La Politica agricola comune (Pac) costa alle famiglie europee oltre cento miliardi di euro allanno. Oltre l80 per cento dei sussidi alle esportazioni pagati nel mondo sono finanziati dai contribuenti europei, che pagano anche i tre quarti circa di sussidi agricoli finalizzati al sostegno dei prezzi. Gli effetti sui mercati internazionali sono molteplici e significano minor benessere e minor ricchezza non solo per i paesi poveri. Il problema si aggrava ora con lestensione della Pac ai nuovi Stati membri Ue. Eppure di questo grande spreco di denaro pubblico si parla molto poco.
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Come annunciato da tempo ai nostri lettori, abbiamo sottoposto ai partiti e coalizioni che si presentano alle elezioni Europee alcune domande su temi cruciali in questa campagna elettorale. Cominciamo dal pubblicare le risposte ricevute sulle prime due schede: il bilancio dell’Unione e la Costituzione europea. Sul bilancio dell’ Unione, abbiamo chiesto di esprimere una posizione sui fondi strutturali, sulla politica agricola della Ue e sull’ aumento del bilancio complessivo dell’ Unione proposto recentemente dalla Commissione. Riportiamo le risposte di Lista Bonino, Forza Italia, Patto Segni-Scognamiglio e Uniti nellUlivo.
Sulla Costituzione Europea, abbiamo chiesto alle coalizioni se voterebbero a favore della bozza elaborata dalla Convenzione Europea e se sarebbero favorevoli ad un referendum consultivo. Qui le risposte di Lista Bonino, Forza Italia, Patto Segni-Scognamiglio e Uniti nellUlivo.
Lingresso dei nuovi dieci paesi nellUnione europea si sta trasformando da evento storico di portata straordinaria in un processo caotico che accresce le spinte per un indebolimento del disegno di costruzione di una grande Europa. Le responsabilità dei governi e delle istituzioni europee sono grandi. Per come hanno affrontato la questione dellapertura delle frontiere ai cittadini dei nuovi membri e per i segnali mandati sullapplicazione delle regole e dei trattati. Soprattutto in campo monetario e fiscale.
La campagna elettorale per le Europee si fa sempre più “accesa”, ma paradossalmente si parla di tutto tranne che di Europa. Proviamo noi a rivolgere qualche domanda alle due coalizioni.
Il nuovo regolamento comunitario sulle fusioni tra imprese interviene su questioni importanti come la giurisdizione, i tempi delle procedure e i poteri di indagine della Commissione. Soprattutto, ridefinisce i criteri di ammissibilità, sulla falsariga di quelli americani. Si tratta di una riforma profonda e le incertezze applicative che ne deriveranno dovranno essere risolte in modo da favorire la capacità delle aziende europee di competere sui mercati internazionali e dunque il superamento del nanismo industriale che ancora caratterizza molti settori.
Per rilanciare la crescita dellItalia viene spesso indicato come esempio da seguire il modello spagnolo. Ma proprio la Spagna insegna che una strategia basata su poco Stato e unaccelerata liberalizzazione del mercato del lavoro non genera un aumento duraturo della produttività, il vero motore della crescita. Meglio allora guardare più a Nord, allesperienza finlandese. Dove si è riusciti a produrre innovazione utilizzando la spesa pubblica per finanziare riforme capaci di garantire i giusti incentivi per investire e fare ricerca.
Invocare una sterzata decisa alle politiche macroeconomiche per uscire dalla mini-recessione è utopistico. Possono forse stimolare leconomia nel breve periodo, ma pagandone i costi nel medio. Si dovrebbe invece preparare il terreno ottimale per laumento della produttività del settore privato. I governanti europei dovrebbero preoccuparsi di varare riforme strutturali, con un piano serio e concreto che ne limiti le ricadute sulle fasce sociali più deboli, anziché criticare la Banca centrale europea o fantasticare sugli investimenti pubblici.
Dopo il voto in Spagna, potrebbero aprirsi nuovi scenari anche per lUnione europea, con una ripresa delle trattative sulla bozza di Costituzione. Ma il fallimento della Conferenza intergovernativa non può essere ricondotto solo a una partita a quattro: Madrid e Varsavia contro Berlino e Parigi. Piuttosto, è mancata allora una comune visione politica del futuro dellEuropa. E se la scelta integrazionista resta una strada obbligata per Germania e Francia, la definizione di uno nocciolo duro di paesi disponibili da subito a una maggiore integrazione non è affatto scontata.
Come da rituale, i capi di Governo riuniti a Bruxelles scoprono che lEuropa è ancora ben lontana dal diventare il continente più competitivo del pianeta. Perché le scelte politiche dei singoli paesi sono spesso in contrasto con gli obiettivi fissati nel 2000. Non tutti per esempio vogliono un aumento del tasso di occupazione perché implica tagliare i privilegi di alcuni. Così come è un errore limitare larrivo di lavoratori dai nuovi paesi membri. Se lobiettivo è aumentare le ore lavorate, meglio aprire i flussi invece di chiedere agli italiani di ridurre le ferie.