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Categoria: Unione europea Pagina 75 di 99

IL PASSAPORTO DI EUROLANDIA*

I criteri per l’ingresso nell’area euro sono stati fissati negli anni Novanta, quando l’Unione Europea aveva dodici membri. Niente è cambiato in fatto di regole quando gli stati sono arrivati a ventisette. Ora è sopraggiunta la crisi e ripensare i parametri è diventato indispensabile. Si possono mantenere gli attuali quattro indicatori, rendendo però più sensati i requisiti numerici. Ad esempio, legandoli alla media dell’area e non ai tre paesi più virtuosi. Stabilità e credibilità della moneta unica non sarebbero in pericolo. Anzi, aumenterebbe la fiducia.

L’EUROPA NON APPREZZA IL BUON VINO

Il settore vitivinicolo è uno dei più importanti e dinamici dell’economia italiana. Ma l’Unione Europea sta per varare un’importante riforma che modifica il sistema di classificazione dei vini, con un appiattimento dei livelli di qualità. Rischia così di danneggiare le cantine italiane, che negli anni sono riuscite a consolidare il loro prestigio mondiale grazie all’interazione di sistema istituzionale di classificazione e reputazione collettiva della specifica denominazione. Ad avvantaggiarsene saranno invece i grandi gruppi internazionali.

MERCATI DEL LAVORO SULL’ORLO DELLA CRISI

La disoccupazione cresce in Europa a ritmi superiori a quelli del passato. E con un andamento simile a quello degli Stati Uniti. La recessione di oggi interviene infatti su mercati del lavoro europei resi più flessibili dalle riforme degli ultimi anni. Ciò non significa che sia auspicabile tornare alle rigidità del passato, come invece potrebbe accadere sull’onda della crisi. Serve invece un approccio integrato e, per quanto possibile, coordinato nella regolamentazione del mercato del lavoro e dei mercati finanziari, per garantire la stabilità di entrambi.

POVERA ITALIA!

Gli italiani si sono impoveriti negli ultimi anni? Le indagini di Istat e Banca d’Italia fotografano una situazione difficile per le famiglie numerose, per chi non ha lavoro e per il Sud. Ma nelle indagini sulla povertà si dovrebbe considerare un paniere che per tutta l’area euro rappresenti l’insieme dei beni e servizi considerati essenziali per uno standard di vita di una famiglia minimamente accettabile. E poi analizzare la percentuale di famiglie che si avvicina o si allontana da quella soglia ogni anno e nel corso degli anni.

SE IN EUROPA CONTA DI PIU’ CHI VOTA DI PIU’

Alle ultime elezioni europee ha votato solo il 43,1 degli elettori. Siamo dunque ben lontani da quel Parlamento europeo composto da rappresentanti dei cittadini dell’Unione prefigurato dal Trattato di Lisbona. Come incentivare l’affluenza alle urne? Per esempio, attraverso un meccanismo che assegni più eurodeputati ai paesi che registrano una più alta partecipazione al voto. Le simulazioni indicano che con l’affluenza di questa tornata il numero degli eletti si ridurrebbe nettamente. E potrebbe cambiare anche il peso politico dei diversi paesi.

È L’IMMIGRAZIONE, BELLEZZA

Perché i partiti socialdemocratici crollano in tutta Europa proprio in un periodo di recessione? La risposta è nei 26 milioni di immigrati nell’Unione Europea negli ultimi anni. I cittadini sono preoccupati per la sostenibilità del welfare state europeo. E se la soluzione sembra essere in più rigide politiche sull’immigrazione e nelle limitazioni all’accesso allo stato sociale, le coalizioni di destra sono decisamente più credibili. Ma sono politiche inattuabili nel lungo periodo. Esistono alternative ben più efficaci. Senza rinunciare alla redistribuzione.

