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Categoria: Fisco Pagina 55 di 84

I PRINCIPI IAS RILETTI DAL MILLEPROROGHE

Il decreto Milleproroghe si occupa, tra l’altro, dei principi contabili Ias. Ma le modifiche agli International Accounting Standars di ordine civilistico rappresentano una mezza marcia indietro rispetto al 2005, producono un bilancio Ias all’italiana e sembrano solo preparare il terreno per una completa retromarcia. La possibilità di rettificare i risultati Ias a fini tributari è una norma in bianco utilizzabile per aggiustare il reddito d’impresa alle politiche di bilancio dell’occasione. Insomma, meno chiarezza e meno certezza del diritto.

Che ci azzecca la benzina con la cultura?

Per compensare la rinuncia ai tagli alla cultura, il governo ha deciso di inasprire la tassazione sui carburanti. Tre le principali obiezioni al provvedimento: si introducono nuove tasse senza tener conto del grado complessivo di distorsione del nostro sistema fiscale. Si tassano benzina e gasolio solo per fare cassa. L’aggravio e il guadagno d’entrata per lo Stato è superiore a quello indicato, perché l’aumento riguarda la componente di accisa, che va ad aggiungersi al prezzo industriale, e su questa somma si calcola l’Iva per arrivare al prezzo alla pompa.

DALLA CEDOLARE VANTAGGI SOLO PER I PROPRIETARI

Il decreto legislativo sul federalismo fiscale municipale approvato con voto di fiducia è molto diverso dal testo originale. Anche nella parte che riguarda la cedolare secca sugli affitti. Intanto, non diventerà più un tributo proprio dei comuni. Poi, il nuovo regime di tassazione rende inefficace il ricorso alla leva fiscale quale strumento di contenimento dei canoni. Ad avvantaggiarsene sono unicamente i proprietari delle abitazioni. Soprattutto quelli che affittavano a canone di libero mercato e collocati negli scaglioni di reddito più elevati.

 

L’ALLEANZA ANTIEVASIONE FISCO-COMUNI

Il dibattito sul federalismo fiscale si è concentrato su quante risorse sono necessarie per coprire a costi efficienti i compiti attribuiti a ogni livello di governo e su quali devono essere le fonti di finanziamento. Poca attenzione si è prestata alla capacità di risposta della macchina amministrativa che dovrà gestire il cambiamento.

COMUNI IN CAMPO CONTRO L’EVASIONE

Il recupero di competitività amministrativa è, invece, il tema centrale. In assenza di strutture capaci di assecondare l’applicazione dell’autonomia tributaria, si corre il rischio che la leva fiscale si riduca alla manovra delle aliquote e non si ampli la base imponibile, con sofferenza degli equilibri e della flessibilità di bilancio. Una delle principali fonti di finanziamento deve essere il recupero dell’evasione. Va letta in questa direzione la disposizione dell’articolo 1 del decreto legge n. 203/05 che incentiva la partecipazione dei comuni all’azione di contrasto all’evasione dei tributi erariali diretti e indiretti, con il riconoscimento di una quota pari al 33 per cento delle maggiori somme riscosse a titolo definitivo a seguito di segnalazioni qualificate di elementi evasivi ed elusivi all’Agenzia delle entrate. Peraltro, va sottolineato che l’incentivo del 33 per cento si aggiunge al maggior recupero di addizionali e compartecipazioni come risultato degli accertamenti e di una più alta autoliquidazione da effetto deterrenza.
L’importanza della capacità di governance del territorio fiscale e della collaborazione fra istituzioni è tale che l’incentivo del 33 per cento diventa 50 per cento nel decreto sul federalismo municipale ed è esteso, con lo schema di decreto sui meccanismi sanzionatori e premiali, alle Regioni e alle province che con le loro segnalazioni qualificate consentono il recupero di tributi erariali. Il premio ai comportamenti antievasione si completa con la previsione che i risultati conseguiti in termini di maggior gettito derivante dall’azione di contrasto all’evasione non diminuiscono l’accesso al fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale.

