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L’ANNO DEL DOHA ROUND

Si può fare: il ciclo di negoziati sul commercio globale denominato Doha Round può concludersi con un accordo entro il 2011. La regolamentazione del commercio entrerebbe finalmente nel ventunesimo secolo. E il Wto potrebbe passare a occuparsi delle problematiche di nuova generazione. Servirà però l’intervento diretto dei capi di Stato e di governo, per accettare i compromessi necessari e dimostrare così quell’atteggiamento illuminato rivelatosi indispensabile ogni qual volta si sia dovuto concludere un accordo commerciale multilaterale, fin dal 1940.

I VERI PERCHÉ DELLA RIVOLUZIONE EGIZIANA

Le cause della rivoluzione egiziana di questi giorni non sono da individuare nel deterioramento della situazione economica del paese. A partire dal 2000, sono state avviate varie riforme che hanno permesso negli ultimi cinque anni una crescita media del 5 per cento l’anno e una diminuzione della disoccupazione. Le manifestazioni nascono probabilmente dalle condizioni sociali e politiche dell’Egitto. Dove a non trovare lavoro sono soprattutto i giovani più scolarizzati. Gli stessi che peraltro appaiono profondamente tradizionalisti. La tranquillità dei mercati finanziari.

LA TUNISIA E LA TRAGEDIA ARABA

I paesi arabi sono caratterizzati da regimi sistematicamente repressivi, oltre che inefficienti e improntati a un’eccezionale longevità politica. Alla base del regime c’è sempre il clan, costituito dalla famiglia allargata del presidente. Tutto ciò causa una stagnazione politica eccezionale, che provoca un rapporto nevrotico tra mondo arabo e Occidente, di cui l’Iraq è l’esempio paradigmatico. E fa nascere un sentimento d’umiliazione esacerbato dal fallimento economico generalizzato.

La Cina: troppo autoritaria e troppo liberista

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per i vostri commenti. Alcune critiche sembrano tuttavia non cogliere il punto: al di là del giudizio che si può dare sul ruolo delle nostre truppe in Afghanistan, lì inquesto momento c’è un pezzo del nostro paese ed è doveroso per un Presidente del Consiglio essere al fianco dei nostri soldati. E’ davvero strano che nessuna voce si sialevata in questi giorni anche dai banchi dell’opposizione per chiedere che Berlusconi, pur con ritardo, faccia quello che Blair, Cameron, Obama e Zapatero hanno fatto datempo. Non c’entra l’ideologia. E’ una questione di ruoli istituzionali e di civiltà. Tutto qui.

Sulle regole è tempo di realismo

A Seul con l’adesione del G20 all’accordo di Basilea 3 si è simbolicamente chiuso il ciclo di discussioni iniziato due anni prima a Washington. La dura realtà del mondo post-crisi lascia poco spazio alla retorica della rifondazione radicale del sistema finanziario. Bisogna invece concentrarsi su tre direttrici: dare maggiore rappresentanza alle economie emergenti nelle istituzioni internazionali, intensificare l’integrazione del mercato dei capitali, favorire il monitoraggio del sistema finanziario. Un’agenda certo più limitata. Ma rispettarla sarebbe già un successo.

 

L’anno perduto degli aiuti allo sviluppo

L’Italia stanzia sempre meno risorse per gli aiuti allo sviluppo. Anzi, gli unici che restano sono quelli obbligatori determinati dall’Unione Europea e da questa gestiti. Non è una scelta lungimirante per le nostre ambizioni di media potenza perché azzera ogni possibilità per il nostro paese di adottare politiche bilaterali incisive. Oltretutto, non offre neanche evidenti benefici economici. Diverso il giudizio se si guarda alla vicenda dal punto di vista dei paesi riceventi perché l’Europa è un donatore migliore di noi per tutte le dimensioni della qualità dell’aiuto.

 

Non tutti i debiti sono uguali

Il debito è davvero così centrale nella crisi e nella sua soluzione come si sostiene nei vertici internazionali e nelle discussioni da bar? Il livello del debito è importante perché è importante la distribuzione di quel debito. Insomma, non tutti i debiti sono creati uguali. E la spesa pubblica finanziata in deficit può permettere all’economia di evitare disoccupazione e deflazione, mentre gli agenti fortemente indebitati del settore privato risanano i loro bilanci. Lo Stato potrà rimborsare i suoi debiti una volta che la crisi di deleveraging sia passata.

 

Riforme in progress per le pensioni del Regno Unito

Il sistema pensionistico nel Regno Unito è complesso e dal 1998 ha subito varie riforme. Da una parte, si è ampliata la platea dei beneficiari della pensione pubblica, le cui indennità forfetarie sono diventate più generose. Dall’altra, si è alzata l’età di pensionamento, incoraggiato i piani aziendali e ridotto le pensioni indicizzate al salario. L’obiettivo è fare in modo che il reddito da pensione sia adeguato. Diminuirà così il numero di pensionati che necessitano dei sussidi condizionati alla prova dei mezzi. Ma nuovi interventi sono dietro l’angolo.

 

Il rompicapo degli squilibri mondiali

Per ragioni diverse, Stati Uniti e Unione Europea hanno messo al centro della scena del vertice di Seul il problema degli squilibri esterni. Riconoscere l’importanza delle partite correnti è tuttavia solo un primo passo. Più difficile è determinare quale dovrebbe essere il loro livello ottimale, come apportare correzioni e come affrontare l’asimmetria tra deficit e surplus. Bene che il G20 ne discuta, a patto però di evitare obiettivi rigidi e di indicare soluzioni chiare per una vasta gamma di campi. Servirebbe anche una maggiore fiducia reciproca.

 

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