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Categoria: Famiglia Pagina 22 di 29

UN LIBRO BIANCO PER RIDISEGNARE L’IRPEF

Confronto con i principali paesi partner e squilibrata distribuzione del peso dell’Irpef sulle diverse categorie di contribuenti segnalano l’opportunità di combinare il recupero di base imponibile con una significativa riduzione dell’imposta netta gravante sui singoli contribuenti. Il Libro Bianco suggerisce un intervento di riforma sull’imposta progressiva su base individuale, accompagnata da un sistema di detrazioni da lavoro e da un istituto di sostegno delle responsabilità familiari, che per i cittadini incapienti fornisca un trasferimento netto a loro favore.

FAMIGLIA

I problemi più gravi delle famiglie italiane, come mostrano i dati recenti, sono la bassa partecipazione, la bassa fertilità e l’elevato tasso di povertà tra le famiglie con figli minori.
Tutti i partiti implicitamente o esplicitamente concordano su queste priorità, ma i programmi del Partito democratico e del Popolo della libertà si differenziano per vari aspetti sostanziali. Mentre il primo propone strumenti che favoriscono la crescita di famiglie dove si lavora in due, il secondo propone strumenti che di fatto sostengono le famiglie con figli, ma non incentivano il lavoro femminile
Molta attenzione di tutti i partiti per aspetti che riguardano libertà e diritti nella sfera privata delle unioni e della procreazione. La maggior parte dei programmi, inoltre, sono a favore di programmi di inasprimento delle pene per i reati di violenza sui minori e sulle donne.

PARTITO DEMOCRATICO

Incentivi al lavoro femminile 

Per facilitare la partecipazione femminile, il Pd propone vari tipi di incentivi: misure fiscali mirate per il lavoro delle donne, migliori strumenti di conciliazione, orari flessibili negli asili e nelle scuole, congedi parentali simili al Nord Europa e alla Francia per durata e generosità, ampliamento ulteriore della rete dei servizi per l’infanzia. Propone poi uno strumento utilizzato con successo in Gran Bretagna: il credito d’imposta rimborsabile per le donne che lavorano e hanno spese di cura.
Per incentivare invece le imprese ad assumere donne, il Pd propone leggi sull’eguaglianza di genere nel mercato del lavoro, come in Spagna, e punteggi più elevati nelle graduatorie per gli appalti alle aziende che rispettano la parità di genere.

Sostegno economico delle famiglie con figli

Il Pd punta su strumenti che si basano su sgravi fiscali e servizi.
Propone una dote per i figli che sostituisce gli attuali assegni per il nucleo familiare e le detrazioni Irpef per figli a carico. La dote è di 2.500 euro annui sul primo figlio, aumenta col numero dei figli secondo parametri di equivalenza e diventa imposta negativa in quanto viene erogata come trasferimento a favore delle famiglie incapienti. Questa somma, che può interessare circa 300 mila mamme all’anno, ha un costo di circa 2 miliardi (da coprire con i tagli alla spesa pubblica previsti).

Decisioni di procreazione e diritti delle unioni di fatto

Per il Pd educare alla procreazione responsabile e alla genitorialita è un obiettivo prioritario, ma si aggiunge un giudizio positivo della legge 194, come norma equilibrata che ha dato buoni risultati.
Nell’ambito dei diritti all’interno delle unioni di fatto, il Pd promuove il riconoscimento giuridico dei diritti, prerogative e facoltà delle persone stabilmente conviventi, indipendentemente dal loro orientamento sessuale.

POPOLO DELLA LIBERTÀ

Incentivi al lavoro femminile

Il Pdl propone di introdurre il quoziente familiare, che invece scoraggia il lavoro femminile e garantisce vantaggi alle famiglie con un unico reddito. Il costo va dai 6 a i 10 miliardi. Propone poi sconti fiscali alle imprese che assumono donne e crediti d’imposta quelle che assumono giovani e che trasformano contratti temporanei in contratti a tempo indeterminato.

