Quello sulla responsabilità sociale di impresa è un dibattito vivace, con interessanti punti di vista su entrambi i fronti. Di sicuro oggi non si può ignorare il nuovo ruolo dello stato imprenditore. Forse, la soluzione è nell’economia della torta.
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Le imprese devono certo perseguire condotte virtuose e responsabili, ma con regole chiare e precise. Invece la proposta di direttiva europea sulla responsabilità d’impresa dimostra poca conoscenza del diritto e un atteggiamento populista e superficiale.
L’epidemia di Covid-19 impone nuove sfide al sistema della gestione e risoluzione delle crisi d’impresa. In Italia gli strumenti di ristrutturazione sono vari, ma hanno dimostrato alcune criticità, non del tutto risolte dal nuovo Codice della crisi.
Il ministero dell’Economia ha disciplinato i requisiti e i criteri di idoneità per gli esponenti bancari. Puntano ad alzare la qualità di amministratori e controllori. Ma si tratta pur sempre di un intervento esterno in dinamiche propriamente societarie.
A settembre entrerà in vigore il nuovo Codice della crisi di impresa. Prevede l’introduzione delle cosiddette procedure di allerta. Ma forse è meglio rinviare. Con la crisi da Covid-19 rischiano di esservi sottoposte molte società ancora vitali.
L’alta velocità ferroviaria consente alle imprese un più facile accesso ad amministratori provenienti da località lontane dalla sede. Le aziende virtuose riescono così a migliorare la qualità dei loro consigli. Per la presenza di donne non cambia niente.
La politica economica dovrà presto decidere la strategia di sostegno alle imprese. Va trovato un punto di equilibrio fra tenere in vita “zombie” e far morire aziende sane ma in sofferenza perché operano in attività duramente colpite dalla pandemia.
Sul tema del turismo, manca ancora nel Pnrr il senso del presente. Fa ben sperare, però, il quadro generale. Anche alla luce della nuova ricostituzione del Ministero, per il momento solo enunciata, ma su cui si concentrano sia le aspettative sia gli ostacoli di sempre.
È necessario un riequilibrio delle fonti di finanziamento delle aziende italiane, con un maggior ricorso all’equity. Una struttura patrimoniale più solida dà la possibilità di vincere la sfida della crescita dimensionale. Ma servono scelte precise.
L’arrivo di un’ondata di crisi aziendali e di fallimenti è più che probabile. La legislazione attuale non offre gli strumenti giusti per affrontarla. Se si vuole garantire una transizione ordinata va dunque corretta. Ma è necessario farlo in fretta.