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Categoria: Infrastrutture e trasporti Pagina 47 di 58

IL SALVATORE DELLA PATRIA

Uno dei candidati premier – Silvio Berlusconi – non ha trovato di meglio che intervenire sulla vicenda Alitalia che il paese si trascina da anni e che stava, con difficoltà, trovando una soluzione, forse non perfetta ma pur sempre una soluzione. Ricapitoliamo. Air France ha avanzato una proposta di acquisto che al momento, non ha alternative e che tempo fa era stata giudicata dal Tesoro – azionista di maggioranza di Alitalia – dominante rispetto alla sola alternativa presentata da Air One. Silvio Berlusconi ha annunciato l’esistenza di un’altra cordata formata da imprenditori nazionali, che potrebbero fare una offerta entra 45 giorni. Ad essa parteciperebbero i figli del candidato premier e sarebbe sostenuta da Banca Intesa. L’amministratore delegato di Banca Intesa ha smentito. La vicenda ha dell’assurdo: non si capisce perche’ debba essere un candidato premier ad annunciare una cordata alternativa per l’acquisto di una azienda che è sul mercato, anziché, se esistono, i diretti interessati, mettendo sul tappeto la proposta. Non si capisce perché, se esistono, lo debbano fare proprio adesso e con il patronage politico di un candidato premier. Fatto ancora più sconcertante è che il candidato premier minacci con il suo intervento di bloccare la vendita ad Air France per consentire l’acquisto da parte di una cordata che, anche se indirettamente tramite i figli, lo vedrebbe coinvolto. Se oggi Air France dovesse ritirarsi ci sarebbero almeno due conseguenze. Primo, Alitalia verosimilmente verrebbe commissariata e si troverebbe in una posizione di debolezza per affrontare  l’entrata in vigoredi Open Sky – gli accordi per la liberalizzazione delle rotte con gli Stati Uniti. Secondo, un eventuale nuovo acquirente (i figli di berlusconi?) si troverebbe in una posizione contrattuale ancora piu’ forte di quella in cui oggi si trova Air France, con ulteriore perdita per l’erario che introiterebbe ancora meno dalla cessione del controllo di Alitalia. Chi verrebbe chiamato a pagare per tutto ciò?

Alitalia: destinazione finale

L’offerta di Air France può apparire indigesta. Ma i margini di trattativa sono ridotti quasi a zero perché Alitalia ha accumulato oltre 1,7 miliardi di debiti finanziari, perde centinaia di milioni l’anno insieme a quote del mercato nazionale, internazionale e intercontinentale, ha una flotta tra le più diversificate e vecchie d’Europa. E anche perché non ci sono state, in quindici mesi, concrete offerte alternative. I diritti di traffico (e gli slots) sono il suo unico valore. Se salta la scadenza del 31 marzo, però, andrà inevitabilmente verso il fallimento.

ROMA SBAGLIA SUI TAXI *

Aumentare il numero delle licenze di taxi e, allo stesso tempo, concedere agli operatori aumenti sulle tariffe, come ha fatto il comune di Roma, può portare a risultati negativi. Lo dimostra una analoga esperienza del Regno Unito. Due scenari si prospettano ora per la capitale italiana: la domanda di servizio cresce e con essa il valore delle licenze. Oppure resta stabile, ma i prezzi di corsa più alti compensano comunque i tassisti. In entrambi, i casi la resistenza a ulteriori future liberalizzazioni sarà ancora più forte.

I SERVIZI LOCALI E LA MOLTIPLICAZIONE DEI CENTRI DECISIONALI

La gestione di molti servizi locali è afflitta da un disegno istituzionale che non divide chiaramente le responsabilità del potere centrale da quelle dei poteri locali e dei suoi diversi livelli. I governi decentrati, forti anche del ruolo che la legislazione gli assegna con la Conferenza Stato-Regioni, respingono ogni tentativo di riportare nelle amministrazioni centrali decisioni sugli assetti di mercato e sulla regolazione. Ne sono un chiaro esempio le vicende di Malpensa e dei termovalorizzatori. Ma alcuni correttivi sono possibili.

