Se si escludono le tecnologie della comunicazione, il ritardo dellItalia negli investimenti in It è ancora più grave di quello che appare. Non solo perché si dà scarsa importanza alla ricerca e sviluppo, ma anche perché il nostro paese ha da tempo abbandonato la produzione di beni ad alto contenuto tecnologico. Invece, il nostro declino economico può essere superato solo rafforzando questa filiera produttiva. Tra la produzione e lutilizzo di It esiste infatti una complementarietà troppo spesso trascurata.
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In Italia il ruolo della sola ricerca e sviluppo nellaccelerazione del processo di sostituzione di lavoro poco qualificato con quello qualificato è marginale. Più impatto ha invece linnovazione organizzativa, ovvero lintroduzione di significativi cambiamenti nelle funzioni interne allimpresa. Servono perciò maggiori investimenti in tecnologie digitali, che consentono innovazioni di prodotto e di processo, ma anche organizzative. E va promosso il riorientamento del sistema scolastico verso competenze generaliste e capacità logiche e relazionali.
Continua sul nostro sito il dibattito sull’ Iit. Riproponiamo per i nostri lettori i contributi di Aberto Alesina e Francesco Giavazzi, Luigi Spaventa, Giovanni Peri, Massimiliano Tani,Tullio Jappelli e Marco Pagano, Renato Bozio e Guglielmo Weber e Daniele Checchi assieme ai numerosi commenti pervenuti.
Levidenza empirica dimostra un grave ritardo dellItalia nella ricerca scientifico-tecnologica. Perché il sistema non riesce a generare i giusti incentivi e investimenti. La nascita dellIstituto di tecnologia potrebbe perciò avviare un benefico processo di competizione con i centri di eccellenza già presenti nel nostro Paese. A patto che, sullesempio di altri Institutes of Technology di successo, sappia attrarre finanziamenti dai privati e sia gestito in modo autonomo da scienziati.
Comunicazioni e collegamenti più rapidi e più facili rendono meno definitive le fughe di scienziati e studiosi dal paese di nascita. E più che allemigrazione, dovremmo guardare allinterscambio di capitale umano tra un paese e laltro e alla mobilità delle idee. Per beneficiare delle innovazioni e delle conoscenze generate a livello internazionale e necessarie al suo sviluppo economico, lItalia potrebbe allora favorire il passaggio di ricercatori stranieri sul proprio territorio.
Il progetto Iit nasce zoppo. Troppo esigue le risorse assegnate per incidere sul divario degli investimenti in ricerca e sviluppo che separa lItalia dagli altri paesi. Troppa la distanza dal sistema di ricerca preesistente per costruire soluzioni alternative ai mali cronici che affliggono la ricerca nazionale, come lassenza di meritocrazia, ma anche per costituire un reale effetto di incentivo in grado di attivare maggior concorrenza. Difficile che riesca ad attivare un intreccio virtuoso tra formazione avanzata e ricerca.
LIstituto italiano di tecnologia potrà avere un ruolo positivo se saprà trovare finanziamenti importanti anche al di fuori del settore pubblico. E se saprà interagire con il sistema delle imprese e i centri di eccellenza già esistenti in Italia. Determinanti anche la scelta della sede e la struttura organizzativa. Se queste condizioni saranno soddisfatte, potrà raggiungere lobiettivo di sviluppare ricerca di altissimo livello e di generare nel medio periodo ricadute tecnologiche interessanti per lindustria.
Se nascerà come un nuovo centro di ricerca, lIstituto italiano di tecnologia non avrà risorse sufficienti per competere a livello internazionale, sottrarrà alcuni degli scienziati più dinamici ai centri già esistenti e avrà poche ricadute sul sistema della ricerca in Italia. Il decreto che lo istituisce è però estremamente vago e lascia spazio per altre proposte. I fondi stanziati potrebbero essere utilizzati per premiare i nostri poli di eccellenza e stimolare la concorrenza nella comunità scientifica.
Negli Stati Uniti torna l’associazione tra investimenti in tecnologie dell’informazione e crescita della produttività. In Italia, nonostante gli annunci sul sostegno alla digitalizzazione dell’economia, dalla tecno-Tremonti scompaiono gli incentivi alle imprese per l’installazione di nuove attrezzature informatiche. Aumenta così il divario che separa il nostro da altri paesi europei, più consapevoli che queste tecnologie sono strumenti di riorganizzazione industriale indispensabili per non perdere competitività.
Un eccesso di regolazione impedisce in Italia l’accesso a dati essenziali per svolgere attività di ricerca. A esserne penalizzato è anche il dibattito sulle principali questioni economiche e sociali. Gli ostacoli maggiori arrivano dalle norme che salvaguardano la riservatezza delle persone, partendo dal presupposto sbagliato che il ricercatore abbia interesse a violarle. Ora, una nuova proposta di legge intende garantire una maggiore libertà d’azione.