Sostegno economico delle famiglie con figli

Il Pdl propone, come in passato, strumenti di sostegno di tipo monetario. Si tratta di riprendere l’erogazione del bonus bebè per incentivare i bassi tassi di fertilità, mentre per sostenere le famiglie con figli piccoli si propongono riduzioni dell’Iva sugli alimenti base dell’infanzia, libri gratuiti.
Per tutte le famiglie inoltre c’è l’eliminazione dell’Ici sulla prima casa, la costruzione di nuovi alloggi nonché la riduzione del costo dei mutui e bonus affitti per aiutare le giovani coppie.

Decisioni di procreazione e diritti delle unioni di fatto

Nel programma di sostegno della famiglia, il Pdl si propone un rilancio della prevenzione e di assistenza dei consultori pubblici e privati per garantire alternative all’aborto.

LA DESTRA

Esplicito nel programma della Destra-Fiamma tricolore, il progetto di revisione della legge 194 al fine di rendere effettiva la difesa della vita dal concepimento. Dichiara una decisa opposizione a formule Dico-Pacs.

FAMIGLIE

PROVVEDIMENTI

La politica di sostegno economico della famiglie del governo Prodi è articolata in varie direzioni.
Sul piano del servizi per i bambini in età prescolare, il piano asili nidi 2007-2009 è stato il primo intervento importante di sviluppo del sistema dei servizi dalla legge 1044-1971 e per questo molto apprezzabile. Per questo piano, che include obiettivi di incrementi della copertura media degli asili nido, livelli minimi di copertura regionale, standard di qualità e sviluppo di attività di monitoraggio, sono stati stanziati 300 milioni per gli anni 2007, 2008 e 2009 più 35 milioni di euro per le cosiddette "sezioni primavera" (destinate ai bambini di età 24-36 mesi).
Per il sostegno alle famiglie numerose, è stata prevista un’agevolazione di 1200 euro, cioè 100 euro al mese per il 2008 erogati sotto forma di detrazione Irpef, destinati ai nuclei familiari con più di 4 figli a carico. Questo beneficio è previsto anche per i coniugi separati: in questo caso la detrazione spetta al genitore affidatario. Per le famiglie con un reddito basso è previsto anche un bonus di 150 euro, erogato una tantum. Il bonus è destinato a tutti i contribuenti la cui imposta netta Irpef nel 2006 è risultata pari a zero e viene distribuito a lavoratori dipendenti e pensionati.
Per il sostegno delle spese familiari per l’abitazione è stato introdotto un aumento della detrazione Ici sulla prima casa. Lo sconto sull’ICI riguarda tutte le abitazioni (ad eccezione per quelle signorili, le ville e i castelli) ed è dunque esteso alla maggior parte dei contribuenti Ici. Sono state anche introdotte detrazioni, variamente articolate, anche per i contribuenti a basso reddito che non sono proprietari ma pagano un canone di affitto. Queste detrazioni si traducono in trasferimenti nel caso delle famiglie incapienti.
Infine sono stati introdotti incentivi all’assunzione di forza lavoro femminile (per incentivare l’occupazione femminile dal lato della domanda, laddove la partecipazione è più bassa). Si tratta di sconti IRAP alle imprese del Sud che assumono lavoratrici a tempo indeterminato rientranti nella categoria di " lavoratore svantaggiato" nelle regioni del sud. L’agevolazione fiscale comporta un beneficio di circa 150 euro al mese per ogni lavoratrice assunta.

