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IL DESOLANTE COPIA-INCOLLA DELLA DELEGA FISCALE

Il Governo ha approvato una bozza di legge delega per la riforma fiscale. Un documento costruito molto in fretta, con pochi ingredienti, dagli esiti distributivi e di gettito assolutamente incerti. Per rimpolparlo si è allora ricorsi al più classico “copia e incolla” dalla legge delega presentata da Tremonti nel 2001, approvata dal Parlamento nel 2003 e poi largamente non esercitata. Come se nulla, nel frattempo, fosse cambiato nel sistema fiscale erariale, regionale e locale. Il tema del fisco è delicato. Di improvvisazione e pressappochismo non c’è proprio bisogno.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo i lettori per i numerosi commenti, che sollecitano alcune precisazioni sulla proposta avanzata nel nostro articolo.
Senza dubbio il problema dell’insufficiente domanda di lavoro e della creazione di nuovo impiego non può essere risolto con la riforma proposta nell’articolo, ma la riduzione della pressione fiscale sui salari più bassi non può che favorire l’occupazione di chi partecipa al mercato del lavoro in condizioni di maggiori difficoltà e quindi con basse retribuzioni. Ricordiamo che, stante le condizioni della finanza pubblica, abbiamo formulato una proposta  a parità di risorse, che riduce l’effetto distorsivo delle imposte aumentando potenzialmente l’occupazione.
L’effetto sull’occupazione è infatti tanto maggiore quanto più alta è l’elasticità dell’offerta di lavoro rispetto al salario orario e come già evidenziato in altre occasioni su questo sito (cf Colombino) esiste una netta relazione inversa tra livello di reddito e elasticità. Gli individui con reddito più basso, beneficiari del nuovo credito di imposta, sono quelli che rispondono maggiormente anche a riduzioni contenute della pressione fiscale.
Come evidenziato nell’articolo e sottolineato da numerosi lettori, un’obiezione alla proposta riguarda il sostegno economico che verrebbe a mancare a famiglie e a individui disoccupati o pensionati: questi dovrebbero essere tutelati da un sistema organico di ammortizzatori sociali che condizionino il sostegno alla ricerca attiva di un impiego e da un sostegno specifico alle responsabilità di cura di bambini e anziani. Non è offrendo detrazioni fiscali in modo indiscriminato (e dunque per importi limitati) per i famigliari a carico che si risolve il problema della povertà fra chi ha perso il lavoro.
Le simulazioni proposte riguardano esclusivamente la popolazione attiva non intaccando quindi le risorse oggi destinate ai pensionati. Generalizzando l’abolizione della detrazione per familiari a carico a tutta la popolazione, si libererebbero ulteriori risorse che potrebbero essere utilizzate per assistenza sociale a beneficio di tutti i poveri, compresi quelli che hanno superato l’età di pensionamento.
Il nuovo credito di imposta, a differenza delle attuali detrazioni, non creerebbe un problema di incapienza, in quanto si configurerebbe come un trasferimento netto per coloro i quali non possono beneficiare direttamente del credito di imposta come riduzione dell’imposta pagata.
La concreta implementazione del credito di imposta, ovviamente, dovrebbe idealmente accompagnarsi ad altre misure, come quelle vigenti in altri paesi europei che hanno incentivi condizionati all’impiego. Bisognerebbe, ad esempio, introdurre un salario minimo  per evitare che gli incentivi si traducano unicamente in un ribasso delle retribuzioni lorde da parte dei datori di lavoro. Inoltre è fondamentale potenziare la lotta all’evasione fiscale che preclude il corretto funzionamento di qualsiasi strumento fiscale basato sul reddito del contribuente. Come evidenziato da un lettore, anche l’attuale detrazione per familiari a carico può essere concessa a fronte dell’evasione del reddito da parte di un familiare. Il nuovo credito di imposta, condizionato all’impiego regolare, potrebbe peraltro fornire un incentivo per far emergere lavoro sommerso.

UN PEZZO DI RIFORMA FISCALE PER INCENTIVARE IL LAVORO

La riforma fiscale prossima ventura deve riuscire a rilanciare la crescita senza ridurre le entrate dello Stato. Ecco una piccola riforma che ha queste caratteristiche. Si tratta di abolire la detrazione fiscale per coniuge e altri familiari a carico, figli esclusi, con la contestuale introduzione di un credito di imposta per le retribuzioni più basse. L’obiettivo è sostenere il reddito delle famiglie incentivando la partecipazione al mercato del lavoro, delle donne in particolare. Ridurrebbe la povertà soprattutto fra le madri sole.

