Studi empirici dimostrano che i cittadini non esprimono le proprie preferenze politiche sulla base di dati di fatto, ma fondano le loro scelte sull’ideologia o la propaganda. Alcuni paesi hanno avviato un monitoraggio della loro situazione economica, sociale e ambientale basato su un numero limitato e condiviso di indicatori statistici. Con l’obiettivo di comprendere meglio i problemi e consentire decisioni più informate e razionali. E’ un percorso da seguire anche in Italia. Perché la costruzione di un paese moderno richiede una piena coscienza della realtà.
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Nella legge elettorale italiana c’è una grave anomalia tecnica nel meccanismo di assegnazione dei seggi per la parte proporzionale. Per alcuni esiti delle votazioni, la procedura indicata dalla norma può dare un risultato contraddittorio. Può infatti attribuire a una lista più (o meno) seggi di quelli che la lista ottiene per effetto di altre disposizioni della stessa legge. La riforma proposta dalla maggioranza non risolve il problema. Anzi, le probabilità di errore aumentano. Perché le ripartizioni proporzionali sono due e perché è coinvolta la totalità dei seggi.
Venerdì sera è andata in onda la prima puntata della trasmissione di approfondimento su temi di politica economica (Economix) cui collabora lavoce.info. In quella occasione il Ministro Tremonti ha messo ripetutamente in discussione la qualità delle nostre analisi. Purtroppo non ci è stata data la possibilità di replicare alle affermazioni del Ministro. Lo facciamo qui.
Il Nobel per l’economia è stato assegnato ancora una volta a due studiosi di teoria dei giochi, Robert J. Aumann e Thomas C. Schelling. Entrambi hanno dato un notevole contributo innovativo, con forte impatto sulle discipline economiche e sociali. Aumann sviluppa le sue idee in modo analitico, sistematico, rigoroso. Il suo lavoro è accessibile solo a un pubblico scientificamente preparato. Schelling predilige l’esposizione informale e basata su esempi. E i suoi libri hanno fornito nuove categorie interpretative a manager, politici e diplomatici.
La maggioranza intende cambiare la legge elettorale a pochi mesi dal voto perché ritiene di poter conseguire risultati migliori col sistema proporzionale che con quello maggioritario. Ma sarebbe sbagliato pensare che la legge elettorale intervenga semplicemente cambiando l’esito, in termini di seggi, di una data distribuzione dei voti. L’esperienza indica che chi cambia la legge elettorale in genere perde voti. E i deputati e i senatori che approvano il cambiamento hanno una probabilità molto più bassa di essere rieletti dei loro predecessori o successori.
I giornali sono un bene pubblico, come tutelarne l’indipendenza? I quotidiani italiani ricevono un sussidio pubblico che costa ai contribuenti almeno 50 milioni di euro e non ha alcuna giustificazione. Su questo si potrebbe far leva per imporre alle proprietà l’introduzione negli statuti di regole simili a quelle suggerite da Luigi Einaudi, secondo il quale “Il direttore dovrebbe essere l’unico responsabile dell’indirizzo politico, economico, finanziario e generale del giornale. Una volta nominato non dovrebbe essere licenziato, né dovrebbe subire limitazioni”.
L’unica garanzia di pluralismo è data da una vera frammentazione del controllo dei mezzi di informazione. Lo dimostra uno studio recente sul Perù di Alberto Fujimori. Attraverso una sistematica opera di corruzione, il presidente peruviano riuscì a imporre la sua volontà a parlamento e tribunali. Ma il regime cadde perché non ebbe altrettanto successo con i mezzi di comunicazione. La proprietà della stampa e della televisione non era infatti concentrata in poche mani. Controllarla interamente si rivelò impossibile, oltreché molto più costoso rispetto a giudici e politici.
Egregio Direttore, in merito alla presentazione e agli articoli pubblicati nellultimo numero di lavoce.info, dedicati al tema del rafforzamento dell’autonomia e dellindipendenza dellIstat, abbiamo apprezzato la volontà di aprire un confronto costruttivo sullarchitettura del sistema statistico italiano, sulla normativa che lo sorregge e sulla proposta di “costituzionalizzare” la statistica pubblica. Abbiamo constatato, tuttavia, che né gli articoli né il testo che li introduce presentano alcun riferimento alle numerose occasioni in cui l’Istat e il Sistan hanno posto al centro del dibattito pubblico gli aspetti e le problematiche istituzionali collegate a questi temi cruciali. A tal proposito, desideriamo ricordare che il Presidente dellIstat e gli organismi tecnici della statistica ufficiale hanno ripetutamente sollevato queste questioni in ambito nazionale e internazionale.
Tali problematiche, inoltre, sono state al centro del confronto nel corso della
Il Direttore della comunicazione ISTAT
Patrizia Cacioli
L’Istat è ancora molto lontano dagli standard di altri paesi per quel che riguarda la quantità, la qualità e la facilità di accesso ai dati per la ricerca. Non solo per i problemi connessi alla tutela della privacy, ma anche per inefficienze proprie. Molte importanti questioni vengono così discusse sulla base di pregiudizi ideologici, senza minimamente curarsi di misurare correttamente i fatti. E’ una questione di democrazia e trasparenza: la comunità scientifica deve poter accedere ai microdati elementari per controllare e replicare i risultati.
Visione strategica del ruolo della statistica pubblica, adeguati investimenti e rispetto dell’indipendenza della funzione statistica sono condizioni ineludibili per una società dell’informazione efficiente e per una democrazia moderna e funzionale. Un serio ripensamento dell’assetto istituzionale del Sistema statistico nazionale alla luce delle modificazioni della società e della politica sarebbe dunque auspicabile, magari a partire dai principi posti alla base della statistica comunitaria e contenuti nella nuova Costituzione europea.