QUANDO SI VEDRANNO GLI EFFETTI

L’incremento del numero degli asili può essere uno strumento efficace nel sostenere le decisioni di lavoro e fertilità delle famiglie.
Anche se è difficile ipotizzare una relazione causale si è evidenziato come nelle aree dove gli strumenti per l’infanzia sono cresciuti è aumentata la fecondità e la partecipazione e al lavoro (Emilia Romagna, Lombardia, Veneto e Toscana indicando in quali contesti avere figli e lavorare appare più conciliabile).
Nonostante gli obiettivi dichiarati, gli interventi a favore delle famiglie in termini di tasse/trasferimenti avranno effetti redistributivi modesti. Da un lato perché in generale privilegiano i trasferimenti monetari rispetto ai servizi, in parte perché non si distingue tra redditi individuali e familiari. Come appare vero per altri interventi nel campo delle pensioni minime anche lo sconto ICI, esteso alla maggior parte dei contribuenti, finisce per avere scarsissimi effetti redistributivi. Quanto e poco redistributiva la finanziaria 2008 3.01.2008.Gli effetti redistributivi sono meno modesti nel caso delle detrazioni si traducono in trasferimenti positivi a favore dei soggetti incapienti.

OCCASIONI MANCATE

Per incentivare la partecipazione femminile, il credito di imposta per la cura dei figli, (come testimonia il caso del Regno Unito 2003) è uno strumento efficace nell’incentivare la partecipazione senza disincentivare la fertilità.
Un credito di imposta per le spese sostenute per la cura dei figli (sia nel settore pubblico che nell’ambito di istituti privati) avrebbe anche il vantaggio di incentivare forme di lavoro regolare, scoraggiando invece gli impieghi nel sommerso.
Infine sarebbe stato auspicabile un passaggio più deciso dalle deduzioni alle detrazioni per tipologie di reddito e carichi familiari, con una riduzione delle aliquote marginali sui redditi per i quali l’elasticità dell’offerta di lavoro al reddito netto è più elevata, in direzione di un intervento più ampio finalizzato all’unificazione degli strumenti fiscali (detrazioni) e di spesa (assegni familiari) a sostegno dei carichi familiari.

QUANTO E’ REDISTRIBUTIVA LA FINANZIARIA 2008? POCO

Nella legge finanziaria 2008 c’è un sostegno alle famiglie numerose. Ma l’effetto redistributivo della manovra è modesto. Perché lo sconto sull’Ici è generalizzato, senza legame col reddito complessivo Irpef dei proprietari. Intanto l’Irpef negli ultimi anni sta assumendo una struttura nuova: da una parte tecnicamente più complessa (forse troppo per essere comprensibile da parte del contribuente) e dall’altra un po’ più attenta ai fenomeni di povertà e ai limiti intrinseci di una imposta personale sul reddito.

DISUGUAGLIANZA DI TEMPO

La giornata-tipo di una donna è ancora sostanzialmente diversa da quella di un uomo. In Italia come negli altri paesi industrializzati. Le donne spendono in media meno ore in lavori remunerati, ma dedicano più tempo all’insieme di quelle attività non pagate che implicano la cura della casa e dei familiari. Se consideriamo tutte le attività lavorative, pagate e non, le italiane lavorano in media un’ora e un quarto in più degli uomini. Il dato spiega perché rimaniamo uno dei paesi industrializzati con la più bassa percentuale di donne attive sul mercato del lavoro remunerato.

Cina, l’insostenibile figlio unico

La politica del figlio unico è stata confermata dai dirigenti cinesi. Ma gli obiettivi di sostenibilità della crescita economica che la animano sono stati smentiti. I più abbienti la aggirano. Ha esasperato la disparità tra i sessi e nel 2020 almeno 40 milioni di uomini cinesi non riusciranno a trovare moglie. Preoccupa poi il progressivo invecchiamento della popolazione. Conseguenze importanti anche sul mercato del lavoro dove si prevede un blocco nell’aumento della forza lavoro, e un declino a partire dal 2013. Determinerà forti squilibri sul sistema pensionistico.

GLI STRANI MECCANISMI REDISTRIBUTIVI DELLA FINANZIARIA

L’intervento a sostegno delle famiglie previsto nella Finanziaria si concentra esclusivamente sulla casa. Senza occuparsi invece della razionalizzazione degli aiuti al costo dei figli o dei servizi sociali ed educativi. Questo governo, come quelli precedenti, continua a utilizzare la leva fiscale per effettuare una distribuzione tra famiglie, dimenticando che nel nostro sistema fiscale l’imposta è a base individuale. E prendere a criterio di una prova dei mezzi il reddito familiare può produrre iniquità e redistribuzioni inverse.

