Da anni si ripete che gli italiani sanno poco di finanza, con gravi conseguenze per i loro portafogli. Ora, l’avvio di una strategia nazionale per l’educazione finanziaria può essere un’occasione unica per colmare il divario con i paesi più virtuosi.
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La Bce è stata sicuramente protagonista negli anni della grande crisi. Ha travalicato il suo mandato? Sì, secondo Transparency international. Spesso però ha fatto “il lavoro sporco” per conto di istituzioni incapaci di assumersi le proprie responsabilità.
Le imprese italiane non crescono, frenate dalla proprietà familiare. E il vecchio sistema bancario non ha usato il proprio potere per spingerle ad adeguarsi ai tempi. Le aziende hanno bisogno di un mercato dei capitali ampio, liquido ed efficiente. È anche nell’interesse delle banche.
Per le sofferenze bancarie, le ricette semplici e rapide, come la vendita generalizzata e la bad bank di sistema, sono pericolose e illusorie. Bisogna rassegnarsi a un paziente lavoro di gestione interna e di raccolta delle informazioni perché nasca un vero mercato. Il ruolo della vigilanza bancaria.
Una eventuale uscita dall’euro sarebbe possibile solo con una ridenominazione del debito pubblico in lire. Ma dal 2013 sono in vigore le clausole di azione collettiva. Avrebbero effetti sulla ristrutturazione del debito? Sembra di no, a giudicare dai rendimenti dei titoli a parità di vita residua.
Sono ormai vicine all’approvazione le nuove “linee guida” delle autorità finanziarie europee sui requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza dei vertici delle banche. I criteri sono però definiti in modo molto generico. E c’è il rischio di un’applicazione disomogenea e arbitraria.
Come si è arrivati al dissesto delle banche di provincia, che fino a pochi anni fa andavano a gonfie vele? Sono state gestite essenzialmente come centri di potere e hanno finanziato attività immobiliari di ogni tipo, senza adeguate garanzie. Come si è sgonfiata la bolla del credito immobiliare.
I piani individuali di risparmio puntano a convogliare risorse verso l’economia reale attraverso un sostanzioso beneficio fiscale. Ma i rischi per i risparmiatori sono molti e i vantaggi potrebbero essere solo per banche e intermediari. Meglio affidarsi a strumenti con costi di gestione inferiori.
Alla fine lo stato è intervenuto per ricapitalizzare Mps. La strada per concludere il salvataggio è ancora lunga e ricca di incognite, ma già si possono trarre insegnamenti. Il primo: cambiare le regole sulle crisi bancarie, con priorità alla stabilità del sistema finanziario.
Dal 2012 l’articolo 36 del decreto “salva Italia” vieta gli incarichi incrociati per i consiglieri di amministrazione delle società finanziarie. La riforma non è però riuscita a raggiungere l’obiettivo: il settore sembra rimanere strettamente collegato al suo interno. I risultati di uno studio.