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LAVORARE A MILANO. DA CLANDESTINI

L’immigrazione irregolare, per sua stessa natura, sfugge ai tentativi di misura e rilevazione. Tuttavia, esistono banche dati che permettono di analizzare alcuni aspetti del fenomeno. Per esempio i dati del Naga descrivono l’inserimento di persone senza permesso di soggiorno nel mercato del lavoro milanese e lombardo. E ne evidenziano gli alti livelli di istruzione, con tassi di occupazione e di partecipazione superiori a quelli lombardi. Nonostante le difficoltà della loro permanenza in Italia, sono una forza lavoro decisa e dinamica. Ma quali prospettive hanno?

UN VISTO PER GLI STUDENTI STRANIERI

Il nostro paese ha bisogno di capitale umano per uscire non solo dalla recessione, ma anche dalla stagnazione che l’ha preceduta.  C’è un capitale umano che possiamo acquisire subito. E’ quello dei piccoli numeri, dei talenti che girano per il mondo e che si interrogano oggi su com’è cambiata la geografia del mondo dopo la crisi per decidere dove andare. Pochi innesti di qualità possono significare grandi cambiamenti nella nostra economia. Oggi i 2000 studenti di dottorato stranieri in Italia, in 9 su 10, pensano solo a scappare appena finiti gli studi perché sfiniti dai rinnovi dei permessi di soggiorno, dalle forche caudine cui vengono sottoposti dalle nostre leggi sull’immigrazione. Introduciamo subito un visto per gli studenti (come il J1 negli Stati Uniti) che permetta di risiedere, entrare ed uscire legalmente dal nostro paese per tutta la durata del corso di studi. Deve essere concesso sulla base di una lettera di accettazione dell’università che accoglie il dottorando e che ha tutti gli incentivi ad ammettere solo gli studenti con maggiori potenzialità. A quel punto potranno pensare solo a studiare senza dover frequentare a lungo le nostre questure in attesa di un rinnovo del permesso, che poi arriva immancabilmente quando è già scaduto. Le nostre politiche dell’immigrazione dovranno poi garantire una corsia preferenziale a chi ha studiato da noi e ha una laurea o un dottorato. Chi viene da noi deve già sapere che al termine del corso di studi verrà messo nella stessa condizione degli studenti italiani nel cercare un impiego.

DA CLANDESTINO A LAVORATORE

Il risultato politico più interessante della sanatoria per colf e assistenti familiari è il riconoscimento implicito che gli immigrati senza permesso di soggiorno sono in gran parte umili lavoratori che vorrebbero lavorare e vivere alla luce del sole e non criminali. Quanto ai numeri deludenti delle domande presentate e alla composizione per nazionalità, fanno pensare che molti stranieri che ne avrebbero avuto diritto non sono riusciti ad accedere alla sanatoria, mentre altri che non ne avrebbero avuto diritto ci hanno provato. Per mancanza di alternative.

PERCHE’ LA SANATORIA HA FATTO FLOP *

Le domande di regolarizzazione di colf e assistenti familiari sono state nettamente inferiori al previsto. Motivo essenziale dell’insuccesso il fatto che i benefici siano quasi esclusivamente a favore dei lavoratori e i costi prevalentemente a carico delle famiglie. Serve invece un piano di interventi strutturali per la non autosufficienza. Che preveda il potenziamento dei servizi domiciliari pubblici, ripensi l’indennità di accompagnamento e vari un progetto di coordinamento degli iter formativi promossi da singole regioni.

L’ENNESIMA ULTIMA SANATORIA

La sanatoria di colf e badanti rappresenta una apprezzabile presa d’atto che la criminalizzazione degli immigrati senza permesso di soggiorno è prima di tutto irrealistica: serve a scopi di propaganda politica, ma non a risolvere i problemi effettivi del governo dell’immigrazione e del suo incontro con le esigenze del mercato del lavoro italiano. Meglio ancora sarebbe però adottare politiche più avvedute, che prevengano la formazione di ingenti bacini di stranieri con un lavoro, ma giuridicamente irregolari. Le soluzioni di Francia e Stati Uniti.