LAVORO DELLA DONNA, FECONDITÀ E MISURE DI CONCILIAZIONE

Daniela Del Boca e Alessandro Rosina sostengono che le politiche per conciliare lavoro di cura e per il mercato messe in atto dal governo Prodi sono molto timide. A mio avviso, tale affermazione non tiene nella giusta considerazione le misure effettivamente adottate.

I "fatti" del governo

La Finanziariadel 2007 ha stanziato 300 milioniper creare nuovi servizi per la prima infanzia, equamente ripartiti per gli anni 2007, 2008 e 2009. Inoltre, per il 2007 a questa cifra sono stati aggiunti 40 milioni provenienti dal Fondo politiche per la famiglia. Ancora: nel decreto legge n. 159, articolo 45 del 1° ottobre 2007, in attesa di conversione, per il 2007 è stato assegnato un ulteriore stanziamento di 25 milioni di euro per i nuovi servizi alla prima infanzia. Infine, il governo nella Finanziaria del 2007 ha stanziato anche 35 milioni di euro per le cosiddette "sezioni primavera", ossia classi aggiuntive nelle scuole per l’infanzia destinate ai bambini di età 24-36 mesi. Tirando le somme, il governo nel 2007 ha destinato 205 milioni all’attuazione di servizi di cura per i bambini con meno di tre anni, oltre a 100+100 milioni per il 2008-09. Queste ultime due somme potranno essere incrementate nei prossimi mesi, se si destinerà a questo scopo parte del Fondo politiche per la famiglia. L’intenzione è di arrivare a stanziamenti simili a quelli del 2007. Inoltre, in un decreto emanato il 28 settembre, i 140 milioni già stanziati per il 2007 sono stati ripartiti fra le Regioni .
Questi soldi sono sufficienti? A mio avviso sì, non certo perché in grado di coprire la domanda potenziale, ma perché verosimilmente congruenti con le capacità di spesa delle Regioni e dei comuni. Se riuscissimo, nei prossimi tre anni, a spendere effettivamente 200 milioni di euro l’anno per costruire nuovi asili nido o mettere in atto misure di cura alternative (come le sezioni primavera, i nidi integrati, le organizzazioni di mamme di giorno, eccetera), sarebbe un successo straordinario. L’insoddisfazione del ministro Bindi per la Finanziaria 2008 non riguarda tanto i mancati nuovi stanziamenti per politiche di conciliazione, quanto la mancata implementazione dell’assegno unico universale per i figli, che avrebbe dovuto unificare detrazioni e assegni familiari, estendendo la misura anche ai lavoratori autonomi, e accentuando la progressività per numero di figli e reddito.

