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Categoria: Fisco Pagina 82 di 85

Innovazione cercasi

Per rilanciare la competitività dell’economia e delle imprese italiane, il Governo sta pensando a sgravi fiscali e crediti di imposta per le spese per la ricerca e per l’innovazione tecnologica. Scarse, tuttavia, le risorse a disposizione. E per incoraggiare davvero queste attività, occorre garantire alle imprese un più elevato tasso di rendimento interno certo. Meglio perciò evitare gli interventi temporanei e, pur nel rispetto delle compatibilità di bilancio, puntare su un flusso adeguato di incentivi permanenti e flessibili.

La trappola dell’aliquota

La riforma del sistema fiscale prevede il passaggio a tre sole aliquote. La più elevata sarà al 39 per cento, con una riduzione di sei punti per chi ha un reddito superiore a 70mila euro. Invece per i contribuenti al di sotto di questa cifra, le aliquote marginali non si ridurranno affatto, anzi aumenteranno, come è già accaduto in alcuni casi con il primo modulo. Perché la riforma non interviene sul sistema delle deduzioni. E un aumento degli assegni al nucleo familiare potrebbe far scattare vere e proprie trappole della povertà per lavoratori dipendenti, parasubordinati e pensionati.

Chi vince e chi perde con la nuova Irpef

Tra primo e secondo modulo si delinea una riforma fiscale che aumenta le disuguaglianze. E assorbe tredici miliardi che avrebbero potuto essere destinati ad altri programmi. I maggiori beneficiari degli sgravi sono i redditi più bassi e quelli più alti, mentre i guadagni sono inferiori per le classi centrali della distribuzione del reddito. Anche se dalla presentazione della legge delega, il Governo ha ridimensionato significativamente i propositi di passaggio al modello della flat rate.

Il prelievo inevitabile

Circa un terzo dell’aggiustamento complessivo previsto dalla Finanziaria proviene dall’aumento delle entrate ordinarie. Non c’erano alternative perché gli impegni comunitari impongono interventi di tipo permanente e sarebbe stato impossibile concentrare tutto sulla spesa. Nonostante la dichiarata volontà di riportare sotto controllo i conti pubblici, resta il rischio che l’inasprimento fiscale di oggi sia seguito da ulteriori sgravi che renderanno inevitabili nuovi aggravi domani, in un circolo vizioso da cui non possono più salvarci le una tantum.

La deriva della riforma fiscale

Mentre si attendono indicazioni credibili sulla prevista riforma dell’Irpef, la manovra già varata prevede maggiori entrate per sette miliardi e mezzo. Dovrebbero arrivare dalla cosiddetta manutenzione della base imponibile e dall’inasprimento di micro-tributi esistenti. Ma la revisione degli studi di settore per i lavoratori autonomi e piccola impresa difficilmente potrà dare un gettito rilevante nel 2005. E gli interventi sul reddito da fabbricati sono estemporanei. Il gettito più certo verrà ancora una volta dall’inasprimento di tributi esistenti.

Il dilemma delle tasse

In Gran Bretagna si rafforzano i meccanismi competitivi che negli ultimi quindici-venti anni hanno portato grandi benefici al sistema universitario, permettendo alle risorse di essere allocate laddove sono più produttive. Anche in Italia, alle università dovrebbe essere concessa piena libertà sulle rette e sul modo di utilizzarle, con l’unico obbligo di pubblicizzare la destinazione dei fondi aggiuntivi. Si creerebbe così una benefica competizione non solo fra atenei, ma anche fra dipartimenti di una stessa sede.

Un vantaggio per il Sud?

Vincenzo Visco commenta la lettura del DPEF fornita da Riccardo Faini e Francesco Giavazzi per quanto riguarda gli aiuti al Sud. È giusto l’impegno ad aprire le ostilità con Bruxelles sulla differenziazione regionale delle aliquote sui profitti?  

Fondazioni tartassate

La manovra correttiva appena approvata cancella la riduzione del 50 per cento dell’aliquota fiscale finora prevista per le fondazioni bancarie perché enti non a fini di lucro. I benefici per il bilancio dello Stato saranno relativamente modesti e soggetti a un probabile contenzioso. Possono essere consistenti invece gli effetti sulle risorse disponibili per servizi e interventi vari garantiti dal settore privato non profit. Non sarebbe meglio incentivare, anziché comprimere, il ruolo delle fondazioni nel traballante welfare mix italiano?

Le imposte di Tremonti

Il suo progetto di riforma fiscale è rimasto incompiuto non solo perché costosissimo, ma anche perché sono emersi gli importanti effetti redistributivi impliciti nel passaggio a un’imposta sui redditi a due aliquote, 23 e 33 per cento. I tagli alle tasse legati alla Tremonti bis e al primo modulo di riforma Irpef non si sono autofinanziati perché non si sono trasformati in un sostegno alla domanda. Resta, però, la riduzione permanente del gettito. Mentre le conseguenze di scudo e condono fiscale sull’attività di accertamento sono state e saranno molto gravi.

