Il Dpef presenta un quadro realistico della situazione economica del Paese perché non nasconde il peggioramento strutturale dei conti pubblici, ma mostra l’assenza di una politica economica da parte del governo. Si comprende che ci saranno nuove “una tantum”, sia nella manovra finanziaria per il 2005, che in quella per l’anno successivo. Dal nuovo ministro dell’economia chiediamo un impegno chiaro: queste “una tantum” non devono includere altri condoni.

Il Dpef e’ piu’ trasparente …

Il Dpef presenta un quadro realistico e coraggioso dello stato dei nostri conti pubblici. E’ un importante passo in avanti, soprattutto se confrontato con un passato non lontano in cui il ministro dell’Economia per mesi sosteneva che l’economia e i conti pubblici andavano bene, salvo poi, a fine anno, varare con grande affanno misure correttive temporanee. Il Dpef 2005-2008 conferma quanto scriviamo su questo sito da molto tempo: l’avanzo primario si sta progressivamente assottigliando ed è un peggioramento solo in piccola parte spiegabile con l’andamento congiunturale: al contrario, vi sono tutti i segni di un peggioramento strutturale dei conti pubblici italiani.

 

… ma e’ reticente sulla politica economica che il governo intende attuare

E’ evidente che per la finanza pubblica si prospettano tempi assai difficili. Anche tralasciando gli effetti di un’eventuale riduzione delle aliquote Irpef, l’aggiustamento richiesto per il 2005 (vedi Faini-Giavazzi) è pari all’1,7 per cento del pil (24 miliardi di euro). Nel 2006, l‘esigenza di sostituire le “una tantum” che si esauriranno con misure strutturali (0,5 per cento del pil) e l’ulteriore aggiustamento richiesto (a quel punto lo scarto fra tendenziale e programmatico sarà salito al 2,1 per cento del pil) richiederanno la manovra pari all’1 per cento del pil, in aggiunta a quella dell’anno precedente. In totale una manovra di circa 40 miliardi su due anni: 24 nella Finanziaria del 2005, 16 in quella del 2006–e questo, come detto, senza tener conto dell’esigenza di finanziare eventuali sgravi fiscali (un altro 1 per cento del pil), né degli effetti del rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti. Se consideriamo la riforma fiscale (altri 13 miliardi) e il prevedibile effetto del rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti (di difficile quantificazione ma che rischia di gravare non poco sui conti pubblici) superiamo i 50 miliardi. Come realizzare una correzione di 50 miliardi su un biennio dopo essersi impegnati a che“scuola, sanità, sicurezza e servizi sociali non abbiano a risentire della politica economica del Governo” e prestando“particolare attenzione al potere di acquisto”, un’affermazione che lascia presagire un atteggiamento non proprio rigoroso in occasione dei prossimi rinnovi dei contratti del settore pubblico? Su questo, Dpef e ministro tacciono.

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No a un nuovo condono fiscale

Vi saranno nuove misure “una tantum”? Leggendo il Dpef si comprende che vi saranno nuove “una tantum” pari allo 0,8 per cento del pil nel 2004 e allo 0,5 per cento nel 2005. Dal nuovo ministro dell’Economia vogliamo un impegno chiaro: queste “una tantum” non devono includere altri condoni. Un condono sui redditi del 2003, annunciato sulla stampa e sinora mai smentito dal ministro dell’Economia, avrebbe effetti deleteri sulla tax compliance dei contribuenti. Il fatto stesso che se ne parli senza smentite contribuisce a seppellire la speranza di indurre gli italiani a comportamenti fiscali più corretti e di migliorare la capacità di contrasto dell’amministrazione finanziaria.

 

No al trasferimento del TFR in gestione separata presso l’Inps

Il trasferimento all’Inps del TFR sarebbe esiziale per il decollo della previdenza integrativa (vedi Boeri-Faini), quali che siano le forme di questo trasferimento, mantenendo le regole attuali o trasformando le liquidazioni in un fondo a capitalizzazione. Soprattutto peserebbe sui futuri conti dell’INPS e non riuscirebbe a ridurre il debito pubblico implicito.

 

“Liberalizzazioni, privatizzazioni di servizi e la riforma delle professioni
sono parte integrante degli interventi per stabilizzare la finanza pubblica”

Questa affermazione, e gli impegni che essa dovrebbe sottendere, costituiscono l’elemento più innovativo del Dpef e della politica economica del nuovo ministro dell’Economia. Tuttavia, all’affermazione di principio non corrispondono impegni concreti:“Riforme in questo senso verranno proposte al Parlamento in tempi rapidi”, ci si limita a dire. Come tante volte nel passato, è “wishful thinking”. Se davvero le liberalizzazioni sono parte integrante della prossima legge Finanziaria, esse devono essere rese certe inserendole nel disegno di legge collegato alla stessa Finanziaria. Come si può pensare che una maggioranza che sinora ha protetto tutte le professioni e le corporazioni di questo paese, che si è strenuamente opposta alla privatizzazione delle ex-aziende municipali di servizi, improvvisamente smantelli gli albi professionali o privatizzi le aziende di servizi locali? C’e’ un solo modo per obbligarla a farlo: condizionare a queste liberalizzazioni l’approvazione della Finanziaria. Il ministro dell’Economia lo sa bene: coraggio, professor Siniscalco!

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