Circa un terzo dell’aggiustamento complessivo previsto dalla Finanziaria proviene dall’aumento delle entrate ordinarie. Non c’erano alternative perché gli impegni comunitari impongono interventi di tipo permanente e sarebbe stato impossibile concentrare tutto sulla spesa. Nonostante la dichiarata volontà di riportare sotto controllo i conti pubblici, resta il rischio che l’inasprimento fiscale di oggi sia seguito da ulteriori sgravi che renderanno inevitabili nuovi aggravi domani, in un circolo vizioso da cui non possono più salvarci le una tantum.
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Mentre si attendono indicazioni credibili sulla prevista riforma dell’Irpef, la manovra già varata prevede maggiori entrate per sette miliardi e mezzo. Dovrebbero arrivare dalla cosiddetta manutenzione della base imponibile e dall’inasprimento di micro-tributi esistenti. Ma la revisione degli studi di settore per i lavoratori autonomi e piccola impresa difficilmente potrà dare un gettito rilevante nel 2005. E gli interventi sul reddito da fabbricati sono estemporanei. Il gettito più certo verrà ancora una volta dall’inasprimento di tributi esistenti.
In Gran Bretagna si rafforzano i meccanismi competitivi che negli ultimi quindici-venti anni hanno portato grandi benefici al sistema universitario, permettendo alle risorse di essere allocate laddove sono più produttive. Anche in Italia, alle università dovrebbe essere concessa piena libertà sulle rette e sul modo di utilizzarle, con l’unico obbligo di pubblicizzare la destinazione dei fondi aggiuntivi. Si creerebbe così una benefica competizione non solo fra atenei, ma anche fra dipartimenti di una stessa sede.
Vincenzo Visco commenta la lettura del DPEF fornita da Riccardo Faini e Francesco Giavazzi per quanto riguarda gli aiuti al Sud. È giusto lÂ’impegno ad aprire le ostilità con Bruxelles sulla differenziazione regionale delle aliquote sui profitti? Â
La manovra correttiva appena approvata cancella la riduzione del 50 per cento dell’aliquota fiscale finora prevista per le fondazioni bancarie perché enti non a fini di lucro. I benefici per il bilancio dello Stato saranno relativamente modesti e soggetti a un probabile contenzioso. Possono essere consistenti invece gli effetti sulle risorse disponibili per servizi e interventi vari garantiti dal settore privato non profit. Non sarebbe meglio incentivare, anziché comprimere, il ruolo delle fondazioni nel traballante welfare mix italiano?
Il suo progetto di riforma fiscale è rimasto incompiuto non solo perché costosissimo, ma anche perché sono emersi gli importanti effetti redistributivi impliciti nel passaggio a un’imposta sui redditi a due aliquote, 23 e 33 per cento. I tagli alle tasse legati alla Tremonti bis e al primo modulo di riforma Irpef non si sono autofinanziati perché non si sono trasformati in un sostegno alla domanda. Resta, però, la riduzione permanente del gettito. Mentre le conseguenze di scudo e condono fiscale sull’attività di accertamento sono state e saranno molto gravi.
Il Governo italiano torna sui suoi passi sulla disciplina delle false comunicazioni sociali. La normativa ora in vigore prevede infatti che non sia comunque punibile una sopravvalutazione o una sottovalutazione dellÂ’utile lordo di esercizio di unÂ’impresa se di importo inferiore al 5 per cento. Ma così si introduce un rischio aggiuntivo per i potenziali investitori. Per compensarlo, questi richiedono un rendimento maggiore per i capitali impiegati. E in un’economia aperta, gli investimenti possono anche dirigersi su imprese di altri paesi.
Continuiamo la pubblicazione delle risposte di partiti e coalizione ai quesiti che avevamo formulato in vista delle elezioni europee. Nella scheda sul Coordinamento delle politiche fiscali abbiamo chiesto di esprimere una posizione sul Patto di stabilità e crescita. Sulla necessità di armonizzare a livello europeo la tassazione dei redditi da capitale e se adeguare agli standard europei la tassazione italiana dei redditi di impresa. Indicando anche come finanziare le eventuali perdite di gettito. Ecco le risposte della Lista Bonino, Forza Italia, Patto Segni-Scognamiglio e Uniti nell’Ulivo.
La differenza tra la proposta Fini e quella Tremonti di riduzione dell’Irpef è solo di immagine. Entrambe le ipotesi infatti hanno effetti regressivi sulla distribuzione del reddito, e favoriscono in modo spiccato soprattutto chi guadagna più di 50mila euro. I redditi bassi, che già oggi non pagano l’imposta, sarebbero comunque esclusi da qualsiasi beneficio. Anche per le famiglie i risparmi maggiori si concentrano nel 10 per cento più ricco. Senza contare che le perdite di gettito sarebbero molto superiori alle cifre indicate finora.