Lavoce.info

Categoria: Internazionale Pagina 62 di 74

NON E’ TUTTA COLPA DELLA FED

Concordo in pieno sulle critiche che Stefano Micossi rivolge alla vigilanza bancaria e al fatto di non aver fermato i mutui irresponsabili già a partire dal 2005. Dissento, però, su altri punti.

La politica monetaria della Fed, il dollaro e l’inflazione

È possibile che nel 2002-2003 la Fed abbia tenuto i tassi bassi più di quanto suggerito dalla regola di Taylor. Ma dobbiamo ricordare che all’epoca era diffuso il timore di deflazione: ex-ante quello era il rischio che faceva più paura. Quanto al 2004-2006, quando i tassi a breve hanno ricominciato a risalire, l’anomalia è stata nei tassi a lungo termine, che sono rimasti stranamente bassi e nessuno sapeva spiegarsi bene il perché. Così non hanno trasmesso la graduale inversione della politica monetaria al resto dell’economia.
Se in quel periodo i tassi reali a breve fossero negativi o meno, dipende da quale misura di inflazione si utilizza: ad esempio, la core inflation è stata molto più bassa della headline inflation.
Infine, mi sembra semplicistico attribuire alla Fed l’attuale debolezza del dollaro. E l’andamento delle commodities dipende dalla Cina molto più che dalla Fed.

Il controllo della liquidità

Concordo pienamente con le critiche alla Banca d’Inghilterra, e penso anch’io che gli interventi coordinati avrebbero dovuti essere mesi in atto prima.
Ma è ancora troppo presto per dire che le tensioni sono rientrate. Per ora è sceso il tasso interbancario sulle scadenze su cui la Bce ha immesso 350 miliardi. Tuttavia, non è affatto detto che quella liquidità abbia raggiunto gli intermediari non-bancari che ne hanno bisogno. E restano i timori di insolvenza. Spero di sbagliarmi, ma non credo che basti aprire i rubinetti della liquidità per porre fine alla crisi.
Quanto ai galloni della Bce, il suo comportamento recente ha sorpreso le tesorerie di alcune banche, quelle che si erano procurate tempestivamente liquidità quando era più cara, e che ora dovranno restituirla a prezzi più bassi. Anche la gestione della liquidità deve basarsi su una politica coerente e in linea con le aspettative, e in questo la Bce non è stata esemplare.

CINA: UNA GRANDE OPPORTUNITÀ PER L’AFRICA?

La globalizzazione dei mercati sembra aver raggiunto per la prima volta anche l’Africa. Grazie al traino della locomotiva cinese, alla domanda crescente di materie prime sui mercati mondiali e allÂ’aumento dei relativi prezzi internazionali, l’economia africana è cresciuta in media di oltre il 4 per cento nel periodo 2001-06. La Cina ha un vantaggio nella costruzione di infrastrutture e l’Europa nella costruzione delle istituzioni, soprattutto quelle regionali. L’importante è che i tre attori dialoghino per garantire la coerenza dei diversi interventi.

MAL D’AFRICA

Quali sono le relazioni economiche tra I’talia e Africa? Le aziende italiane che operano nel continente sono prevalentemente piccole. Le grandi rappresentano meno del 5 per cento del totale, ma generano quasi la metà del valore delle esportazioni. Gli investimenti diretti esteri italiani, sebbene in crescita, appaiono ancora limitati. I problemi principali rimangono le risorse e la scarsa coordinazione degli attori del sistema. Ma l’area ha grandi potenzialità. La priorità è allora accrescere la capacità di internazionalizzazione delle nostre imprese.

EFFETTO FILIERA

L’internazionalizzazione dell’attività delle imprese è passaggio necessario per il loro sviluppo e la loro affermazione nella competizione globalizzata. In Italia la sua forma più diffusa è la delocalizzazione, attuata soprattutto dalle aziende medio grandi dei settori tipici del made in Italy. Dai dati 2007 emerge che delocalizzare in aree più lontane, in senso logistico o geopolitico, favorisce la recisione dei precedenti legami di subfornitura. Un effetto che la politica industriale non può ignorare per le ripercussioni sull’occupazione nel nostro paese.

