esplosa come alcuni sostengono: anzi, nel 2002 e 2003 la crescita della spesa primaria e dei consumi pubblici (inclusa la spesa per personale) in termini reali è stata più bassa che nel biennio precedente.