L’ESEMPIO DELL’EMILIA ROMAGNA

Per poter vincere la scommessa dell’alleanza antievasione, l’Agenzia delle entrate dell’Emilia-Romagna e l’Anci regionale hanno messo in atto sinergie operative fra i diversi attori coinvolti:
– sottoscrizione di un accordo quadro Agenzia ed Anci dell’Emilia Romagna per individuare modalità e strumenti in grado di favorire, nel più breve tempo possibile, la concreta partecipazione dei comuni al recupero dell’evasione dei tributi erariali;
– creazione di una task force congiunta con l’Anci con lo scopo di individuare programmi locali di recupero dell’evasione, fornire istruzioni operative ai comuni, elaborare check list per la raccolta dei dati e la predisposizione delle segnalazioni da inviare all’Agenzia delle entrate, aggiornare e standardizzare le metodologie di intervento dei funzionari comunali;
– diffusione di chiari e ben individuati percorsi investigativi,utili a produrre segnalazioni direttamente utilizzabili ai fini di un accertamento;
– attuazione di una specifica attività formativa congiunta;
– organizzazione di una rete di funzionari presso ogni direzione provinciale dell’Agenzia delle entrate, allo scopo di seguire lo sviluppo delle attività accertative, monitorare i risultati, tenere i collegamenti con i capiufficio tributi dei comuni, segnalare o risolvere le problematiche tecniche e operative, evidenziare le pratiche migliori per la diffusione.

Di seguito alcuni dati al 31 dicembre 2010.

Fattispecie accertate

“Fabbricati fantasma”

Imponibile
€ 1.100.000

I comuni hanno segnalato centinaia di immobili non dichiarati, comprese ville di lusso mascherate da fabbricati rurali. Tra gli altri, è stato scoperto un evasore totale possessore di oltre 40 immobili non dichiarati, molti dei quali affittati in nero.

Cessioni di aree fabbricabili mascherate

Imponibile
€ 29.900.000

È frequente che il trasferimento di terreni a scopo edificatorio – la cui cessione realizza in capo al cedente redditi/plusvalenze tassabili – sia mascherato da cessione di fabbricato (tipicamente ruderi da demolire) o di terreno agricolo, oppure come cessione di quote societarie. La collaborazione con i comuni e in particolare con l’Ufficio tecnico e la polizia municipale ha consentito di evidenziare numerose cessioni di questo tipo.

 Finti enti non commerciali

 

Imponibile
€ 1.400.000

Esempi
a)    L’Ufficio commercio di un comune del bolognese ha riscontrato che un’associazione sportiva dilettantistica svolgeva, senza le necessarie autorizzazioni, attività ristorative/agrituristiche e organizzava ricevimenti per cerimonie associando all’Asd unicamente il cliente che richiedeva il servizio. A fronte di tali attività, né l’Asd né le persone che la gestivano hanno mai presentato una dichiarazione fiscale.
b)   Durante le ordinarie attività di presidio del territorio, i vigili urbani di un comune della provincia di Ferrara hanno scoperto che un circolo culturale svolgeva l’attività di un vero e proprio ristorante.
c)    Un baby parking, sotto le mentite spoglie di associazione senza scopo di lucro, forniva i servizi di un vero asilo nido, senza le necessarie autorizzazioni e totalmente in nero. Con la quota di 700 euro al mese i “soci” del circolo (bambini di età compresa tra 1 e 3 anni) avevano assicurata la permanenza giornaliera, con la cifra supplementare di 6 euro al giorno pranzavano e con l’aggiunta di qualche centinaio di euro potevano anche organizzare le feste di compleanno.
d)   Un’associazione per la promozione del gusto era in realtà una scuola di cucina a pagamento e svolgeva anche attività di catering.

Molti lussi poche imposte

Imponibile
€ 2.300.000

Molti i soggetti segnalati per l’incoerenza fra i redditi dichiarati e la capacità di spesa manifestata (acquisti di immobili, autovetture, esercizi commerciali, conferimenti in denaro, ecc..)