Occupazione femminile e fecondità

Ora, qualche commento più "demografico" all’articolo. In che misura il recupero di fecondità in Italia è dovuto, come sembrano sostenere Del Boca e Rosina, ai primi cenni dell’inversione del tradizionale rapporto conflittualefra fecondità e lavoro della donna? Del Boca e Rosina, in figura 2, mostrano una forte relazione positiva fra tasso di occupazione femminile e ripresa della fecondità, utilizzando dati per le 20 Regioni italiane. Probabilmente, il risultato sarebbe stato lo stesso se, invece dell’occupazione femminile, si fosse messo in ascissa qualsiasi altro indicatore territoriale correlato allo sviluppo socioeconomico. I recenti dati Istat sulla fecondità per età mostrano che 1) per generazione, la fecondità dell’Italia non è mai scesa sotto 1,5 figli per donna; 2) il declino della fecondità in età giovanile è terminato, grazie anche alla maggior fecondità prima dei 30 anni delle donne straniere; 3) il recupero di fecondità oltre i 30 anni, per le coorti nate negli anni Settanta, è molto vivace. (1)Quindi, la ripresa della fecondità in Italia è in buona parte dovuta al recupero oltre i 30 anni della mancata fecondità in età giovanile per le donne nate negli anni Sessanta e nei primi anni Settanta, oltre che a una fecondità un po’ più elevata delle donne straniere. I due fenomeni sono stati più accentuati nelle regioni più sviluppate (che hanno attratto più stranieri) e dove la fecondità era maggiormente diminuita negli anni Ottanta e Novanta, e questo spiega risultati come quelli illustrati nella figura riportata nel lavoro di Del Boca e Rosina.
Purtroppo, in Italia " a livello individuale" il legame fra occupazione femminile e fecondità è ancora fortemente negativo. Un lavoro comparativo molto ricco e documentato sull’argomento è stato recentemente scritto dal demografo spagnolo Pau Baizan. (2)Solo in Danimarca le coppie dove entrambi i coniugi lavorano hanno più figli di quelle dove l’uomo lavora per il mercato e la donna è casalinga. Negli altri tre paesi studiati (Italia, Spagna e Regno Unito) avviene l’opposto.
In conclusione, a mio avviso, Del Boca e Rosina si sono lasciati un po’ trascinare dalla passione. È vero che le misure di conciliazionesono fondamentali per aiutare le coppie ad avere figli. Non è però vero che il governo sta facendo poco su questo versante. Le maggiori manchevolezze sono su altri aspetti, in particolare sullemisure monetarieper le coppie con più figli a reddito moderato. È vero, inoltre, che nelle società ricche la fecondità si alza se il lavoro di cura e per il mercato sono conciliabili. Non è vero, invece, che in Italia si osserva un’inversione di tendenza del legame negativo fra lavoro della donna e fecondità.

(1)Vedi il recente lavoro di Marcantonio Caltabiano
(2)Pau Baizan, "Family formation and family dilemmas in contemporary Europe", 2007, Fundacion BBVA.

EPPURE L’INVERSIONE DI TENDENZA C’È

Ringraziamo Gianpiero Dalla Zuanna (che -è bene sottolinearlo- è consulente del ministro delle Politiche per la Famiglia), per l’attenzione dedicata al nostro pezzo. Le sue obiezioni a quanto da noi scritto si possono riassumere nei due punti seguenti:

a) Non avremmo tenuto nella giusta considerazione le misure effettivamente messe in atto.
b) Non sarebbe vero che in Italia si osserva un’inversione di tendenza del legame negativo fra lavoro della donna e fecondità.

Misure "timide" e lavoro femminile

Noi però non possiamo che ribadire quanto abbiamo scritto. Ovvero:

a) A noi sembra di aver ben riconosciuto, nel nostro pezzo, che la Finanziaria 2007 ha avviato un piano straordinario di asili nidi, il primo intervento complessivo dopo un lungo periodo di stasi. Tuttavia, come lo stesso Dalla Zuanna ammette, lo stanziamento non è sufficientea coprire la domanda potenziale. Diamo atto al ministro Bindi di possedere una grande sensibilità su questi temi, e concordiamo con la sua insoddisfazione sulla parte dedicata dalla Finanziaria 2008 alla famiglia, anche se secondo Dalla Zuanna l’insoddisfazione sarebbe solo da imputare alla mancata implementazione dell’assegno unico universale per i figli.
L’accusa che ci si rivolge è di aver definito "timide" le misure per la famiglia contenute sulla Finanziaria 2008, in particolare sulla conciliazione. Era lecito avere aspettative più alte? Secondo noi sì. Non solo relativamente agli asili nido (secondo noi cruciali e che meritano ogni sforzo utile per potenziarne copertura e qualità), ma anche perché, come è stato dimostrato da vari studi recenti le politiche per la conciliazione hanno effetto soprattutto in sinergia. Sarebbe stato auspicabile allora una riforma dei congedi parentali , nonché sgravi fiscali per chi lavora e svolge lavoro di cura che incentivano sia lavoro che fecondità. Il fatto poi che su questi punti la Finanziaria possa essere legittimamente considerata timida è ulteriormente confermato dalla recente notizia di possibili emendamenti che vanno proprio nella direzione di potenziare le misure di conciliazione. (1)

