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Categoria: Banche e finanza Pagina 63 di 114

LA VIGILANZA EUROPEA CHE FA PAURA ALLA CITY

La City di Londra è il principale centro finanziario d’Europa e per anni si è avvantaggiata di condizioni favorevoli dal punto di vista regolamentare e fiscale oltreché dell’integrazione dei mercati finanziari perseguita dall’Unione Europea. Ora la crisi ha cambiato tutto. Bruxelles ha istituito tre nuove autorità di vigilanza che eserciteranno la loro influenza anche sulle attività finanziarie del Regno Unito. E ciò potrebbe causare conflitti pericolosi. Londra preoccupata da un eventuale ruolo più marginale nelle relazioni con gli Stati Uniti.

CDA DELLE BANCHE: AFFOLLATI E COSTOSI

Dal 2012, gli azionisti delle società quotate dovranno esprimersi anche sui livelli delle remunerazione dei membri dei consigli di amministrazione e dei manager. Nel settore bancario, la retribuzione dell’amministrare delegato è in genere pari a trenta volte il costo medio del personale, di per sé già piuttosto alto. Ancora più elevata nei due istituti più grandi e più internazionalizzati. I consigli di amministrazione hanno molti membri: probabilmente il gran numero di consiglieri serve a garantire una adeguata rappresentanza ai diversi soci.

QUELLE RICCHE FAMIGLIE ITALIANE *

Le famiglie italiane hanno una ricchezza consistente e una diseguaglianza relativamente bassa rispetto ad altri paesi. È soprattutto la proprietà diffusa delle abitazioni che ci contraddistingue, con una ricchezza immobiliare pari a oltre cinque volte il reddito disponibile. Ma la ricchezza fotografa l’oggi ed è il frutto di decisioni del passato. La nostra posizione soddisfacente si indebolirà progressivamente se l’Italia non tornerà a far crescere il reddito.

UNA RIFORMA STRABICA A FAVORE DELLE RENDITE

Il decreto milleproroghe contiene tra l’altro la revisione del regime di tassazione dei fondi comuni di investimento. Per rilanciare l’industria dei fondi italiani, rimettendo su un piano di parità la tassazione dei fondi interni con quella dei fondi comunitari armonizzati. Si tratta invece di una misura protezionistica a favore di un’industria debole. E il passaggio alla tassazione alla realizzazione per le sole gestioni collettive, senza intervenire sugli altri aspetti della tassazione del risparmio, rende il regime nel suo complesso ancora più sperequato.

PIÙ DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA CONTRO I FURBETTI DEL MERCATINO

Nell’articolo “La Consob e i furbetti del mercatino”, Marco Onado richiama l’attenzione sull’elevata quantità di comportamenti illegali tenuti in anni recenti dai vertici di società quotate ai danni dei propri azionisti di minoranza e creditori. Sono giustamente sottolineate le carenze dell’attività di vigilanza: va però ricordato che questa non è solo imputata a enti e organismi esterni, ma anche agli organi endosocietari cui siano espressamente ascritte funzioni di controllo interno, talora in collaborazione con le stesse autorità di vigilanza.