UNA RIFORMA STRABICA A FAVORE DELLE RENDITE

Il decreto milleproroghe contiene tra l’altro la revisione del regime di tassazione dei fondi comuni di investimento. Per rilanciare l’industria dei fondi italiani, rimettendo su un piano di parità la tassazione dei fondi interni con quella dei fondi comunitari armonizzati. Si tratta invece di una misura protezionistica a favore di un’industria debole. E il passaggio alla tassazione alla realizzazione per le sole gestioni collettive, senza intervenire sugli altri aspetti della tassazione del risparmio, rende il regime nel suo complesso ancora più sperequato.

NON BASTA LA FISCALITÀ DI VANTAGGIO PER IL SUD

Liberalizzazioni, libertà di impresa, fiscalità di vantaggio per investire al Sud: sono le misure individuate dal governo per far ripartire la crescita. Sono le idee giuste? Il Pil italiano è oggi frenato da consumi stagnanti. Perché sono fermi i salari reali e perché disoccupazione e cassa integrazione non scendono. Le ricette proposte non servono a risolvere i problemi del mercato del lavoro. Meglio sarebbe destinare la fiscalità di vantaggio alle piccole imprese che creano posti di lavoro a tempo indeterminato.

LO PSICODRAMMA DELLE IMPOSTE COMUNALI

Il decreto sul federalismo municipale ha rischiato di mettere fine alla legislatura ed è ora al centro di una forte tensione istituzionale. Ma rappresenta davvero il passaggio cruciale per la costruzione del federalismo nel nostro paese? Il provvedimento è tutto sommato assai modesto. Manca comunque una regolamentazione adeguata del sistema perequativo dei comuni. Mentre l’ossessione per il vincolo di invarianza della pressione fiscale rischia di snaturare il federalismo, il cui principale obiettivo è rendere i sindaci responsabili davanti ai propri cittadini.

IMPOSTA PATRIMONIALE, UNA BUONA INTENZIONE CHE FA DANNI

Il ripristino dell’Invim appare tecnicamente impraticabile nell’immediato. Perché è impensabile un aggiornamento generalizzato del catasto. E il solo parlarne spaventa i risparmiatori, spingendoli a investire meno o all’estero. Occorre invece attuare la lotta all’evasione, la privatizzazione del patrimonio pubblico, l’inasprimento della tassazione sulle rendite finanziarie. Se poi il governo avesse il coraggio di rimediare ai propri errori, potrebbe varare il ripristino dell’Ici sulla prima casa.

TORNIAMO A CHIEDERE: QUANTO COSTA L’ESENZIONE DEGLI ENTI RELIGIOSI?

Giovedì dovrebbe essere il click day del federalismo. La bicamerale voterà il decreto proposto dal Ministro Calderoli. Questo decreto prevede l’esenzione dall’Imu degli enti ecclesiastici e delle Onlus. I cittadini italiani hanno diritto di sapere quanto costa questa esenzione. Abbiamo posto la domanda al ministro dell’Economia senza ricevere risposta. Ci ha invece risposto Luca Antonini, presidente della commissione paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale, dalle colonne di Panorama (!) chiedendo a noi di formulare una stima. Lieti di farlo se ci offre l’accesso ai dati di cui dispone. Ci basterebbero che ci dicesse a quanto ammonta il valore catastale degli immobili destinati "esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive,culturali, ricreative e sportive o per uso culturale". In altre parole a quanto ammonta la base imponibile sottratta al fisco. Singolare che nessuno dai banchi dell’opposizione si ponga il problema di chiedere questi dati. Su che base potranno esprimersi giovedi? O bisogna garantire queste esenzioni "a tutti i costi"? Torniamo a chiedere: Quanto costa l’esenzione degli enti ecclesiastici?

PATRIMONIALE: DI COSA STIAMO PARLANDO?

