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Categoria: Fisco Pagina 51 di 84

PREGI E DIFETTI DELL’IMU

Un terzo della manovra del governo si fonda sull’imposizione immobiliare, attraverso l’introduzione dell’Imu. Il provvedimento ha diversi pregi: torna la tassazione sulla prima casa, aumenta il gettito con una tassa che non incide sulla crescita e ridà ai comuni una potente leva di fiscalità. Più discutibili la compartecipazione dello Stato a un tributo locale, l’inasprimento sulle locazioni e la mancata soluzione delle iniquità del sistema delle rendite catastali. E in generale, si va forse verso un nuovo modello di federalismo fiscale con più autonomia e meno solidarietà?

INTOCCABILI EVASORI

La lotta all’evasione fiscale sembrava essere un punto centrale del programma del nuovo governo. Invece, dalle misure varate emerge continuità con il recente passato. Perché si continua a ritenere che il fenomeno si combatte con gli accertamenti, non con la deterrenza e la promozione sistematica dell’adempimento spontaneo. Si è rinunciato alla creazione di una rete di informazioni, generalizzata e onnicomprensiva, per conoscere la situazione patrimoniale complessiva di ciascun contribuente.

COME SARÀ LA NUOVA ICI?

Uno dei tasselli principali della manovra del governo sarà la revisione della fiscalità sugli immobili. Ma le ipotesi sono molte, spesso con finalità diverse. Il problema principale è che la legge delega sul federalismo fiscale vieta di tassare la prima casa. Un ostacolo che il governo Berlusconi ha cercato di aggirare con l’introduzione all’ultimo istante della Res-servizi, destinata a gravare non solo sui proprietari, ma anche sugli inquilini. Tutto sommato però funziona peggio della vecchia Ici. E allora perché non tornare semplicemente indietro?

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per gli interessanti commenti ricevuti.
fRancY coglie una implicazione importante della nostra proposta: se lo squilibrio dei compiti familiari diminuisce, si riducono le ragioni per tassare donne e uomini in modo diverso; la tassazione preferenziale a favore delle donne è una misura flessibile da adeguare nel tempo a un contesto in evoluzione. Riguardo al suo secondo commento, non ci sentiamo assolutamente in diritto di dire che cosa le famiglie devono fare. Se pero’ il Paese ritiene che le donne siano una  “fonte di energia” che attualmente è in parte sprecata perchè troppo concentrata sulla famiglia e se al tempo stesso ritiene che gli uomini siano una “fonte di energia” troppo concentrata sul mercato, allora la leva fiscale è uno strumento semplice ed efficace per raggiungere un maggiore equilibrio e un uso migliore di entrambe le risorse. Forse anche gli uomini potrebbero essere usati piu’ efficientemente nell’educazione dei figli e nell’assistenza agli anziani. Se invece va tutto bene cosi’ allora lasciamo le tasse invariate ma smettiamo di parlare di 8 marzo e di differenze di genere … !
Matteo ricorda che esistono gia’ incentivi alle aziende, dal lato della domanda, per favorire l’occupazione femminile. Ci sono pero’ vari studi che mostarno la maggiore efficacia di agire con incentivi dal lato dell’offerta. La donna ha molto più interesse dell’azienda a usare bene l’incentivo.
Francesco Bloise dice che le retribuzioni dipendono dalla produttivita’, che la produttivita’ delle donne e’ inferiore per via dei carichi familiari e proprio per questo le donne sono pagate meno. E’ esattamente il presupposto (dimostrato dai dati) su cui si basa la nostra proposta . Se i carichi di lavoro fossero più equilibrati in famiglia, le aziende non percepirebbero le donne come relativamente meno produttive degli uomini. La tassazione preferenziale per le donne mira proprio a cambiare questa percezione. Riguardo al suo secondo commento, non e’ possibile che tutto l’incentivo dato alle donne si trasformi in margini di profitto: nella situazione limite in cui l’incentivo andasse tutto nelle tasche dell’azienda, la donna non aumenterebbe la sua offerta di lavoro e quindi anche il vantaggio per l’azienda si volatilizzerebbe. O non ci sono effetti, oppure sono distribuiti tra domanda e offerta. Ma non puo’ esserci solo un aumento dei margini di profitto.
Il problema della Costituzionalità è risolto dal secondo comma dell’Art. 3, che risolve analogamente il problema di ogni altra “azione positiva” (affirmative action). La legge (con approvazione bi-partisan) per il “rientro dei cervelli” prevede già agevolazioni fiscali maggiori per le donne, e non sono stati sollevati problemi di costituzionalita’. Il sistema fiscale italiano prevede agevolazioni per chi ha figli, anche a parità di produzione del reddito. Francamente trovo maggiori ragioni per incentivare il lavoro femminile piuttosto che i figli data la sovrapopolazione mondiale (io che ne ho 4 dovrei essere tassato).
Chiara Saraceno non vede come la tassazione possa risolvere i problemi di conciliazione famiglia e lavoro, da lei considerati solo un problema delle donne! Noi non capiamo come lei non veda che non si puo’ continuare a chiedere di risolvere i problemi della conciliazione famiglia-lavoro alle aziende o allo stato. O per lo meno, prima di chiedere alle aziende o allo stato di risolvere il problema, chiediamolo agli uomini direttamente in famiglia: ci sembra piu’ semplice e trasparente. Quello che  Saraceno propone equivale a prendere l’aspirina per curare i sintomi e ridurre il dolore, senza curare le vere cause della malattia: peggio, dilazionando il bisogno di andare dal dottore per eliminare davvero le cause!
Senza incentivi, per forza la maggiore occupazione femminile non fa aumentare il contributo maschile al lavoro familiare! Proprio questo e’ il punto che giustifica la la leva fiscale a favore delle donne.
Quanto ai dati, il fatto che in USA e UK le donne anche a bassa istruzione e reddito lavorino di più che in Italia è sotto gli occhi di tutti.