IMPOSTA DI SUCCESSIONE

 

HO GIOCATO TRE NUMERI AL LOTTO…

Che cosa si può dire di un’Irpef a tre aliquote: 20, 30 e 40? Niente.
Si tratta di un’informazione del tutto insufficiente. Se questa, come dice la stampa, è la proposta del ministro, bisogna ricordargli che si è dimenticato di dirci alcune cose importanti: come saranno articolati i tre scaglioni a cui applicare queste tre aliquote? Come saranno articolate le detrazioni di imposta per lavoro, pensioni e per carichi familiari?
Senza queste informazioni le tre aliquote non significano niente, ma proprio niente: possono dar luogo a infinite Irpef diverse.
Un esempio: supponiamo che il mio reddito  lordo sia di 30.000 euro.
Se i primi due attuali scaglioni restassero invariati e il terzo ed ultimo partisse quindi da 28.000 euro, ci guadagnerei 20 euro. Se invece i primi due scaglioni venissero accorpati  così come il terzo e il quarto; allora ci guadagnerei  1.520 euro: una bella differenza!
Ma se poi contemporaneamente la mia detrazione per lavoro dipendente venisse abolita, nel primo caso ci rimetterei 816 euro, mentre ne guadagnerei  684 euro nel secondo.
Di cosa discutiamo dunque?
Meglio aspettare una vera proposta articolata e motivata dell’intera riforma fiscale e non solo del pezzo relativo all’Irpef, di cui siano esplicitamente indicate le finalità e per la quale sia possibile valutare chi ci guadagna e chi ci perde, perché, dato che la riforma dovrà avvenire a parità di gettito, l’unica cosa certa è che non potremo guadagnarci tutti.

ECCO DOVE IL CRIMINE FA BUONI AFFARI *

Il crimine organizzato affligge solo l’economia del Sud? Secondo uno studio che fa affidamento sulla domanda di denaro contante per i pagamenti, una buona percentuale di affari criminali si conclude nel Centro-Nord. Nonostante i limiti dell’esercizio, i suoi risultati dovrebbero convincerci che l’economia criminale è una vera e propria questione nazionale. Forse i centri decisionali restano legati alle realtà meridionali, ma le attività criminali sembrano facilmente esportabili in altre realtà territoriali.

LA POLITICA ECONOMICA PER USCIRE DALLA CALMA PIATTA

La calma piatta dell’economia italiana nei primi mesi 2011 è il riassunto di situazioni molto diverse. C’è chi langue sul mercato interno e chi sta sfondando sui mercati lontani. Ma se le aziende che esportano stanno in piedi con le loro gambe, la politica economica dovrebbe sostenere la domanda interna. Senza devastare i conti pubblici. Non serve la riforma fiscale complessiva di nuovo in agenda. Meglio la ripresa delle liberalizzazioni e un piano anti-burocrazia, oltre a specifici interventi fiscali e legislativi sul mercato del lavoro.

I CONTROLLI NELLA LEGGE CHE NON SI LEGGE

Il decreto sviluppo interviene sui controlli amministrativi, non solo fiscali, operati da qualsiasi amministrazione, centrale e locale. Il tema della semplificazione dei controlli è molto caro alle imprese e l’intento del governo è ovviamente condivisibile, purché non vada a detrimento del rispetto delle regole. La norma però presenta difficoltà sia interpretative che di attuazione, affronta più la coda che la testa del problema e il suo impatto sulla crescita rischia di essere così incerto da sollevare dubbi sulla sua collocazione in un decreto con carattere di urgenza.

I PRINCIPI IAS RILETTI DAL MILLEPROROGHE

Il decreto Milleproroghe si occupa, tra l’altro, dei principi contabili Ias. Ma le modifiche agli International Accounting Standars di ordine civilistico rappresentano una mezza marcia indietro rispetto al 2005, producono un bilancio Ias all’italiana e sembrano solo preparare il terreno per una completa retromarcia. La possibilità di rettificare i risultati Ias a fini tributari è una norma in bianco utilizzabile per aggiustare il reddito d’impresa alle politiche di bilancio dell’occasione. Insomma, meno chiarezza e meno certezza del diritto.

Che ci azzecca la benzina con la cultura?

Per compensare la rinuncia ai tagli alla cultura, il governo ha deciso di inasprire la tassazione sui carburanti. Tre le principali obiezioni al provvedimento: si introducono nuove tasse senza tener conto del grado complessivo di distorsione del nostro sistema fiscale. Si tassano benzina e gasolio solo per fare cassa. L’aggravio e il guadagno d’entrata per lo Stato è superiore a quello indicato, perché l’aumento riguarda la componente di accisa, che va ad aggiungersi al prezzo industriale, e su questa somma si calcola l’Iva per arrivare al prezzo alla pompa.

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