Un nuovo approccio di ricerca mostra che non è la spesa in istruzione di un paese a determinare i risultati scolastici dei suoi studenti. Il fattore fondamentale è il livello generale di efficienza del settore pubblico. Perciò riforme parziali del sistema educativo volte ad accrescere la trasparenza o la concorrenza nella distribuzione delle risorse, seppur positive, avranno solo un impatto limitato. Da ripensare e rendere più efficiente è la pubblica amministrazione. Un obiettivo che richiede tempo e un consenso generale.
Categoria: Investimenti e innovazione Pagina 27 di 32
Nelleconomia italiana la tecnologia si diffonde lentamente e, se si diffonde, provoca scarse ricadute produttive. E un problema di non facile soluzione. Ci vogliono lavoratori e imprese con caratteristiche diverse da quelle oggi prevalenti nelleconomia italiana. Di sicuro, questi problemi strutturali non sono stati nemmeno scalfiti da politiche di incentivazione come i sussidi allacquisto dei PC degli ultimi anni.
I paesi a più alto tasso di crescita sono quelli che hanno saputo trovare nuove specializzazioni. Per l’Italia dovremmo perciò riflettere su un “Progetto di sperimentazione industriale su larga scala”. Non risolverà tutti i nostri problemi industriali, ma dovrà rappresentare un metodo nuovo di ricerca e di lancio di nuove specializzazioni fondato sull’imprenditorialità, mirato soprattutto a chi ha ambizioni e idee più che denaro. Quanto alle risorse, finanziarie e umane, si dovranno probabilmente coinvolgere banche e giovani imprenditori stranieri.
Quali sono le prospettive di finanziamento della ricerca economica in Europa? Non troppo rosee, soprattutto se confrontate con l’esperienza americana. Per migliorare la situazione, gli economisti europei dovrebbero diventare migliori “politici”. Dovrebbero imparare a suscitare interesse e apprezzamento da parte di un pubblico ampio e a utilizzare i mezzi di informazione e le tecniche di comunicazione. Soprattutto, dovrebbero riuscire a sollecitare quella amplissima domanda, pubblica e privata, di conoscenza dei fatti economici che è in gran parte ancora latente.
Recenti studi confermano che la probabilità di introdurre un’innovazione di prodotto dipende in misura significativa dall’ammontare di ricerca realizzata all’interno dellimpresa. Si crea così un terreno fertile che facilita l’assorbimento di nuova tecnologia e rende più probabile anche l’introduzione di innovazioni di processo. Per questo gli incentivi statali devono essere certi e duraturi. Ed è un errore assimilare le spese in R&S a quelle per impianti e macchinari: tanto le prime sono volatili a livello aziendale, quanto le seconde sono durature.
In questi mesi, università ed enti di ricerca si sono sottoposti a un complesso sistema di valutazione della ricerca, messo a punto dal Comitato di indirizzo per la valutazione della ricerca. Efficace solo se sono note con largo anticipo le conseguenze della valutazione sulla distribuzione delle risorse. Invece la comunità scientifica conosce poco l’attività del Civr e le conseguenze che i giudizi di valutazione avranno sulla ripartizione dei fondi del ministero. Cerchiamo di fare maggiore chiarezza sulla questione con questa intervista a Franco Cuccurullo.
La Finanziaria 2006 contiene varie misure per incoraggiare la ricerca e l’innovazione. Tra le altre, c’è l’abolizione delle tasse sui brevetti. Peccato che solo in febbraio le tasse sul deposito, il rinnovo e anche l’imposta di bollo sui brevetti fosse stata aumentata del 30 per cento. Che deve aspettarsi un potenziale inventore sulla tutela della proprietà intellettuale in Italia? E l’abolizione è poi una buona idea? Eppure, per incentivare la ricerca e l’innovazione non servono tanti interventi, ma pochi e duraturi.
Il 6 luglio scorso, il Parlamento europeo ha respinto una controversa proposta di direttiva sulla brevettabilità dei software elaborata dall’esecutivo UE e approvata dal Consiglio nel marzo scorso. Lavoce.info si era occupata del tema nei mesi scorsi, con alcuni articoli che riproponiamo ai lettori.
Se in Europa la ricerca non riesce a colmare il divario con gli Stati Uniti è perché manca una vera concorrenza fra atenei per assicurarsi i professori e gli studenti più bravi. Rifacendosi al processo di Lisbona, le istituzioni europee dovrebbero favorire questo cambiamento di mentalità. E lasciare da parte i troppo burocratizzati programmi attuali, che finiscono per finanziare ricerche e ricercatori di secondo piano. Ma è soprattutto da iniziative decentralizzate e cooperative come lavoce.info e il Cepr che possono venire i risultati migliori.
Il dibattito sui dazi rischia di focalizzarsi sulla difesa di settori di specializzazione produttiva che ci condannano sempre più ai margini della competizione internazionale. Dovremmo invece cercare di cogliere le grandi opportunità che la Cina offre. Da dieci anni il Governo cinese cerca di attrarre investimenti esteri in settori a media e alta tecnologia, attraverso incentivi di varia natura alle imprese dei paesi avanzati. Potrebbero avvantaggiarsene quelle aziende italiane che hanno ancora una posizione di riconosciuta leadership tecnologica e manageriale.