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Categoria: Fisco Pagina 51 di 85

LA RISPOSTA AI COMMENTI

1.    Fra i numerosi difetti dello scudo italiano c’era anche quello di consentire la regolarizzazione lasciando le attività all’estero. Questa alternativa aveva certamente senso per gli immobili ma non per i beni mobili e di sicuro non per le attività finanziarie. Tremonti si è spesso vantato dell’arricchimento dell’economia italiana realizzato genericamente con le attività scudate confondendo le acque fra ciò che è effettivamente rientrato e ciò che è stato solo regolarizzato rimanendo, però, all’estero. Ed alla domanda: quanto è effettivamente rientrato? ha sempre risposto in modo volutamente impreciso. Lo scudo previsto per Germania e Regno Unito ha lo stesso difetto ma con un’aliquota (34%) decisamente più sensata ancorchè intrisa di perdonismo a pagamento [Arnaldo Mauri. Massimo Vannucci]. Le aliquote del 25% (Germania) e 40/48% (Regno Unito) si applicano – in  aggiunta al citato 34% – sui rendimenti (futuri) dei capitali scudati (cui altrimenti si sarebbe dovuta applicare l’euroritenuta del 35%) [Francesco Donà].

2.    Che la Svizzera sia disponibile a concedere all’Italia le stesse condizioni offerte a Germania e Regno Unito è, addirittura, più che probabile. I (presumibili) capitali italiani in Svizzera superano quelli tedeschi ed inglesi e le banche svizzere hanno, palesemente, come obiettivo quello di preservarne per loro stesse la gestione anche negli anni a venire. Obiettivo ottenibile attraverso questa formula. [Arnaldo Mauri]

3.    Le informazioni ottenibili dalla Svizzera attraverso gli accordi di scambio di informazioni sono attivabili mediante richiesta caso per caso dell’Amministrazione Finanziaria procedente al fisco svizzero. Quindi, al momento, niente lista con nomi. [Massimo Vannucci]

4.    Che il protrarsi infruttuoso della discussione provochi un po’ di panico è vero. Che spinga altresì a “portare i soldi in Svizzera” è, purtroppo, una constatazione – ancorché irrazionale – di questi giorni.[Michelangelo Casiraghi]

Tommaso  Di Tanno

LA RISPOSTA AL COMMENTO

Tommaso di Tanno riassume bene le mie obiezioni (vedi “Così la svizzera mantiene il segreto“) all’ipotesi di un accordo con la Svizzera, e in buona parte le condivide (vedi “Il merito di un accordo“). È uno “scudo fiscale” ma – dice Tommaso – il suo prezzo è ben più alto (fino al 34%) di quello degli scudi di Tremonti (minimo 2,5%, massimo 7%, più le recenti imposte di bollo). Quindi l’Italia incasserebbe di più.
Ma la Svizzera accetterebbe di prelevare per nostro conto il 34%, ben sapendo che anche recentemente ci siamo accontentati di molto meno? Io penso di no. Per una legge basta la maggioranza parlamentare, per un accordo internazionale bisogna essere favorevoli in due. Se pure si arrivasse a concordare il 34% con la Svizzera, i contribuenti infedeli accetteranno di pagare così tanto? Io penso di no: chi non ha voluto fare lo scudo al 2,5%, al 5% o al 7% perché mai dovrebbe accettare di farlo pagando il 34%?
Tommaso dice che, forse, le banche svizzere non faranno le furbe e incoraggeranno i clienti a pagare. Può darsi. Pare però che in occasione degli scudi italiani molte banche elvetiche remuneravano sottobanco i consulenti italiani che riuscivano a convincere il cliente a non far nulla.  Inoltre, il gettito dell’euroritenuta proveniente dalla Svizzera si è dimostrato ridicolmente basso perché le banche svizzere consigliavano ai propri clienti di intestare i conti ad una società off-shore, aggirando così l’obbligo fiscale. L’Unione Europea sta ancora cercando di convincere la Svizzera a chiudere questo evidente buco. Io mi fido poco non perché le banche svizzere siano malvagie ma perché in tutto il mondo business is business. D’altronde, non si sono fidate neppure Germania e Gran Bretagna, che hanno chiesto alla Svizzera un versamento minimo (di 2 e 0,5 miliardi). Noi non otterremmo nulla di più.
Ciò detto, riconosco che la possibilità di inviare 999 richieste motivate di informazioni bancarie in due anni sarebbe un risultato importante. Così come varrebbe l’una tantum che la Svizzera potrebbe graziosamente riconoscerci.
All’Italia però costerebbe l’accettazione forse irreversibile del principio dell’intangibilità – salvo eccezioni a numero chiuso – del segreto bancario svizzero. Avremo poi un altro scudo fiscale, con gettito una tantum trascurabile e un costo incalcolabile in termini di perdita di credibilità dell’azione di governo nel recupero della fedeltà dichiarativa.
Tutto sommato, rimango persuaso che un accordo così non ci conviene affatto.