LA DEMOCRAZIA PARTECIPATIVA NELLE GRANDI IMPRESE

Le proposte sulla partecipazione dei lavoratori agli organi di controllo delle grandi imprese rappresentano una declinazione dei modelli di corporate governance, assurti all’attenzione pubblica a seguito del caso Mirafiori, funzionali ad assecondare esigenze affini a quelle evocate da Onado nel segno del controllo sulla trasparenza dell’attività dei gestori delle società quotate. Esse però corrispondono a una concezione neo-istituzionalista del diritto societario, secondo la quale è possibile e necessario tutelare gli interessi degli stakeholders pur mantenendosi coerenti all’impostazione contrattualista shareholder oriented. Il problema è che il diritto dell’impresa italiano non offre strumenti di diritto societario idonei a tutelare, se non indirettamente, gli interessi degli stakeholders, dal momento che l’impresa capitalista, nel nostro ordinamento, non ha come scopo necessario il perseguimento di interessi diversi da quello degli azionisti alla massimizzazione del loro profitto.
Cosa si può fare allora de jure condendo, in un contesto in cui gli interessi di una società quotata, dei propri soci e lavoratori sono necessariamente molteplici e, nella larga maggioranza dei casi, reciprocamente conflittuali? Il presupposto è che il diritto deve assumersi seriamente il compito di cercare una composizione dei trade-off di un’impresa, minimizzando i problemi (di agenzia, di azione collettiva, di riduzione dei costi di transazione, eccetera) che essa inevitabilmente fronteggia.
Date queste premesse, il consiglio di sorveglianza del sistema dualistico, ossia l’organo di controllo interno delle imprese di grandi dimensioni e plausibilmente quotate, tali da presentare conflitti potenzialmente ruvidi tra le parti sociali coinvolte, riveste un ruolo emblematico. Nell’ordinamento tedesco che lo concepì, è tuttora utilizzato espressamente come strumento di composizione degli interessi di shareholders e stakeholders, secondo il principio della cogestione (Mitbestimmung). Il sistema di amministrazione dualistico italiano rende, sì, possibili forme di pluri-rappresentanza all’interno del proprio organo di controllo interno, ma, paradossalmente, il legislatore non ha regolato espressamente – sub articoli 2409 duodecies, terdecies e quaterdecies c.c. – la partecipazione in quella sede dei rappresentanti dei lavoratori. Tra le ragioni che spiegano questo risultato non va dimenticata la tradizionale ostilità del mondo imprenditoriale, ma anche di quello sindacale, nei confronti dell’istituto della cogestione.
È quindi apprezzabile che recentemente sia stata da più parti richiamata l’importanza del contenuto delle iniziative legislative intese a favorire la partecipazione dei lavoratori alla proprietà e alla gestione delle imprese, ossia intese, più in generale, ad aumentare il tasso di democraticità interna e di trasparenza delle grandi imprese.

SOLUZIONI TIMIDE

Le proposte di legge sulla rappresentanza dei lavoratori avanzate più di recente sono il disegno di leggeCastro, n. 803/08(Pdl), il DdlTreu, n. 964/08 (Pd), il DdlBonfrisco, n. 1307/09 (Pdl), il DdlArdagna, n. 1531/09 (Pd), e iltesto idealmente unificante dei precedenti concepito, in una prospettiva “bipartisan”, da Pietro Ichino.
In questi progetti, per un verso, si segnala un elevato grado di convergenza verso le forme di partecipazione azionaria dei lavoratori. Per altro verso, non si registra un’uguale importanza riconosciuta all’istituzione di organismi interni di presenza congiunta di rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori negli organi societari.

UNA SOLUZIONE NON TIMIDA

Si può fare di più e di meglio. È cioè necessario contemplare, in forma imperativa, tanto l’obbligo di garantire la rappresentanza dei lavoratori, quanto la misura della medesima, come d’altronde avviene nell’omologo istituto dell’ordinamento tedesco a cui ci si è ispirati. Partendo da un presupposto del genere è possibile realizzare un miglioramento significativo della corporate governance delle società industriali italiane le cui azioni siano quotate sui mercati regolamentati.

1. Anzitutto si incentivano quelle imprese a costituire un organo esecutivo della società, il consiglio di gestione (contrapposto al consiglio di sorveglianza) che preservi l’unitarietà e la rapidità del proprio processo decisionale, obiettivo raggiungibile se si evitano eccessi di deleghe interne.
2. D’altro canto si creano i presupposti per realizzare forme di condivisione delle decisioni imprenditoriali, grazie all’apporto del consiglio di sorveglianza, e per accrescere la produttività del lavoro, sulla base dello stimolo che si riconosce ai lavoratori di produrre di più per guadagnare di più, mediante le citate proposte di condivisione degli utili.
3. Inoltre si conseguono vantaggi ulteriori: ad esempio, razionalizzare il rapporto tra soci e amministratori, dato che assume un rilievo peculiare se parallelamente sono finalmente favorite forme di azionariato dei dipendenti.