Tutti parlano di patrimoniale ma, a ben guardare,  intendono cose molto diverse tra di loro. Bene, dunque, mettere qualche puntino sulle i.
Con il termine  imposta patrimoniale o anche solo “patrimoniale” si intende un’imposta che non grava su di un flusso che si verifica in un dato periodo di tempo (per esempio, l’Irpef tassa il reddito percepito ogni anno), bensì su di uno stock di ricchezza accumulato anche nell’arco di intere generazioni.
L’imposta patrimoniale può essere reale o soggettiva, ordinaria o straordinaria.
È reale quando colpisce una singola componente della ricchezza di un soggetto (ad esempio le sue proprietà immobiliari,  le abitazioni di cui è proprietario),  mentre è soggettiva quando colpisce la sua ricchezza complessiva,  il suo patrimonio mobiliare e immobiliare. Una tassa reale sul patrimonio può andare a colpire sia la ricchezza mobiliare (attività finanziarie, autoveicoli, ecc.) sia quella immobiliare (terreni, costruzioni ecc.).
Bene anche distinguere tra patrimoniale ordinaria e straordinaria. La prima viene pagata con cadenza annuale, solitamente con un tasso relativamente basso (raramente superiore all’1 per cento). La patrimoniale è straordinaria quando costituisce un prelievo occasionale deciso in condizioni di emergenza,  quasi sempre di tasso elevato.

L’ESPERIENZA ITALIANA

In Italia, a differenza di altri paesi, non esiste un’imposta soggettiva (generale) sul patrimonio.  Abbiamo invece alcune imposte reali (speciali),  cioè su singoli cespiti patrimoniali.  Si tratta ad esempio dell’Imposta comunale sugli immobili (Ici), tassa di naturale pertinenza dei Comuni.  Questa fu introdotta nel 1993 come imposta straordinaria (Imposta straordinaria sugli immobili,  Isi), per divenire solo in seguito ordinaria. Nel 2008 il Governo Prodi ha ridotto l’Ici sulla prima casa tramite una detrazione del valore massimo di 200 euro, ma in seguito questa norma è stata abrogata in favore della completa abolizione dell’Ici sulla prima casa voluta dal quarto Governo Berlusconi.
Prima dell’Ici era in vigore l’Invim (Incremento valore immobili),  un’imposta comunale sull’incremento di valore degli immobili che veniva pagata al momento della vendita. L’Invim è sopravvissuta fino al 2002 per la parte di plusvalenze maturate prima dell’introduzione dell’Ici.
Un’altra patrimoniale è l’imposta di successione,  abolita nel 2001 dal Governo Berlusconi e reintrodotta nel 2007 dal Governo Prodi.  Oggi l’aliquota è tra il 4 e l’8 per cento a seconda dei casi, con franchigie di 1 milione di euro per parenti in linea retta e di 100 mila euro per fratelli e sorelle.  Un altro esempio di imposta sul patrimonio è data dall’imposta sul trasferimento di immobili: l’aliquota in questo caso varia tra il 4 e il 20 per cento nel caso di immobili venduti entro i quattro anni dalla costruzione. In entrambi i casi si è soggetti al pagamento di  imposte di registro,  ipotecarie, catastali (intorno  all’1-3 per cento).
Importante distinguere una patrimoniale da una tassa sulle rendite finanziarie. Queste ultime sono oggi tassate in Italia con varie aliquote. Su depositi e conti correnti bancari e postali e su obbligazioni private con scadenza inferiore a 18 mesi vi è un’imposta sostitutiva dell’Irpef,  prelevata alla fonte con aliquota del 27 per cento. Sugli interessi sui titoli del debito pubblico,  sui buoni postali e sulle obbligazioni con scadenza superiore a 18 mesi, l’aliquota è invece del 12,5 per cento. La stessa aliquota viene applicata anche ai dividendi e a tutte le plusvalenze, purché, nel caso di dividendi e plusvalenze azionarie, l’azionista non detenga partecipazioni qualificate.In Italia le imposte sul patrimonio sono inferiori a quelle dei maggiori paesi occidentali (con l’eccezione della Germania) come si può vedere dalla tabella qui sotto. I dati sul nostro paese sono relativi al 2007, anno in cui l’Ici non era ancora stata abolita,  per cui risultano sovrastimati.

Paese Imposta sul patrimonio
in % sul Pil
Canada 3.3
Francia 3.5
Germania 0.9
Italia 2.1
Regno Unito 4.5
Stati Uniti 3.1

(Source: IMF 2010)

A cura di Guido Zichichi

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