IL MERITO DI UN ACCORDO

Al di là della discussione sull’acquis comunitario, sarebbe opportuno un accordo con la Svizzera sulle attività finanziare lì nascoste da residenti in Italia, sulla falsariga di quelli conclusi da Germania e Gran Bretagna? È vero, si tratterebbe di uno scudo, ma con aliquote di gran lunga superiori rispetto a quelle applicate nel nostro recente passato. E non sarebbe tombale. La ritenuta su interessi e dividenti dei capitali regolarizzati non è europea, ma rispecchia quanto previsto dai singoli paesi. La posizione di chi non aderisce all’accordo.

COSÌ LA SVIZZERA MANTIENE IL SEGRETO

Per recuperare nuove risorse, il governo Monti è stato invitato da più parti a concludere un accordo anti-evasori con la Svizzera, simile a quelli recentemente firmati dalla Germania e dal Regno Unito. Ma il rifiuto dell’esecutivo italiano è giusto. Perché l’accordo tedesco, in fin dei conti, non è altro che uno scudo fiscale. E il testo è pieno di altri trappoloni più o meno visibili, che lo rendono molto conveniente per la Svizzera e le sue banche. Tanto che meriterebbe un esame di conformità all’acquis comunitario (cioè l’insieme dei diritti acquisiti) da parte della Commissione.

IMU, QUALCUNO MANCA ALL’APPELLO

Va rivisto il trattamento fiscale degli immobili non locati previsto nella manovra Monti. All’introduzione dell’Imu fa da contraltare l’esclusione dall’Irpef delle rendite catastali per le sole abitazioni non affittate. Uno sgravio che non ha alcuna giustificazione né dal punto di vista equitativo, né tributario, né economico. È un premio per chi affitta in nero e dunque contrasta con le politiche di incentivo all’emersione. L’esclusione delle rendite catastali dall’imposta progressiva, poi, garantisce un vantaggio maggiore ai proprietari con reddito complessivo più alto.

Meno contante contro l’evasione*

La tracciabilità è uno strumento necessario per combattere l’evasione fiscale, ma non è sufficiente. Una parte molto importante nasce infatti dalla micro e piccola impresa e da transazioni economiche il cui valore unitario è molto contenuto. Nel 2010, solo dai bancomat, sono stati prelevati circa 142 miliardi di euro. Si potrebbe allora limitare l’impiego del contante con una modifica del regime di tassazione oggi applicato sui mezzi di pagamento. Passando dall’imposta di bollo sull’estratto conto delle carte di credito alla tassa sui prelievi.

EFFETTO IMU

 Aver introdotto l’Imu sull’abitazione di residenza rende immediatamente iniqua la manovra Monti? In realtà, l’Imu sulla prima casa ha effetti distributivi meno negativi dell’Ici 2007. Non è così invece per le seconde case, per la contemporanea eliminazione delle rendite catastali dall’Irpef. Una scelta forse da riconsiderare perché assieme alla cedolare secca sui canoni di locazione erode ancor di più la base imponibile dell’Irpef, rendendola sempre più simile a un’imposta sui soli redditi da lavoro e pensioni. E se poi una parte dei “poveri” fossero solo evasori?

PREGI E DIFETTI DELL’IMU

Un terzo della manovra del governo si fonda sull’imposizione immobiliare, attraverso l’introduzione dell’Imu. Il provvedimento ha diversi pregi: torna la tassazione sulla prima casa, aumenta il gettito con una tassa che non incide sulla crescita e ridà ai comuni una potente leva di fiscalità. Più discutibili la compartecipazione dello Stato a un tributo locale, l’inasprimento sulle locazioni e la mancata soluzione delle iniquità del sistema delle rendite catastali. E in generale, si va forse verso un nuovo modello di federalismo fiscale con più autonomia e meno solidarietà?

INTOCCABILI EVASORI

La lotta all’evasione fiscale sembrava essere un punto centrale del programma del nuovo governo. Invece, dalle misure varate emerge continuità con il recente passato. Perché si continua a ritenere che il fenomeno si combatte con gli accertamenti, non con la deterrenza e la promozione sistematica dell’adempimento spontaneo. Si è rinunciato alla creazione di una rete di informazioni, generalizzata e onnicomprensiva, per conoscere la situazione patrimoniale complessiva di ciascun contribuente.

COME SARÀ LA NUOVA ICI?

Uno dei tasselli principali della manovra del governo sarà la revisione della fiscalità sugli immobili. Ma le ipotesi sono molte, spesso con finalità diverse. Il problema principale è che la legge delega sul federalismo fiscale vieta di tassare la prima casa. Un ostacolo che il governo Berlusconi ha cercato di aggirare con l’introduzione all’ultimo istante della Res-servizi, destinata a gravare non solo sui proprietari, ma anche sugli inquilini. Tutto sommato però funziona peggio della vecchia Ici. E allora perché non tornare semplicemente indietro?

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