Il decreto Minniti vuole snellire le procedure sull’accoglienza dei richiedenti asilo e aumentare i rimpatri di chi non ha diritto alla protezione. Ma le espulsioni richiedono accordi bilaterali con i paesi di origine. E con le nazioni dell’Africa sub-sahariana non li abbiamo.
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La migrazione lega i paesi di origine e quelli di destinazione. Perciò le politiche di gestione del fenomeno dovrebbero essere disegnate in stretta collaborazione. Servono interventi su educazione, formazione e mercato del lavoro nei paesi meno sviluppati e incentivi ai ritorni.
L’Unione europea benedice un altro accordo per bloccare il flusso di profughi e migranti dai paesi di transito. Eppure si dice paladina del loro diritto all’accoglienza. Comunque, anche in una fase di crisi economica, avrebbe tutto l’interesse ad attrarre persone giovani e desiderose di inserirsi.
Alcuni numeri aiutano a mettere nella giusta prospettiva quella che spesso viene definita “emergenza immigrazione”. I costi sostenuti dalla pubblica amministrazione per gli stranieri residenti in Italia sono ampiamente compensati da tasse e contributi versati dagli stessi lavoratori stranieri.
Il ministro dell’Interno ha annunciato un giro di vite nelle politiche dell’immigrazione, promettendo più espulsioni e la riapertura dei Cie. Può apparire una svolta ragionevole, ma non lo è. È facile prendersela con gli immigrati irregolari, si rischia però di perdere di vista i problemi reali.
Aiuti dalla Ue al Niger perché coopera nell’arginare i flussi migratori. Pericoloso, perché definisce come migrante irregolare chi attraversa il paese. E dà ragione alle forze che in Europa da tempo etichettano come clandestini i profughi provenienti dall’Africa.
I paesi europei spendono miliardi nel tentativo di fermare i flussi migratori. Sarebbe forse più utile investire in progetti di rimpatrio volontario assistito. Formano i migranti e permettono a chi torna di avviare un’attività propria. Il vantaggio di mantenere relazioni con entrambe le realtà.
Se la crisi dei rifugiati è una sfida per i singoli paesi e per le prospettive future dell’Unione europea, la risposta può essere solo in un nuovo quadro normativo comune. Gestione comune delle domande di asilo prima dell’arrivo in Europa. E un meccanismo di distribuzione dei migranti “flessibile”.
L’aumento del numero dei profughi e dei migranti economici dall’Africa riporta in primo piano il tema degli aiuti allo sviluppo. La proposta italiana del “Migration compact” vuole replicare l’accordo con la Turchia. Ma investire nella crescita dei paesi africani richiede precise scelte di bilancio.
Se il sommerso vale in totale il 13 per cento del Pil italiano, in agricoltura il lavoro irregolare supera il 18 per cento. A trarne altissimi profitti è il sistema del caporalato. Che va contrastato non solo per ragioni etiche, ma perché l’integrazione è presupposto per lo sviluppo del territorio.