Coordinamento delle politiche fiscali

Coordinamento delle politiche fiscali

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Pensate che il limite del deficit del 3% stabilito dal Patto di Stabilità e Crescita debba essere ancora vincolante per il Governo Italiano, dopo le deroghe concesse a Francia e Germania?Si. Il Patto deve essere rispettato, è tuttavia possibile giungere ad una interpretazione dinamica dello stesso, escludendo dal deficit le spese di investimento che potranno generare effetti benefici sul Pil. Si. Le discussioni circa la modifica del Patto appaiono pretestuose. Occorrono invece riforme strutturali e modifiche nella composizione dei bilanci pubblici.  Si. L’Italia ha sempre rispettato il Patto e lo rispetterà anche quest’anno.
Il Patto però è largamente insufficiente per la crescita.
Si. L’unica modifica al Patto potrebbe essere una riduzione dei parametri in periodi di recessioneSi, la soglia del 3% è un limite plausibile, ragionevole e lungamente soppesato in ambito Europeo. Il problema è l’azzeramento del deficit, per il quale le privatizzazioni sembrano essere la strada obbligata.Si, soprattutto per l’Italia, dato l’elevato debito pubblico. Per contenere il deficit occorre riprendere il controllo della spesa e delle entrate. Alcune correzioni al Patto andrebbero introdotte, per sostenere la crescita.
Ritenete che sia utile armonizzare la tassazione dei redditi da capitale a livello europeo? Si. L’adozione di una tassazione omogenea in ambito europea dei redditi finanziari deve essere studiata in modo da includere anche l’elevazione graduale e contenuta dell’aliquota d’impostaNo .Si può discutere su un’armonizzazione delle regole per determinare talune basi imponibili, ma va respinta qualsiasi ipotesi di armonizzazione delle aliquote di imposizioneNo L’armonizzazione delle politiche fiscali non è qualcosa di auspicabile in sé, anche se in presenza di una moneta unica è difficile pensare alla competizione fiscale tra Paesi per i redditi di capitale . Si. I redditi da Capitale vanno considerati nell’insieme dei redditi percepiti dalla Persona Fisica e destinati ai Consumi.

L‘omogeneizzazione europea e’ auspicabile, ma non deve ritardare l’applicazione in Italia

Si. Una migliore armonizzazione della tassazione dei redditi finanziari all’interno dell’Europa eviterebbe distorsioni di concorrenza e delocalizzazioni di capitale nel continente. Si. Siamo favorevoli ad una graduale armonizzazione della tassazione sui redditi da capitale, per evitare una pericolosa competizione fiscale.
Ritenete che sia giusto allineare la tassazione dei redditi d’impresa in Italia agli standard internazionali ed europei (riducendo ad esempio l’Irpeg e l’Irap?)Si. Con il decreto legislativo n-344 del 2003 si è già ridotto il carico fiscale sul reddito delle società.Si, l’Italia dovrebbe perseguire la propria politica nella fissazione delle aliquote fiscali. L’armonizzazione deve riguardare solo la base imponibile e la sua ripartizione tra vari stati. Si  E’ giusto che le imprese paghino meno tasse, ma non vengano finanziate con denaro pubblico. No Non è possibile fornire indicazioni, per la sostanziale differenza soprattutto nelle fonti di risorse finanziarie, fra le imprese italiane e quelle degli altri paesi europei.Si. L’allineamento sarebbe un fattore di maggiore competitività. Per limitare l’impatto sul gettito occorrerebbe privatizzare.Si.  Occorre una riduzione graduale e certa, come con il sistema di Dual Income Tax, abolito dal governo di centro-destra.
Ritenete che la pressione fiscale in Italia debba essere ridotta, aumentata o restare sostanzialmente invariata?Si. Dovrebbe essere ridotta, ridurre la pressione fiscale è necessario ma non bisogna ridurre le cosiddette spese sociali. Si.  La pressione Italiana è troppo elevata e deve essere ridotta.Si .La pressione fiscale va diminuita strutturalmente riducendo la spesa dello stato attraverso privatizzazioni e riforme strutturali. No. La pressione fiscale va mediamente aumentata per l’esigenza di ridurre il debito pubblicoSi La pressione fiscale dovrebbe essere ridotta in Italia e in tutti i Paesi dell’ Euro perchè rappresenta il principale freno alla crescita e alla competitività nei confronti degli Stati Uniti Si.L’Italia può intraprendere un percorso graduale e ragionevole di riduzione permanente della pressione fiscale, senza ridurre la spesa sociale, che deve rimanere costante in termini reali.

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