Alla luce delle emergenze sociali che la congiuntura politica ed economica stentano a risolvere è però necessario dimostrare più coraggio nel modificare le regole di corporate governance in misura incisiva, tale da superare anche le resistenze di parte del mondo sindacale, e garantire contestualmente maggiori tutele ai risparmiatori italiani, da Marco Onado segnalati quali soggetti economici tra i più vessati sullo scenario dei mercati finanziari europei.

LA CONSOB E I FURBETTI DEL MERCATINO

La Borsa italiana è troppo piccola e va sistematicamente peggio delle altre: cresce meno quando i mercati salgono e scende di più quando le cose vanno male. La diagnosi del neo-presidente di Consob è condivisibile. Eppure, a partire dagli anni Novanta le riforme non sono mancate. Ma negli ultimi dieci anni l’elenco delle aziende quotate in cui sono stati individuati comportamenti illegali di ogni sorta è impressionante. E allora è forse utile ricordare che le autorità di mercato hanno innanzitutto un ruolo di vigilanza, in modo da dissuadere i furbetti del mercatino.

SI FA PRESTO A DIRE RISTRUTTURAZIONE DEL DEBITO

Cresce il consenso sul fatto che sia auspicabile una forma di ristrutturazione del debito per i paesi europei a forte rischio di insolvenza. Ma scelte diverse producono effetti drasticamente diversi sulla ripartizione degli oneri tra il debitore sovrano e i suoi creditori. Se lo scopo della ristrutturazione è quello di ridurre gli oneri finanziari per lo Stato debitore e far sì che i creditori condividano le perdite, la soluzione del buy back non va affatto bene. Un default unilaterale o una conversione del debito sembrano largamente preferibili.

IL TIMORE DI TOCCARE IL FONDO

Il vertice dei ministri finanziari dell’euro area ha deluso le attese di chi proponeva una riforma dello european financial stability facility. Si continua così a rimandare la soluzione del problema del debito sovrano in Europa. Il rinvio costa caro agli stati, in termini di maggiori oneri per interessi; mantiene viva la minaccia di un attacco speculativo contro i paesi “periferici”; addossa un fardello sempre più pesante sulla Bce. Sarebbe perciò opportuno riformare lo Efsf, autorizzandolo ad acquistare titoli sovrani sul mercato secondario e riconoscendogli lo status di creditore senior rispetto ai creditori privati.

REGOLE COERENTI PER GLI INVESTIMENTI ESTERI IN EUROPA

Anche in Europa crescono gli investimenti delle economie emergenti. E con essi le preoccupazioni per possibili effetti sulla sicurezza dei paesi europei. È un terreno delicato, considerata la diversità di attitudine alla questione degli Stati membri. L’Unione Europea deve dotarsi di una base giuridica chiara e coerente che permetta di proteggere le poche società veramente strategiche sotto il profilo tecnologico o della sicurezza e consenta il controllo di reti e infrastrutture nevralgiche. Evitando però che questa legislazione venga utilizzata come scusa per bloccare affari inoffensivi.

BUON 2011 ALL’EURO

Il 2010 è stato un anno terribile per l’Europa. Andrà meglio nel 2011? Dipende da come verranno affrontati i problemi fondamentali. Chi dovrebbe garantire la disciplina fiscale, i singoli paesi o un rafforzato Patto di stabilità? E come si dovrebbe consentire la ristrutturazione dei debiti sovrani? Il diverso grado di competitività dei paesi è un falso problema. E se gli ottimisti vedono in un futuro Fme i semi di una possibile autorità sovranazionale che superi i limiti di una moneta senza Stato, c’è il rischio che conduca invece al fallimento del progetto dell’euro.

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