Per i poteri che la costituzione gli attribuisce, il futuro presidente della Francia avrà una profonda influenza anche sull’Europa. Importante dunque capire la visione del mondo dei due principali candidati all’Eliseo. Si può farlo attraverso due libri scritti da economisti che di Sarkozy e Royal sono consulenti. Vi si ritrovano parole chiave come pensioni, nanismo industriale, capitalismo familiare, tassa di successione: quasi le stesse della campagna elettorale italiana dello scorso anno.
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Nel programma economico di Royal convivono tendenze opposte. Vi si possono ritrovare i sostenitori del mondo del lavoro di ieri, con i sussidi statali e i lavori utili, e i fautori di una visione moderna dell’economia. Per i giovani ci sono proposte che hanno una logica economica coerente, destinate a favorire il primo impiego, accanto ad altre del tutto incomprensibili. Lo stesso discorso vale per gli interventi sul sistema della formazione. Buone idee su reddito di solidarietà attiva e sistema previdenziale dei lavoratori autonomi.
Nella campagna elettorale francese si parla molto poco di Unione Europea. Difficile credere che i francesi si disinteressino della questione e che i candidati non abbiano niente da dire. Probabilmente evitano un argomento scottante. Ma perché la Francia, un tempo al vertice della costruzione europea, ha perduto gran parte della sua influenza? Per due malintesi, dagli effetti disastrosi: l’idea di Europa-potenza e il rifiuto dell’economia di mercato.
Tre stralci dellÂ’ultimo World Economic Outlook del Fondo monetario internazionale; vengono trattati temi di particolare rilievo per gli sviluppi dellÂ’economia mondiale nei prossimi mesi: dalle possibili variazioni nei tassi di cambio, anche in considerazione di una riduzione del deficit della bilancia commerciale statunitense, alle conseguenze della frenata dellÂ’economia americana. Infine, gli effetti della globalizzazione della forza lavoro, unita a rapidi cambiamenti tecnologici, e le politiche necessarie per governare il fenomeno.
L’Europa è per lo più incapace di usare il suo peso economico e decisionale nella governance globale. Perché non parla con una “voce unica”. Ciò accade anche per la difficoltà dei paesi dell’Unione di definire un meccanismo di decisione interno che permetta di giungere a una posizione esterna comune. Ma la rappresentanza unica europea nelle istituzioni finanziarie internazionali e nei gruppi informali rimane condizione essenziale per una maggiore responsabilizzazione dei nuovi attori. E per lÂ’euro c’è la necessità di definire una politica da “valuta chiave”.
Negli Stati Uniti le procedure fallimentari sono regolate dall’Us Bankruptcy Code. Tre i capitoli rilevanti. Il problema sostanziale nasce dal fatto che i comuni non possono essere liquidati sotto il Chapter 7. E se il piano di ristrutturazione non viene votato dai creditori la procedura è ambigua: il giudice fallimentare può, in teoria, imporre un aumento delle imposte, la vendita delle attività e dei cespiti, il taglio delle spese. Ma non è mai successo. La migliore garanzia per il creditore sembra essere il potere del governo locale di gestire alcune imposte.
L’Italia si trova ancora di fronte a formidabili sfide, ma la sua economia non versa in condizioni tanto gravi da giustificare il catastrofismo. Il pesante rapporto debito/Pil richiede un supplemento di entrate fiscali sostenibile agli attuali tassi di interesse. Né i mercati finanziari prevedono un serio rischio di default. Se misurata attraverso l’indice dei prezzi al consumo la perdita di competitività è nettamente minore di quanto generalmente indicato. Anche sotto il profilo delle riforme strutturali la distanza con gli altri paesi si riduce.
La cooperazione economica Sud-Sud acquista un rilievo nuovo. La Cina si è impegnata a sostenere lo sviluppo dell’Africa attraverso prestiti, doni e investimenti di varia natura per un ammontare superiore ai 5 miliardi di dollari. In cambio chiede che i beneficiari vendano le proprie materie prime e utilizzino i fondi per acquistare beni e servizi da società cinesi. I paesi africani sono così considerati partner paritari, di cui per esempio è opportuno sottolineare l’attrattività come destinazione turistica. Un approccio ben diverso da quello adottato dai paesi del Nord.