LA CRISI NEL VOTO DEGLI ITALIANI

Al contrario di quanto accade in altri paesi, in Italia la crisi economica rafforza il governo, almeno per il momento. Le intenzioni di voto indicano che sono proprio le categorie più colpite, e soprattutto i giovani, ad affidarsi a Silvio Berlusconi. Dopo le elezioni, il governo non potrà dunque ignorare il segnale mandato dal settore più sofferente, ma anche più dinamico, della società. Non è il momento delle strategie dei due tempi: bisogna fare subito le riforme, per migliorare le condizioni delle giovani generazioni.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Nel nostro articolo veniva ribadita la necessità e l’urgenza dell’eliminazione delle maggiori barriere anagrafiche che i giovani italiani trovano all’entrata in Parlamento sia a Roma che a Strasburgo. Si diceva inoltre che un ulteriore modo per ridurre la perdita di consistenza del peso elettorale dei giovani è il riconoscimento del diritto di voto alle seconde generazioni di immigrati. Dato però che il degiovanimento italiano è più accentuato che altrove e tenuto conto della crescita di interesse verso la partecipazione sociale e politica dei Millennials, abbiamo anche accennato alla possibilità di allargare a sedicenni e diciassettenni il diritto di voto alle elezioni amministrative. Questo è il punto che sembra trovare maggiore perplessità a giudicare dai commenti.
Su questo tema i nostri motivi a favore sono già stati discussi in un precedente articolo di Alessandro Rosina. Riprendiamo qui schematicamente i principali, che sono i seguenti.
1.      i sedicenni sono considerati sufficientemente maturi per avere un’occupazione e produrre reddito; in base al principio di no taxation without representation dovrebbero avere anche il diritto di poter contribuire a decidere chi amministra il bene pubblico;
2.      se il problema è un voto consapevole, allora dovremmo proporre un test d’ammissione per misurare la consapevolezza e l’informazione di tutti i cittadini (come suggerisce un lettore). Storicamente, il voto si esprime con una "X" anche per far votare gli analfabeti. Va poi considerato che le nuove generazioni hanno accesso tramite la rete a molte più informazioni dei loro padri e soprattutto dei loro nonni. Dare ad essi il voto è anche un segnale di fiducia nei loro confronti. Il fatto stesso di avere la possibilità di incidere attraverso il voto può incentivare una maggiore consapevolezza e partecipazione attiva nella società in cui si vive. Da ultimo, ricordiamo che lo stesso argomento oggi usato contro i sedici-diciasettenni veniva usato in passato contro il voto alle donne.
3.      in Austria i sedicenni votano: sono più maturi ed informati rispetto agli italiani?

Infine, un lettore fa notare come gli studenti fuori sede siano, di fatto, esclusi dal diritto di voto: ha perfettamente ragione. Esistono già seggi ad hoc (si pensi alle case di riposo, ai militari in missione, etc): è così difficile dare la possibilità agli studenti che ne facciano richiesta di votare presso l’università dove risultano iscritti? Ricordiamo che in occasione dei mondiali di calcio in Germania, fu organizzato un seggio ad hoc per far votare gli atleti e lo staff: i giovani calciatori hanno più diritti dei giovani universitari?

IL VOTO EUROPEO DEI RAGAZZI DEL MILLENNIO

Alle elezioni europee voteranno per la prima volta circa 31 milioni di Millennials, i ragazzi diventati maggiorenni nel XXI secolo. Negli Stati Uniti questa generazione è stata determinante per l’elezione di Obama. In Italia sono meno che negli altri paesi e paradossalmente hanno anche maggiori limiti di partecipazione alle elezioni rispetto ai coetanei europei. Come valorizzare la loro voglia di fare? Abbassando a sedici anni l’età del voto e modificando le regole per la cittadinanza dei figli degli immigrati.

COME CAMBIERANNO LE REGOLE DELLA FINANZA

Il rapporto De Larosière è ormai il punto di riferimento per la riforma degli istituti di supervisione finanziaria nell’Unione Europea. Propone un organismo che guardi alla stabilità del sistema nel suo complesso. Ma finché le istituzioni europee non avranno più potere e più responsabilità, è forse meglio concentrarsi su una regolamentazione che superi vecchi steccati, quali quelli della sussidiarietà o della regolamentazione minima. Lasciare la supervisione a livello nazionale con una buona regolamentazione comunitaria non sarebbe una sciagura.

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