LE TASSE SULLA CASA AI TEMPI DI MONTI *

Reintrodurre le imposte immobiliari sulle prime case è fondamentalmente una scelta obbligata. L’Italia è infatti il paese con la più alta pressione fiscale, ma anche quello con la più bassa tassazione della proprietà immobiliare. E se il nostro problema principale è la crescita economica, dovremmo cercare di spostare il carico fiscale verso ciò che è immobile per sgravare quei lavoratori, dipendenti e autonomi, che provano a cambiare l’economia italiana. Può essere la base per un rinnovato patto fiscale che offra sostegno concreto alle parti più dinamiche del paese.

PERCHÉ È UTILE TASSARE MENO LE DONNE

Un governo che volesse realizzare una riduzione della pressione fiscale per stimolare la crescita economica, otterrebbe risultati maggiori concentrandola sulle sole donne. La minore aliquota sui redditi delle donne si applicherebbe poi a una base imponibile maggiore e quindi il gettito fiscale diminuirebbe poco. Non è la mancanza di servizi di cura a tenere le donne lontane dal mercato del lavoro, ma una divisione dei compiti squilibrata all’interno della famiglia. La tassazione differenziata per genere aiuta a cambiare una mentalità che non ha più alcuna giustificazione.

L’INEVITABILE RITORNO DELL’ICI

L’eliminazione dell’Ici sulla prima casa è stato un incredibile e preoccupante esempio di “illusione tributaria”, che portava a ignorare i costi del provvedimento. Il ritorno del tributo sana una ferita inferta al federalismo municipale. Per esigenze di gettito, è inevitabile aumentare le rendite catastali. Auspicabile è anche l’introduzione dell’imposta sui rifiuti e i servizi progettata dal governo Berlusconi. Tutto ciò non elimina, ma limita lo spazio di una patrimoniale erariale su base personale.

THOMAS TASSANI RISPONDE A MILENA GABANELLI E AI COMMENTI DEI LETTORI

Dopo aver letto i commenti dei lettori e le osservazioni di Milena Gabanelli, vorrei soffermarmi su alcuni punti.
In primo luogo, anche io penso che il minor utilizzo del contante per gli acquisti di beni e servizi, a favore di mezzi di pagamento “virtuali”, sia un obiettivo da perseguire, perché la tracciabilità dei pagamenti è in grado di evitare una parte di evasione fiscale.

MENO TASSE PER TUTTE? PROPOSTA A RISCHIO

CARTE DI CREDITO? PRENDIAMO ESEMPIO DAGLI STATI UNITI

L’articolo di Thomas Tassani che riprende la mia idea lanciata sul Corriere della Sera di tassare il denaro contante mi spinge a scrivere alcune precisazioni: la mia proposta, come ho scritto è una provocazione, che magari discussa a mente aperta potrebbe portare
a qualcosa di buono. Premesso questo, l’articolo 53 della costituzione recita:
“Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività”. La costituzione sancisce quindi primariamente il dovere di ogni cittadino di concorrere alle spese pubbliche, e in questo senso un’imposta sul contante è un’imposta come un’altra. Dopo di che, spetta agli esperti disegnare il sistema di compensazione (crediti d’imposta o quant’altro) volto a rispettare i criteri della progressività e della capacità contributiva.
Nella proposta le banche agirebbero da sostituto di imposta per lo Stato. Sarebbe quindi facile immaginarsi che in fase di dichiarazione dei redditi la tassazione dell’uso di un modesto ammontare di contante
possa essere detratto dalla tassa sul reddito, colpendo così solo l’uso eccessivo. In considerazione del fatto che il pagamento con mezzi tracciabili non sarebbe soggetto a tassazione, l’utilizzo eccessivo di contante evidenzia una forza autonoma economica (che spesso cerca di non essere manifesta).
Negli Stati Uniti la carta di credito ed il bancomat sono usati anche nei “farmers markets”, ovvero l’equivalente dei nostri mercati dove i contadini locali portano le loro merci. Da circa due anni, la Square
Inc. commercializza un oggetto di tre centimetri di lato che, inserito nel foro dell’auricolare di un telefonino, permette a chiunque di accettare pagamenti con carta di credito.

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