LÂ’ultimo Consiglio dei Ministri tenutosi a Caserta ha approvato un disegno di legge che delega il Governo a riformare il settore della cooperazione dellÂ’Italia con i Paesi in via di sviluppo. Questa iniziativa risponde alla necessitá, piú volte sostenuta anche su lavoce.info (recentemente nella lettera aperta agli On. DÂ’Alema e Sentinelli riportata qui sopra) di mettere mano a un settore la cui legislazione era rimasta ferma al 1987, malgrado i grandi cambiamenti avvenuti nel frattempo a livello internazionale. – chiarisce e ribadisce la centralitá della lotta alla povertá nei suoi diversi aspetti come obiettivo centrale delle politiche di cooperazione allo sviluppo. – introduce il principio di ‘slegamentoÂ’ degli aiuti, prevedendo la possibilitá di utilizzare beni e servizi prodotti nei paesi beneficiari nelle attivitá di cooperazione. – concentra la responsabilitá per le varie attivitá legate alla cooperazione (quindi promuovendone la coordinazione tra i vari attori coinvolti) nel Ministero degli Esteri, assegnandone la responsabilitá ad un Vice-Ministro delegato. – crea unÂ’Agenzia autonoma per la cooperazione allo sviluppo e la solidarietá internazionale, responsabile dellÂ’attuazione delle politiche definite dal governo e di un Fondo Unico che riunisce i vari capitoli di spesa attualmente esistenti, suddivisi tra vari ministeri. Gli ultimi due punti, in particolare, rappresentano un importante passo avanti nel tentativo di riportare lÂ’Italia al passo con i dibattiti internazionali, e di mettere ordine nel frammentato “sistema Italia”. Riunificare la responsabilitá politica e la gestione dei fondi dedicati alla cooperazione allo sviluppo sono aspetti fondamentali di una politica di cooperazione piú efficace.
Malgrado il testo finale approvato non sia ancora stato reso pubblico, il documento presentato al CdM (allegato) introduce una serie di cambiamenti importanti, rifacendosi ai principi sostenuti in materia di cooperazione da Nazioni Unite e OCSE-DAC. In particolare, la proposta di legge-delega:
Esistono peró parecchi punti da chiarire che saranno determinanti per l’esito della riforma, da tenere a mente mentre il testo della legge viene sottoposto agli iter necessari. In primo luogo, il documento approvato non fa alcuna menzione del problema delle scarse risorse oggi dedicate dal governo alla cooperazione (vedi articolo https://www.lavoce.info/articoli/pagina2457.html), e non chiarisce in che modo il fondo unico verrá alimentato, ad esempio includendo le risorse del fondo rotativo per i prestiti concessionali attualmente iscritto fuori del bilancio dello stato. Inoltre, non chiarisce definitivamente il ruolo di altri Ministeri, in particolare quello dell’Economia per ció che riguarda la gestione dei fondi e la rappresentanza presso le banche di sviluppo e le istituzioni finanziarie internazionali. Infine, il testo approvato, nello sforzo di garantire un coordinamento efficace del frammentato sistema italiano di cooperazione, tralascia l’importanza di definire in che modo gli attori di cooperazione nei paesi beneficiari, governativi e non, verranno coinvolti nella definizione di strategie ed interventi, in un’ottica di partenariato e ownership.
In un recente contributo su lavoce.info, Francesco Daveri auspica che l’Italia non solo destini maggiore risorse per l’aiuto allo sviluppo, ma promuova il finanziamento di progetti in ambito sanitario. Sono obiettivi entrambi lodevoli, che certamente condivide chiunque abbia a cuore i più poveri del mondo. L’articolo lascia però intendere che nulla si sta muovendo su questo fronte. Gli impegni dell’Italia in campo sanitario Così non è. La legge Finanziaria per il 2007 compie un primo passo in questa direzione, pur in presenza di risorse molto limitate e in un contesto generale di riduzione delle spese. Il progetto Amc L’idea di Amc, nella sua sostanza, è semplice. L’industria farmaceutica investe relativamente poco per la ricerca e lo sviluppo di vaccini contro le malattie infettive che mietono vittime soprattutto nei paesi più poveri, come la malaria, il pneumococco o la tubercolosi. Alle difficoltà di natura scientifica se ne aggiunge una economica: non c’è garanzia, al momento di effettuare l’investimento, che i paesi potenzialmente beneficiari del vaccino abbiano le risorse per acquistarlo nel caso in cui la ricerca abbia successo e ne renda disponibile uno efficace, capace di salvare milioni di vite. * Ministero dell’Economia e delle Finanze
LÂ’Italia è infatti tra i sei paesi fondatori dellÂ’International Financial Facility for immunization (Iffim) – un meccanismo, lanciato pochi giorni or sono, che “cartolarizza” il flusso di contributi futuri dei donatori in modo da rendere immediatamente disponibili le risorse per lÂ’acquisto di vaccini, da destinare ai paesi più poveri, contro malattie, come la difterite e la poliomielite, che lÂ’immunizzazione ha permesso di debellare nei paesi avanzati.