Cina, l’insostenibile figlio unico

La politica del figlio unico è stata confermata dai dirigenti cinesi. Ma gli obiettivi di sostenibilità della crescita economica che la animano sono stati smentiti. I più abbienti la aggirano. Ha esasperato la disparità tra i sessi e nel 2020 almeno 40 milioni di uomini cinesi non riusciranno a trovare moglie. Preoccupa poi il progressivo invecchiamento della popolazione. Conseguenze importanti anche sul mercato del lavoro dove si prevede un blocco nell’aumento della forza lavoro, e un declino a partire dal 2013. Determinerà forti squilibri sul sistema pensionistico.

L’EUROPA ALLA GUERRA DEL RENMINBI*

La Cina avrebbe molto da guadagnare da una rivalutazione della sua moneta perché finirebbe per favorire una crescita più equilibrata. Ma una terapia d’urto non rientra nella strategia del paese e d’altra parte la lobby degli esportatori è molto influente. Dagli Stati Uniti arriva uno scenario ad alto rischio, soprattutto perché punta al coinvolgimento nella disputa delle organizzazioni internazionali. E per permettere a queste di svolgere il loro ruolo di arbitri legittimi, gli europei dovrebbero cedere seggi e voti a beneficio delle nuove potenze.

IL NOBEL ALLA TEORIA DEL DISEGNO DEI MECCANISMI

La teoria del disegno dei meccanismi analizza come vanno strutturate le istituzioni economiche e sociali in modo che producano gli effetti desiderati. Ci dice se è possibile formulare gli incentivi adeguati affinché agenti che perseguono il proprio interesse rivelino in modo veritiero la propria informazione. E’ una teoria che ha molte applicazioni. Il Nobel a Hurwicz, Maskin e Myerson potrebbe attirare un rinnovato interesse su un tema di così fondamentale importanza per la scienza economica.

SE LO SPINELLO FA MALE ALLA SCUOLA*

I ragazzi che consumano cannabis hanno risultati scolastici peggiori e abbandonano la scuola presto, soprattutto se iniziano prima dei quindici anni. Tutto ciò ha conseguenze sui loro futuri guadagni e sul tipo di lavoro che andranno a svolgere. Ma si riflette anche sull’intera società, che ne paga i costi in termini di potenziale di crescita e di tassi di occupazione. Un problema da affrontare con urgenza vista la sua diffusione tra gli studenti delle scuole superiori europee e americane. Attraverso campagne di informazione, ma anche un innalzamento dei prezzi.

SULLA STRADA IL MODELLO AMERICANO NON FUNZIONA*

Non è vero che negli Stati Uniti il limite di età a ventuno anni per il consumo di alcolici ha diminuito gli incidenti stradali mortali. Mentre gli Usa hanno registrato circa 150 incidenti mortali per milione di abitanti, con una popolazione di 300 milioni, l’Europa ne ha contati in media 95 per milione di abitanti, con una popolazione di 500 milioni. Dunque, le politiche europee sembrano più efficaci di quelle americane. E copiare le norme statunitensi non avvicinerebbe l’Unione agli obiettivi di sicurezza stradale previsti per il 2010.

LA SETTIMANA DI FUOCO DELLE BANCHE *

Quali lezioni trarre dalla vicenda Northern Rock? La prima è preoccupante: se un’ondata di panico si può scatenare nel paese finanziariamente più sofisticato d’Europa, allora può scatenarsi ovunque. E questo nonostante tutti i meccanismi di vigilanza e controllo predisposti. A crisi in atto, per impedire un peggioramento della situazione, è indispensabile intervenire con rapidità, decisione, visione chiara delle responsabilità, utilizzando tutti gli strumenti finanziari necessari. Il conflitto tra rigore scientifico e pragmatismo.

Pagina 62 di 74

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén