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Categoria: Energia e ambiente Pagina 55 di 60

Mentre a Bruxelles si chiacchiera, Sagunto brucia

Italia e Francia litigano sulla vicenda Enel-Suez. C’è invece assoluta necessità di riprendere l’iniziativa a livello continentale sui temi dell’energia. Perché l’Europa ha un pesante deficit in campo petrolifero e per quanto concerne il gas. Mentre l’Unione Europea potrebbe essere un negoziatore potente e gestire molto meglio i rischi. Rinunciare alle potenzialità di tale asset è semplicemente irrazionale. E proseguire su strade nazionali o al massimo di contrattazione bilaterale ci condanna a inefficienze che poi sono pagate dai consumatori.

Il protezionismo dei francesi. E il nostro

La vicenda Enel-Gdf-Suez ha scatenato le critiche contro il protezionismo francese. Ma anche i nostri politici, di maggioranza e di opposizione, non hanno mai perso l’occasione di difendere l’italianità di questa o quella impresa. Basta guardare al caso Edf-Edison o all’ingresso delle banche straniere. Eppure, i più importanti studi sul grado di apertura dei sistemi economici nazionali dimostrano inequivocabilmente che ogni volta che si proteggono dalla concorrenza internazionale i mercati interni, sono le imprese locali, oltre che i cittadini, a perderci.

Clima di allarme

A pochi giorni dal primo anniversario della entrata in vigore del Protocollo di Kyoto, il negoziato sui cambiamenti climatici fa un passo avanti e uno indietro. Il giudizio degli osservatori ricorda la storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. Intanto, si moltiplicano gli allarmi e si considerano le possibili soluzioni. D’altra parte, non è facile trovare un’intesa sulle emissioni nocive. I costi di una loro riduzione sono vicini e certi, i benefici sono lontani e incerti. La spaccatura verte essenzialmente sul dilemma “vincoli sì-vincoli no”.

Il ritorno del nucleare

Dopo anni di oblio, la nuova preoccupazione per la sicurezza energetica e la necessità di contrastare il riscaldamento globale riaprono il dibattito sull’energia nucleare. I tempi per la ricerca di tecnologie innovative sono lunghi e le riduzioni di gas serra entro il 2050 dovranno avvenire con le tecnologie di  adesso. Ma la scarsa sicurezza non sembra un motivo valido per dire no al nucleare: i rischi connessi al suo utilizzo sono ben inferiori a quelli che si registrano in altri settori produttivi e nelle attività che ci vedono abitualmente coinvolti. Da valutare, invece, la sua convenienza economica, se le quotazioni del petrolio torneranno basse.

Energia alle strette

L’alta dipendenza del nostro paese dai combustibili fossili di importazione ci rende vulnerabili alle turbolenze internazionali. La promozione dell’efficienza negli usi finali è una soluzione in grado di armonizzare obiettivi di sicurezza e affidabilità del nostro sistema energetico, tutela ambientale e competitività, a parità di servizi. Ma è necessaria anche una politica che promuova il risparmio energetico: diminuire le importazioni di gas e petrolio non ha solo un effetto benefico sulla bilancia commerciale, ma è un’opportunità per la crescita di nuovi settori produttivi.

La sicurezza del nucleare

La scarsa sicurezza non sembra essere un motivo valido per dire no al nucleare: i rischi connessi all’utilizzo di questa fonte energetica sono largamente inferiori a quelli che si registrano in altri settori produttivi e nelle attività che ci vedono abitualmente coinvolti. Da valutare, invece, la sua convenienza economica, se le quotazioni del petrolio torneranno basse. Tuttavia, una riduzione del reddito delle famiglie per sussidiare forme di produzione di energia alternative, ma più costose, può comportare danni superiori ai benefici conseguiti.

L’industria energetica

L’elevata dipendenza del nostro paese dai combustibili fossili di importazione ci rende estremamente vulnerabili alle turbolenze internazionali. Al di là delle misure d’emergenza, è necessario elaborare un politica che promuova il risparmio energetico, la diversificazione delle fonti energetiche, la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie e nuovi prodotti con basse emissioni di CO2. Diminuire le importazioni di gas e petrolio non ha solo un effetto benefico sulla bilancia commerciale, è un’opportunità per la crescita di nuovi settori produttivi.

Gas, una crisi annunciata

Gli abusi di posizione dominante di Eni nel mercato delle importazioni di gas si sono gradualmente tradotti non soltanto in un ostacolo alla liberalizzazione, ma anche in una carenza strutturale di offerta. A questo si aggiunge una insufficiente capacità di stoccaggio per la modulazione stagionale. La sostituzione della ripartizione pro-quota con un meccanismo d’asta ridurrebbe la convenienza economica di alcuni utilizzi dello stoccaggio. In questi giorni, avrebbe indotto i fornitori a offrire sconti significativi per i contratti interrompibili.

Effetto caro-petrolio

Il greggio è rincarato di oltre il 60 per cento nel 2005. Ma le conseguenze per crescita e inflazione non sono le stesse registrate in altre crisi petrolifere. Soprattutto perché quello attuale è uno shock da domanda e non da offerta. Resta però una sostanziale vulnerabilità dei paesi occidentali. Prezzi crescenti del petrolio agiscono come una potente tassa sui consumatori che comprimono così la spesa per altri beni. La stagnazione dell’economia, poi, non consente di attutire l’impatto attraverso un incremento dei redditi. Con riflessi anche sui risparmi.

Come “liberare” l’energia

Alti prezzi finali, vulnerabilità delle reti, insoddisfacente qualità del servizio sono i sintomi del malessere del sistema energetico italiano. La riforma avviata nei primi anni Novanta è ancora incompiuta. Occorre quindi mitigare il potere di mercato degli ex-monopolisti per favorire l’entrata di nuovi operatori. E rilanciare le funzioni di regolazione indipendente. Il controllo proprietario di entrambi gli operatori di rete andrebbe poi attribuito alla Cassa depositi e prestiti. Che per evitare conflitti di interesse dovrebbe cedere le sue quote di Enel ed Eni.

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