Al di là delle risorse destinate dalla Legge di stabilità, l’Italia spende poco per le persone invalide e non autosufficienti. E si affida ai trasferimenti monetari, mentre i servizi sono scarsi. Così aumenta la dipendenza dal nucleo familiare ed è più difficile uscire da situazioni di esclusione.
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Nel mondo il divario di genere cala, ma molto lentamente. In Italia migliorano alcuni indicatori, con le donne più rappresentate nei consigli di amministrazione. E con più potere politico, grazie al paritario Governo Renzi. Ma su lavoro, retribuzioni e istruzione primaria la situazione peggiora.
Secondo una tesi diffusa, le donne ottengono minori riconoscimenti economici e sociali perché sono meno competitive degli uomini. Il concorso per l’abilitazione a professore universitario rappresenta un’occasione per verificarne la solidità. Avversione al rischio e bassa produttività scientifica.
Tante donne fra gli studenti universitari e fra i dottori di ricerca, poche nella carriera accademica. Forse perché nelle commissioni dei concorsi la presenza femminile è scarsa? Servono dunque le quote rosa? Alla luce dei risultati dell’abilitazione scientifica nazionale sarebbero un passo falso.
Non c’è solo la povertà economica a rendere problematico il presente e il futuro di molti bambini in Italia. Esiste anche una più subdola povertà educativa. Un piano di Save the Children per migliorare l’offerta di servizi e la partecipazione dei minori alle attività culturali ed educative.
Il tasso di occupazione femminile in Italia è di dieci punti sotto la media europea. Il fenomeno non è solo un retaggio di altri tempi e riguarda tutte le Regioni, anche le più sviluppate. Un sostegno al lavoro femminile può arrivare sostituendo la detrazione per il coniuge con un trasferimento.
Anche il Governo Renzi sembra ritenere che il problema principale del mercato del lavoro in Italia sia la rigidità dei contratti. E dunque si estende ancora la precarietà. Che penalizza i giovani e soprattutto le donne. Senza creare un solo posto di lavoro in più.
Dall’ultimo rapporto Istat sul capitale umano emerge un’enorme disparità di genere. Soprattutto perché, come dimostrano molti studi di economia comportamentale, le donne hanno una minore propensione alla competizione e sono meno sensibili agli incentivi monetari. È possibile invertire la tendenza?
Assicurare maggiore parità di genere produce non solo società più eque, ma anche più benessere economico. Anche in Italia la situazione sembra migliorata, almeno in alcuni campi. Ma vanno rimosse le radici profonde dei divari. Altrimenti, il processo sarà molto lungo e con possibili distorsioni.
La legge che impone la presenza di donne nei cda e collegi sindacali delle società quotate e partecipate pubbliche ha finalmente fatto crescere la rappresentanza femminile nei board. Mentre aspettiamo di vedere anche da noi i più generali effetti positivi associati in altri paesi a norme simili.