GLI STRETTI CONFINI DI FRONTEX

Nel 2004, per coordinare gli interventi operativi di controllo dei confini dell’Unione Europea, la Commissione europea costituisce un’Agenzia sovrannazionale denominata Frontex. Oggi di fronte al continuo fenomeno degli sbarchi clandestini, ed ancora di più, di fronte alle tragedie che avvengono nel Mediterraneo, ci si domanda quale sia il ruolo dell’Unione Europea e in particolare quali siano le evoluzioni del processo di armonizzazione del controllo delle frontiere posto in essere con la costituzione di Frontex.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Rispondo brevemente ad alcune sollecitazioni, perché le altre non chiedono replica.

Si può trattare la questione delle ronde con strumenti diversi dall’ironia? Temo di no. O,
almeno, io non vedo altro strumento.

Non avendo assegnato alcun potere speciale alle ronde (grazie al cielo, la Lega si limita per ora a scimmiottare goffamente fascismo e nazismo), disciplinarne le attività è semplicemente ridicolo. Chi fa parte delle ronde può compiere, infatti, azioni cui è abilitato pienamente anche chi non ne fa parte. Qual è allora lo scopo dell’introduzione di requisiti quali l’assenza di daltonismo e il possesso di integre facoltà olfattive e uditive? E quale quello del disciplinare aspetti quali il colore della casacca o le modalità di comunicazione?

Se a svolgere le stesse attività (lecite) fossero gli scout o, all’opposto, gli ultras della curva Sud, il Sindaco non potrebbe avvalersene formalmente. Ma potrebbe forse ignorare le segnalazioni di eventuali elementi di pericolo o di disagio sociale che da questi gruppi dovessero pervenire?

Naturalmente, è possibile una diversa lettura: il Ministro dell’interno conosce i suoi "polli"
(tecnicamente, sindaci leghisti) e sa che per loro non è affatto ovvio che le ronde debbano limitarsi ad attività perfettamente lecite; pone, per questo, con saggezza, precisi paletti.
Se è così, l’ironia è effettivamente fuori luogo. Ed è anche falso che quello a cui assistiamo sia solo un goffo scimmiottamento di fascismo e nazismo.

IMMIGRAZIONE, INCLUSIONE E CITTADINANZA

Approvato definitivamente dal Senato, il pacchetto sulla sicurezza inasprisce le condizioni per l’acquisizione della cittadinanza italiana. Si tratta di misure ostili all’inclusione degli immigrati che potrebbero istigare un’ulteriore radicalizzazione verso l’esclusione. In altri paesi d’Europa, invece, il tradizionale criterio dello “jus sanguinis” (chi discende da cittadini di un certo paese è cittadino) è stato contemperato con quello (vigente negli Stati Uniti) dello “jus soli”, secondo cui chi nasce sul territorio nazionale di un certo paese è cittadino.

QUANDO L’IMMIGRAZIONE E’ GOVERNATA DAL PREGIUDIZIO *

Una politica restrittiva in tema di immigrazione, come quella adottata dal nostro governo, certamente riduce il numero dei lavoratori stranieri presenti in un paese, ma ha anche l’effetto involontario di allontanare di più gli immigrati qualificati rispetto a quelli meno qualificati. Si resta così intrappolati in una spirale di forti restrizioni e “cattiva” immigrazione. E di pregiudizi che si autoalimentano. Per l’Italia, la soluzione non è inasprire indiscriminatamente le norme sull’immigrazione, ma ripensarle coerentemente con le necessità del paese.

L’IMMIGRATO CHE VENNE DAL MARE

Lampedusa è considerata la porta d’ingresso dell’immigrazione illegale in Italia. Frenando gli sbarchi, si può far credere di contrastare in maniera incisiva gli ingressi irregolari. Ma gli arrivi dal mare rappresentano soltanto una modesta frazione di un fenomeno variegato e complesso. La stragrande maggioranza degli immigrati entra in un modo molto più semplice e meno rischioso: con un regolare visto turistico. Quando scade, il turista si trasforma in immigrato irregolare. Magari perché ha trovato un lavoro, nero, nelle famiglie o imprese italiane.

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