Sempre nel campo dei vaccini, ma di quelli che non sono ancora disponibili, anche in relazione agli insufficienti investimenti nel settore, l’Italia si è inoltre resa promotrice, a livello internazionale, di un importante progetto: Advance Market Committment (Amc); un’iniziativa innovativa, che sfrutta la sinergia tra settore pubblico e settore privato, oltre a essere coerente con le priorità che si sono dati i paesi in via di sviluppo.
Il progetto Amc affronta direttamente questo “fallimento del mercato” e prevede la creazione di mercati “futuri” per i vaccini da parte dei donatori, che si impegnano in modo legalmente vincolante con lÂ’industria farmaceutica allÂ’acquisto di un certo numero di dosi, una volta che questi sono scoperti, certificati come efficaci da un panel di esperti e domandati dai paesi in via di sviluppo in coerenza con le proprie strategie nel settore sanitario. Si crea così un mercato profittevole che motiva le imprese a compiere investimenti in ricerca e sviluppo che altrimenti non effettuerebbero.
In questo modo intervento pubblico e iniziativa privata si alleano nella lotta contro le malattie che colpiscono i più poveri. La scelta del metodo di ricerca più promettente non viene fatta dal settore pubblico, ma dai ricercatori stessi, che, come avviene in altri campi, possono intraprendere anche strade diverse, mentre il finanziamento pubblico diretto alla ricerca inevitabilmente privilegia solo pochi approcci, non necessariamente i più innovativi.
Dal punto di vista del contribuente, poi, c’è la garanzia che le risorse impiegate vadano a buon fine, perché il denaro pubblico è utilizzato solo quando vaccini efficaci sono effettivamente disponibili. Inoltre, risorse addizionali private, motivate dalla creazione di un mercato che altrimenti non esisterebbe, vengono mobilitate nella ricerca che beneficia soprattutto i paesi più poveri subito, prima ancora dell’esborso di finanziamenti pubblici.
L’idea di Amc per i vaccini è stata avanzata già alcuni anni fa in ambito accademico, soprattutto da Michael Kremer di Harvard. Nel febbraio 2005 è stata inserita nell’agenda politica dall’Italia, che l’ha proposta agli altri paesi G8 come meccanismo innovativo per accelerare la scoperta di nuovi vaccini e contribuire allo sviluppo economico dei paesi più poveri. L’Italia, con la collaborazione tecnica di Banca Mondiale e Global Alliance for Vaccines and Immunization (Gavi), ha poi presentato nel dicembre 2005 un Rapporto al G8 dove si è illustra una proposta operativa di Amc. Il G8 lo ha accolto positivamente e ha dato a Banca Mondiale e Gavi, sotto la guida di Italia e Regno Unito, il mandato di elaborare un progetto pilota da lanciare entro il 2006.
Il progetto pilota riguarda il vaccino contro il pneumococco: la causa maggiore, tra le malattie infettive, di mortalità infantile, con un milione di vittime sotto i cinque anni, e più di uno e mezzo in totale, ogni anno. Gavi e Banca Mondiale stimano che la più rapida introduzione del vaccino, determinata dall’Amc possa salvare oltre cinque milioni di vite entro il 2030.
Il progetto pilota è stato presentato al vertice G8 di San Pietroburgo, dove ha incontrato il pieno appoggio di Regno Unito e Canada e si è deciso di aprire l’iniziativa anche ad altri paesi. In settembre e novembre sono state organizzate due riunioni a livello tecnico, a Roma e a Londra, rispettivamente, cui hanno partecipato rappresentanti di Australia, Brasile, Canada, Cina, Francia, Giappone, Italia, Norvegia, Olanda, Regno Unito, Russia, Spagna, Stati Uniti, Svezia e Svizzera, oltre che della Commissione europea e della Gates Foundation.
Le due riunioni sono state proficue e hanno permesso di finalizzare i vari dettagli operativi per consentire l’avvio dell’iniziativa. In questo momento sono in corso contatti tra i paesi e gli organismi interessati per definire le modalità di ripartizione del sostegno finanziario. Italia, Regno Unito e Canada si sono impegnati a provvedere a due terzi delle risorse necessarie, quantificabili complessivamente in 1,5 miliardi di dollari. Il lancio pubblico dell’iniziativa è previsto nei primi giorni del 2007.
Amc rappresenta un approccio innovativo alla lotta contro la povertà e le malattie nei paesi in via di sviluppo che può essere preso ad esempio anche per interventi in altri campi.