b) Appare poi inconsistente la critica di Dalla Zuanna sull’inversione del legame tra lavoro femminile e fecondità Non dobbiamo essere noia ricordare a Dalla Zuanna quanto la letteratura scientifica, e vari rapporti Ocse, abbiano molto insistito negli ultimi anni sul cambiamento di segno della correlazione cross-country tra occupazione femminile e fecondità nei paesi occidentali. Non si tratta quindi di una nostra balzana invenzione: stiamo parlando di due indicatori e di una relazione tra di essi che viene costantemente presa a riferimento in ambito scientifico. Fino a qualche anno fa, però, non vi era alcuna evidenza di cambiamento di segno all’interno del territorio italiano. Ora qualcosa in tale direzione appare, come abbiamo messo in evidenza, soprattutto se guardiamo al recupero di fecondità dal 1995 in poi. Quello che si ottiene è che il recupero (comunque lo si guardi e al netto del contributo degli stranieri) è stato maggiore nelle regioni nelle quali l’occupazione femminile è più alta. Si dovrà convenire che ciò quantomeno significa che l’occupazione femminile non ha ostacolato il recupero.

Livello macro e livello micro

Contestare poi, come fa Dalla Zuanna, la relazione macro con il fatto che a livello individuale il legame rimane invece negativo, è un argomento completamente fuori bersaglio. Primo perché il legame negativo a livello micro era già chiaro dalla nostra relazione, dove si dice infatti che: "Risulta inoltre più ridotto, nel Nord Italia, il divario nei tassi di occupazione delle donne in funzione della loro condizione familiare. Ciò significa che lavorare deprime meno la fecondità nel Nord che nel Sud. In particolare, secondo i dati forniti dall’Istat, nel Nord Italia tra le donne single di 35-45 anni le occupate sono l’87 per cento, e si scende al 67 per cento tra le donne in coppia con figli. Nel meridione i valori sono rispettivamente il 68 per cento e il 35 per cento". Appare molto chiaro da tale frase che ha più figli chi non lavora, ma anche che nel Nord (dove gli strumenti di conciliazione sono più diffusi) "lavorare deprime meno la fecondità".

Ma il secondo motivo per cui l’obiezione di Dalla Zuanna proprio non ci torna, è che una relazione negativa a livello individuale di per sé non smentisce per nulla la sostanza della nostra argomentazione. Lo spieghiamo con un esempio molto semplice. Supponiamo che nella regione A ci siano quattro donne: due lavorano e hanno un figlio e due non lavorano ed hanno tre figli. Il numero medio di figli regionale risulta pari a 2. Supponiamo poi invece che nella regione B sia maggiore l’occupazione e sia più conciliabile con la possibilità di avere figli. Per le quattro donne della regione B la situazione sia allora la seguente: tre lavorano e hanno due figli, mentre una non lavora e ha tre figli. La media in questo caso risulta pari a 2,25.
Risulta chiaro allora, da questo semplice esempio, come il numero medio di figli dove c’è maggiore occupazione e conciliazione possa risultare più elevato, anche se a livello micro fanno più figli le donne non occupate.

(1) Un esempio è la proposta di cui è relatore Giovanni Legnini, Ulivo.

L’EFFIMERO BOOM DELLE NASCITE

Proprio perché si iniziano a intravedere anche in Italia possibili segnali di una relazione positiva tra occupazione femminile e fecondità, bisognerebbe investire di più per alimentare e consolidare tale processo, e avvicinarci quindi ai livelli medi europei. La crescita dei due indicatori ha per lo sviluppo del nostro paese un’importanza cruciale. Perciò il continuo potenziamento delle misure di conciliazione dovrebbe diventare una priorità. Invece la Finanziaria 2008 sembra dimostrare, ancora una volta, che così non è.

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