L’Europa è per lo più incapace di usare il suo peso economico e decisionale nella governance globale. Perché non parla con una “voce unica”. Ciò accade anche per la difficoltà dei paesi dell’Unione di definire un meccanismo di decisione interno che permetta di giungere a una posizione esterna comune. Ma la rappresentanza unica europea nelle istituzioni finanziarie internazionali e nei gruppi informali rimane condizione essenziale per una maggiore responsabilizzazione dei nuovi attori. E per lÂ’euro c’è la necessità di definire una politica da “valuta chiave”.
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Le istituzioni europee sono nate in un contesto economico ormai superato. Bisogna allora sottoscrivere un nuovo Trattato di Roma? La soluzione non consiste nel rinunciare all’Unione Europea, bensì nell’adattarla al ventunesimo secolo. E ciò significa una nuova divisione di responsabilità tra l’Unione e gli Stati membri. La prima dovrebbe occuparsi della sicurezza alle frontiere d’Europa, della politica estera e della politica per la competitività . I paesi membri dovrebbero assumersi l’onere delle riforme economiche al proprio interno.
Il Trattato di Roma fu firmato per evitare che i disastri della Seconda guerra mondiale si potessero ripetere; solo questo convinse le nazioni a cedere tanto potere anche in campo economico. Ma da allora l’Unione europea è stata tenuta insieme da forze impreviste. Soprattutto la globalizzazione ha insegnato che le politiche nazionali non bastano, e che la cooperazione tra nazioni è l’unico modo per rendere efficaci le politiche economiche.
Quanto costa l’Europa? Il budget dell’Unione ammonta a poco più di 100 miliardi di euro. E’ in forte crescita per via dell’allargamento, ma in confronto all’economia europea é rimasto pressoché stabile negli ultimi anni, intorno all’1 % del PIL. Per fare un altro confronto: in molti paesi membri la spese pubblica nazionale viaggia al 50 % del PIL, ossia quasi 50 volte di più di quella Europea. Formuliamo tre proposte per migliorare il budget europeo.
Pur nella sua retorica vaghezza, la Dichiarazione di Berlino ha confermato che il “modello europeo” deve essere capace di coniugare “successo economico e responsabilità sociale” e che l’UE “si fonda sulla parità e sull’unione solidale”. La Cancelliera Merkel ha prospettato la ripresa del negoziato costituzionale attraverso una nuova conferenza intergovernativa da concludere entro le elezioni del 2009 e ha rilanciato (seppure informalmente) l’idea di elaborare un protocollo sociale volto a rassicurare le opinioni pubbliche nazionali sui temi dell’occupazione e del welfare. Quali proposte potrebbero essere incluse in un simile protocollo?
Non basta migliorare la funzionalità delle istituzioni dell’Unione, occorre ridarle muscoli e sangue di sostegno polare. A questo fine si dovrebbero attribuire al Parlamento europeo i poteri di nomina del presidente della Commisione e di decisione sulle spese pluriennali del bilancio dell’Unione lasciando al Consiglio la decisioene sul tetto delle risorse proprie (come anche propone Gros). Con queste due semplici modifiche, le elezioni europee prenderebbero nuovo significato: i partiti dovrebbero indicare il programma per il bilancio europeo e il candidato a guidare la Commissione.
Dopo l’allargamento si temeva la paralisi. E invece la Commissione lavora più rapidamente, e Parlamento Europeo e Commissione lavorano meglio insieme. Se anche questa è una buona notizia, questo non toglie il fatto che si debbano migliorare i meccanismi decisionali: la ricerca dell’unanimità deve cessare di essere una priorità .
Oggi la Commissione europea adotta una Comunicazione al Consiglio dei capi di Stato e di governo e al Parlamento europeo denominata “Limiting Global Climate Change to 2 Degrees Celsius – Policy Options for the EU and the World for 2020 and Beyond”. Il suo punto di partenza è la constatazione che il cambiamento del clima è in atto. Interventi urgenti per contenerlo entro livelli tollerabili sono perciò necessari. Il testo della Comunicazione e lo studio di supporto riaffermano la volontà di intervento e la leadership europea nei confronti del fenomeno.
L’Unione Europea è in crisi profonda. Perché l’equilibrio originale è stato profondamente alterato dai successivi allargamenti, paralizzando le decisioni sulle grandi questioni. E perché è sceso il sostegno pubblico alle istituzioni comunitarie, a causa di politiche nazionali inadeguate ad affrontare le sfide dell’integrazione e della globalizzazione. Occorre una nuova iniziativa in tre settori critici: un disegno credibile di politiche economiche coordinate; un accordo sulla riforma del bilancio; una discussione aperta sulle questioni istituzionali. Una sintesi e, in allegato, il documento integrale.
Anche se la Commissione europea ha deciso di non avviare la procedura di infrazione nei confronti delle banche popolari, una riforma resta comunque necessaria. Per evitare i rischi di autoreferenzialità del management e gli ostacoli al rafforzamento patrimoniale derivanti dal modello cooperativo. Conservare il voto capitario e rendere più trasparenti e controllabili gli assetti di governo è possibile consentendo una effettiva partecipazione dei soci, attraverso strumenti che garantiscano realistiche possibilità di organizzare il voto.