L’Irap è il principale tributo delle Regioni italiane. E il più criticato. Molti dei rilievi non colpiscono il bersaglio. Il problema principale del tributo come imposta regionale è la sua forte sperequazione sul territorio. Ciò ha reso difficile la costruzione di un vero sistema di federalismo fiscale. Le riforme che verranno probabilmente attuate non toccheranno questo punto. Sarebbe invece opportuno approfittare dell’occasione per ridisegnare il modello di finanziamento delle Regioni italiane.
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Molte le ipotesi di riforma del sistema tributario regionale. Nessuna proposta però appare del tutto soddisfacente. Sostituire l’Irap con maggiori spazi di manovra delle Regioni sull’Irpef non risolve il problema della sperequazione territoriale delle risorse e soffre dell’assenza di alcuni cespiti dalla base imponile dell’imposta sui redditi. Al contrario, attribuire alle Regioni imposte sui consumi renderebbe la dotazione finanziaria più equilibrata, ma appare difficile garantire adeguati spazi di autonomia. Servirebbe allora un’innovazione istituzionale come la Vivat.
Non sarà facile trovare un’alternativa all’Irap, la terza imposta del nostro ordinamento dopo Irpef e Iva. Un ritorno ai contributi sanitari sarebbe in contrasto con la filosofia della legge delega che indica come prioritaria l’esclusione del costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap. Intervenire sull’Ires penalizzerebbe gli investimenti. Aumentare le addizionali regionali o l’Irpef è in contraddizione con i tagli fiscali promessi dal Governo. Le imposte indirette sono già cresciute con la Finanziaria 2005. Anche i suoi detrattori finiranno per rimpiangerla
La possibile bocciatura europea dell’Irap perché doppione dell’Iva pone interrogativi sulla certezza del diritto e la razionalità economica della giurisprudenza comunitaria. Senza considerare le differenze sostanziali con l’Iva, il problema sembra essere un’imposta la cui base è calcolata come differenza “ricavi-costi”. Mentre sarebbe formalmente compatibile con le norme comunitarie, un’imposta che pervenisse allo stesso risultato come somma dei redditi che compongono il “valore aggiunto”.
Nei paesi dell’Ocse le imposte reali che gravano su singoli cespiti, quasi sempre gli immobili, sono nettamente dominanti rispetto a quelle sui trasferimenti. E solo in tre paesi la percentuale sul totale delle imposte dirette assume valori rilevanti: Giappone, Polonia e Stati Uniti. In Francia, la “impot de solidarieté sur la fortune”, voluta da Mitterand e ora confermata dal governo di destra, ha un effetto redistributivo minimo, ma serve ad aggiungere progressività a un sistema che non ne ha molta. E pagarla è diventato una sorta di status symbol.
Contrariamente a quanto si crede, gli Italiani non sono i più avidi giocatori d Europa, né i più tassati. E’ giusto tassare il gioco, come tutte le altre attività socialmente dannose, anche se le tasse sul gioco colpiscono i più poveri, soprattutto in Italia dove il gioco più diffuso e tassato è il Lotto, praticato soprattutto dalle categorie sociali più deboli. Ma non ha senso tassare il gioco, e poi promuoverlo attivamente con campagne pubblicitarie. Lo Stato dovrebbe invece impegnarsi in attività capillari per disincentivarlo, come ha fatto per fumo, alcol e droga.
Nella relazione tecnica che accompagna la Finanziaria 2005 si legge che la perdita di gettito dovuta alla deduzione per le spese di assistenza ai non autosufficienti è di ottanta milioni. Ma fa riferimento a stime del numero di badanti oggi occupate. Mentre la platea dei potenziali beneficiari è molto più ampia, anche a causa della soluzione scelta per certificare l’applicabilità della deduzione. Simulazioni che utilizzano i dati di Banca d’Italia sui redditi familiari mostrano che il fabbisogno per la copertura finanziaria di questa misura varia tra i 125 e i 224 milioni di euro.
Con la riforma dell’Irpef, è più conveniente attribuire l’intera deduzione per il figlio a carico a uno solo dei contribuenti, generalmente quello con reddito più basso. Non si rispetta così il criterio di equità orizzontale secondo il quale, a parità di reddito e di composizione familiare, il “valore fiscale” di un figlio dovrebbe essere lo stesso. Inoltre, per il fenomeno dell’incapienza, i nuclei familiari a basso reddito in cui entrambi i genitori lavorano sono svantaggiati. Mentre nei livelli elevati sono le famiglie monoreddito a essere penalizzate.
Dopo l’emanazione del dovuto decreto che rincara alcune imposte fisse, il quadro sembra ancora più negativo per i contribuenti di quello tracciato all’indomani della presentazione del maxiemendamento. Se le previsioni di maggior gettito del Governo sono corrette, nel prossimo triennio gli italiani pagheranno in complesso più tasse. Se per vari motivi sono sovrastimate, o comunque di corto respiro, non garantiscono una copertura della riforma dell’Irpef a regime e una tenuta del disavanzo. Saranno allora inevitabili nuove imposte o un taglio delle spese.
La situazione nel 2004
Detrazioni per figli (e altri famigliari) a carico: fino al 2004 nella determinazione dellIrpef si teneva conto dei figli (e altri famigliari) a carico del contribuente attraverso detrazioni di imposta. Nel 2004 le detrazioni in questione erano articolate secondo la tabella seguente:
Per ogni figlio di età inferiore ai tre anni, limporto della detrazione era aumentato di 123,95 euro. Le detrazioni potevano poi essere ripartite fra i genitori secondo la percentuale da essi scelta.
Detrazione per coniuge a carico: allo stesso modo era riconosciuta una detrazione per coniuge a carico secondo gli importi evidenziati nella tabella che segue.
La situazione del 2005
Deduzioni per famigliari a carico
Con la legge finanziaria per il 2005 le detrazioni dallimposta per famigliari a carico vengono trasformate in deduzioni dallimponibile (e si traducono quindi in un risparmio di imposta che varia a seconda dellaliquota marginale del contribuente).
Limporto massimo previsto per tali deduzioni è il seguente:
a) deduzione per il coniuge: 3200 euro;
b) deduzione per figli di età inferiore a tre anni: 3450 euro;
c) deduzione per figli di età superiore a tre anni e altri famigliari a carico: 2900 euro.
Le deduzioni per figli a carico possono essere ripartite fra i genitori secondo la percentuale da essi scelta. Tutte le deduzioni citate sono decrescenti, al crescere del reddito imponibile del contribuente calcolato al lordo della no tax area, per annullarsi, per valori di reddito pari a circa 81-82 mila euro a seconda del tipo di deduzione. La quota di deduzione spettante si ottiene calcolando il seguente rapporto:
[78.000 + livello massimo della deduzione – reddito imponibile (al lordo della no tax area)]/78.000
Se il rapporto risulta maggiore o uguale allunità la deduzione spetta nella misura massima; se è uguale o inferiore a zero, la deduzione non compete. Negli altri casi si computano le prime quattro cifre decimali.