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Categoria: Unione europea Pagina 90 di 101

La direttiva che non svela segreti

Dal 1° luglio le banche e gli altri intermediari finanziari che operano in Italia e in ventuno altri paesi dellÂ’Unione hanno l’obbligo di comunicare periodicamente all’Agenzia delle entrate il pagamento di interessi a favore di persone fisiche residenti in altri Stati membri Ue. Lo impone la direttiva sul risparmio. L’onere di adeguamento delle procedure è pesante. E in cambio ne ricaveremo solo un passaggio di informazioni inutili fra Stati. L’evasione fiscale infatti non ne soffrirà minimamente, perché i “paradisi fiscali” possono continuare a essere tali.

La battaglia sul bilancio

L’80 per cento del bilancio europeo è destinato all’agricoltura e alle regioni più povere. E’ una struttura di spesa costosa e di dubbia efficacia. Ora, dopo lÂ’allargamento, sarà la causa di pericolosi conflitti per accaparrarsi le risorse. Servirebbe invece un ripensamento radicale su Pac e fondi strutturali. L’Unione dovrebbe allocare i fondi sulla base di una valutazione economica e sociale dei progetti. Potrebbe così diventare una potenza impegnata nella lotta alla povertà nel mondo. E ridare ai suoi cittadini il giusto entusiasmo per l’ideale europeo.

Non date la colpa agli immigrati dell’Est

Un alto tasso di disoccupazione (in Francia) e il timore di “welfare shopping” (in Olanda) hanno probabilmente contribuito alla vittoria del “no” nei referendum sulla Costituzione europea. Ma chiudere le frontiere o l’accesso allÂ’assistenza sociale per i lavoratori dei nuovi Stati membri avrebbe solo effetti negativi. Si bloccherebbe infatti quel tipo di immigrazione che è più facile assimilare: legale e allÂ’interno della Ue di persone mediamente o altamente qualificate. Le nostre stime indicano che frontiere aperte ai lavoratori dei Nuovi Stati Membri offrirebbero in dote all’Europa a 25 una crescita del Pil di mezzo punto percentuale. L’Europa non può rinunciarvi.

L’euro non cambia il conto

E’ vero che i ristoranti hanno approfittato del cambio lira-euro per alzare notevolmente i prezzi? Uno studio sui locali di qualità nel periodo 1998-2004 mostra che i rincari sono stati piuttosto elevati in quasi tutti gli anni considerati, in parte per la crescita della domanda e dei costi. Quelli del 2002 non appaiono eccezionali rispetto alla tendenza di medio periodo. La maggior parte della crescita media del prezzo in quell’anno può essere attribuita al gran numero di revisioni, piuttosto che alla loro entità. E molta influenza ha avuto il grado di concorrenza sul mercato locale.

Miti e realtà sulla delocalizzazione in Francia

Uno studio dell’Insee riflette sul presunto problema delle delocalizzazioni industriali. Nonostante molti siano convinti che il fenomeno abbia ormai assunto dimensioni notevoli, si stima che nel periodo 1995-2001, in Francia i posti di lavoro delocalizzati siano stati in media a 13.500 l’anno. Una cifra tutto sommato esigua. E per meno della metà destinata ai paesi emergenti. In una logica di ristrutturazioni e joint-venture, non tocca le piccole aziende, ma coinvolge i grandi gruppi industriali e le medie imprese. A subirne le conseguenze sono i lavoratori non specializzati.

L’Europa degli italiani

Un nostro sondaggio conferma che i giovani italiani continuano a essere filo-europei e voterebbero a favore del Trattato costituzionale europeo perché hanno poca fiducia nel sistema politico e nelle istituzioni nazionali. L’Europa piace perché ci protegge dai nostri stessi errori. La maggioranza degli intervistati ritiene però che l’euro abbia danneggiato l’economia italiana. Da questi dati si possono trarre alcune indicazioni sull’atteggiamento che il Governo dovrebbe tenere al Consiglio europeo e nel negoziato con Bruxelles sul riequilibrio dei conti pubblici. E ci sarebbe materia di riflessione anche per la Bce.

Lo spread Btp-Bund in tempo di euro

Con la scomparsa del rischio di cambio per l’Italia relativamente alla Germania dopo l’entrata nell’euro, anche il rischio di default si è drasticamente ridotto e i differenziali di interesse tra i due paesi si sono quasi allineati. Ora, però, sembrano tornare ad aprirsi. Un motivo di preoccupazione? L’evidenza empirica ci dice che il recente rialzo dello spread Btp-Bund può essere spiegato interamente da fattori totalmente indipendenti dall’andamento dei fondamentali fiscali italiani. Questo fatto sottolinea il fondamentale ruolo dellÂ’EURO per il contenimento del costo del finanziamento del debito pubblico italiano, in un ambito di aspettative di stabilizzazione dei nostri fondamentali fiscali.

Ci vuole un’Autorità europea

Le battaglie societarie sulle banche italiane dimostrano che una buona regolamentazione è fondamentale per il corretto funzionamento dei mercati e la tutela della stabilità degli intermediari. Ma è altrettanto importante avere “buone” Autorità che applichino quelle regole con efficienza e imparzialità. E in un mercato finanziario denominato in un’unica valuta, per una disciplina uniforme e libera da condizionamenti nazionali, sarebbe opportuna la centralizzazione delle competenze di vigilanza in una Autorità europea, “costruita” sull’esempio della Bce.

Le conseguenze del “no” francese

La vittoria del “no” nel referendum in Francia sulla Costituzione europea porterà secondo alcuni a una crisi valutaria nei nuovi Stati membri, alla fine dell’UME e al blocco di ogni ulteriore allargamento. Sono previsioni che non hanno fondamento. E non dimentichiamo che anche dopo il “no” francese e un probabile “no” olandese, la prosecuzione delle ratifiche secondo i programmi è doverosa ai sensi della dichiarazione n. 30 annessa al Trattato. Ma occorre capire il disagio diffuso rispetto al processo di integrazione comunitaria. Carlo Altomonte, Giancarlo Perasso, Ettore Greco e Gian Luigi Tosato discutono le implicazioni del voto negativo sulla Carta UE al referendum francese. 

E’ l’Italia che va male, non l’Europa

L’economia italiana va male. Alla conclusione non si arriva per pessimismo, ma dall’analisi comparata dei dati disponibili. In quasi tutti i paesi europei quelli sulla crescita della produttività e del Pil sono migliori dei nostri. Dunque, anche da pur necessarie e urgenti misure volte a incrementare la produttività e la competitività dell’Europa non dovremmo aspettarci effetti catartici sulle possibilità di crescita della nostra economia. Purtroppo, ci vorrà tempo, riforme e sacrifici per riportare l’economia italiana a tassi di crescita “europei”.

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