La tutela del risparmio si realizza con regole efficaci e severe. Ma soprattutto generando fiducia in un funzionamento trasparente e competitivo dei mercati finanziari. La legge approvata alla Camera non raggiunge questo obiettivo. La trasparenza come “bene pubblico” non è adeguatamente valorizzata. Si rinuncia a una seria riorganizzazione delle competenze di vigilanza. E per prevenire il conflitto di interessi tra banca e industria, si impongono vincoli di finanziamento agli imprenditori che partecipano al capitale degli intermediari.
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Un’ indagine del Consiglio d’Europa, pubblicata in questi giorni ha per la prima volta raccolto statistiche omogenee su alcuni aspetti dei sistemi giudiziari di 40 paesi europei. Il risultato che ne emerge è che in Italia spesa pubblica per giustizia e numero di magistrati non sono affatto bassi, se confrontati con quelli degli altri paesi europei, che pure hanno performance in termini di lunghezza dei processi molto migliori. Le cause di inefficienza della giustizia italiana, dunque , non si può ritenere risiedano in uno stanziamento di risorse troppo limitato.
La coesione tra le parti del sistema può costituire la risorsa decisiva per uscire dalla crisi. Mentre nuvoloni neri si addensano sull’economia italiana già provata da anni di declino, lÂ’unica via di salvezza sembra essere quella di una intesa tra i protagonisti del sistema basata su regole condivise e sulla fiducia reciproca. L’augurio è che Confindustria e sindacati sappiano ritrovare la spinta per una grande scommessa comune sul futuro del paese.
Si può ragionevolmente misurare la presenza di alcune qualità e caratteristiche personali negli aspiranti magistrati, ma puntare tutto sulla sola selezione iniziale dà risultati limitati. Perché i gravemente inadatti sarebbero pochissimi, tali da non giustificare un investimento costoso e socialmente delicato. E perché le capacità e le conoscenze cambiano nel tempo. Molto più utile garantire momenti di valutazione lungo tutta la carriera, che permettano alle persone di comprendere e migliorare i propri punti di forza e di debolezza.
Le Alternative Dispute Resolution sono viste dal legislatore come uno strumento in grado di snellire lÂ’enorme carico accumulato dalla giustizia ordinaria. E nell’illusione di definire in modo rapido un gran numero di controversie in molti casi ha reso obbligatorio il tentativo di conciliazione. Nella passata legislatura se ne era ipotizzato l’utilizzo in qualsiasi controversia civile avente a oggetto diritti disponibili. Il ricorso a questa sorta di giustizia privata, invece, ha senso solo in una sezione assai circoscritta di conflitti.
Fra le democrazie consolidate, l’Italia è l’unico paese in cui le funzioni di giudice e pubblico ministero sono affidate allo stesso corpo di magistrati indipendenti. Né dalla separazione delle carriere deriva automaticamente una dipendenza del pubblico ministero dal potere politico. Il progetto di riforma dell’ordinamento giudiziario appena approvato non risolve però il problema. Mantiene la magistratura come corpo unico, non favorisce il reclutamento di avvocati e dopo cinque anni dal concorso iniziale impone una scelta definitiva.
La legge attuale va riformata perché dà una chance di salvarsi solo alle grandi imprese. Ma ai vari progetti si oppongono antichi retaggi e importanti interessi costituiti. Privando così il paese di un diritto fallimentare moderno, che potrebbe dare grande forza all’economia. Tanto più che i tecnici di maggioranza e opposizione potrebbero lavorare in sostanziale sintonia. Basta che il Governo non pensi di agire a colpi di maggioranza. Per superare le resistenze in nome di una riforma vera, sono infatti necessarie intese più larghe.
Eccessiva durata dei processi: è questa la causa della crisi endemica della giustizia civile in Italia. Ma le riforme ipotizzate non risolvono la questione, anzi appaiono controproducenti. Per esempio quando delineano un modello nel quale il governo del procedimento resta molto a lungo nelle mani degli avvocati invece che in quelle del giudice. Criticabili anche gli aspetti di metodo. Le novità vengono introdotte a sorpresa, in modo disordinato e frammentario, senza il dibattito che sarebbe indispensabile in un sistema democratico.
La scommessa di azionisti e obbligazionisti Parmalat è coinvolgere nella responsabilità del crack le banche e gli intermediari finanziari. E in questo primo processo penale chiedono la costituzione di parte civile, molto meno costosa di un’azione civile per danni. Ma ottenere il risarcimento è così molto più complesso. La nuova legge di tutela del risparmio dovrebbe perciò sancire il diritto dei risparmiatori ad agire collettivamente contro chiunque li abbia danneggiati, con una class action che suddivide il costo dell’azione fra i tantissimi interessati.
Quando collocano sul mercato titoli di imprese loro affidate, le banche commerciali hanno a disposizione informazioni privilegiate sulle condizioni finanziarie di queste e dunque possono essere meglio attrezzate per valutare la rischiosità dell’investimento. In base al principio di trasparenza, le autorità competenti dovrebbero verificare e rendere pubblica l’eventuale esposizione della banca verso l’impresa. Gli investitori sarebbero così liberi di valutare se è più rilevante l’effetto negativo del potenziale conflitto d’interesse, oppure quello positivo della migliore capacità di certificazione.