PERCHÉ L’ITALIA SI DIVIDE SULLA RACCOLTA DIFFERENZIATA

A Napoli si producono in media le stesse quantità di rifiuti pro capite delle altre province italiane, più di un chilo al giorno. Ma a Torino i cittadini ne raccolgono in modo differenziato circa il 40 per cento, a Roma e Bari la percentuale è vicina al 10 per cento mentre nella città campana siamo sotto l’8 per cento. A spiegare tanta differenza non sono solo ragioni economiche, ma anche le norme sociali. E allora, la vera questione diventa quali siano le politiche da adottare per incrementare il capitale sociale e, di conseguenza, la raccolta differenziata.

Dove volano le tasse di Alitalia

Nella vicenda Alitalia e della sua possibile cessione ad Air France bisogna tener conto anche degli aspetti fiscali. Perché dopo la ristrutturazione la compagnia tornerà probabilmente a creare valore. La convenzione Ocse contro le doppie imposizioni dispone che la tassazione avvenga solo nel luogo in cui è localizzata la sede di direzione effettiva. Oggi è ovviamente l’Italia, ma domani? Il ministero dell’Economia deve pretendere adeguate garanzie in merito. Magari prendendo esempio dal governo olandese, che ha fatto bene i conti prima dell’accordo per Klm.

MALPENSA: LIMITI E MISFATTI

Come nutrire speranze per Malpensa se gli stessi politici lombardi non hanno le idee chiare a riguardo e si lanciano in dichiarazioni incaute? Inutile criticare le scelte di Alitalia senza averne compreso le ragioni. E non serve insistere sull’hub quando esistono altri modelli forse preferibili per i clienti. Se si vuole salvare Malpensa è necessario collegarlo meglio con il resto del territorio e premere per la liberalizzazione dei cieli.

UN PIANO A BASSA VELOCITA’

È sempre stato costume delle Ferrovie italiane preannunciare i progetti per le grandi opere infrastrutturali (raddoppio delle linee esistenti, realizzazione delle linee AV/AC, elettrificazioni, realizzazioni di nuovi sistemi per la sicurezza della circolazione e quant’altro) senza mai puntualizzare  i reali benefici che sarebbero stati offerti ai viaggiatori con la sua realizzazione. Si è sempre parlato approssimativamente di tutto come se la durata del tragitto di un treno fosse un ordine di grandezza e non già un tempo preciso. Così facendo, però, non c’è speranza di centrare gli ambiziosi obiettivi del Piano industriale.

LE GRANDI OPERETTE

Le grandi opere della Legge Obiettivo del governo Berlusconi (con l’eccezione del Ponte sullo Stretto), sono state fatte proprie dall’attuale governo, malgrado nel programma elettorale di quest’ultimo figurasse l’intenzione di mostrare chiari segnali discontinuità rispetto all’approccio da shopping list dell’esecutivo precedente. I fondi però sono pochi e alcune opere devono essere rinviate o cancellate dalla lista. Anche se si tratta di opere poco utili, le proteste sono vibrate. Meglio lasciare che gli enti locali che protestano se le finanzino da soli.

STRETTO DI MESSINA, LARGO DI MANICA

Ha senso mantenere in attività  la Stretto di Messina spa? E’ un’impresa interamente in mano pubblica, costituita per promuovere e coordinare la costruzione del famoso Ponte. Ovvero di un progetto che è stato accantonato. Ma anche se si volesse riprenderlo, questa società  non sarebbe necessaria perché non è operativa, e la progettazione e costruzione del Ponte sono in mano ad altre imprese. In compenso, secondo il bilancio 2006, tra dipendenti, amministratori, affitti e varie altre voci l’intero carrozzone costa circa 21milioni di euro l’anno.

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