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Categoria: Stato e istituzioni Pagina 74 di 89

IL COMMENTO DI GOLDSTEIN E BONAGLIA ALL’ARTICOLO DI PERSICO E PUEBLITA – TECHNOCRACY IN GRECIA*

In un recente contributo su questo sito (1), Nicola Persico e José Carlos Pueblita hanno mostrato come in Messico la maggioranza dei ministri economici siano “cervelli” con PhD in materie economiche conseguito negli Stati Uniti e che non hanno mai partecipato a una elezione. Gli autori notano la particolarità del caso del Messico – una repubblica presidenziale dove il capo dell’esecutivo ha la possibilità di nominare direttamente i membri del governo senza sottoporsi allo stillicidio dei veti incrociati di correnti e correntine. Alcuni lettori hanno obbiettato che la tecnocrazia è anti-democratica, visto che permette a tecnici non eletti di esercitare grande potere politico senza la sanzione delle urne. Si potrebbe aggiungere che la tequila technocracy si è consolidata in un periodo in cui si sono succeduti governi di centro-destra, in particolare quelli panistas di Fox e Calderón.
Le recentissimi elezioni in Grecia offrono, con le dovute cautele, il materiale per testare questi argomenti. Dalle urne è uscito vincitore il PASOK, il partito socialista, e George Papandreou ha nominato in posizioni chiave dei tecnocrati che hanno passato all’estero periodi estesi di formazione e lavoro. Per essere più precisi, su 18 ministri otto hanno un dottorato e altri otto un Master. L’età media è bassa – poco più di 51 anni, 50 se si esclude il vice Primo Ministro Theodore Pangalos). Ad avere un dottorato sono i Ministri delle Finanze e dell’Economia – rispettivamente George Papaconsatinou e Louka Katseli – ma anche il titolare di un dicastero più politico come la Difesa. Anche i Vice-Ministri degli Esteri sono giovani tecnocrati: un 41enne ex-professore di diritto europeo all’Università di Vienna ed un 45enne con un M.Sc. in Environmental Economics dell’Università di Reading. Il nuovo Primo Ministro ha fortemente puntato su questi profili anche in campagna elettorale, definendoli “i migliori”, “coloro che non hanno interessi acquisiti” e che quindi possono fare avanzare le riforme necessarie alla modernizzazione del paese.
Se il nuovo è un governo molto tecnocratico, non è il primo nella recente storia greca. Nel 1989 per esempio, a seguito del risultato inconclusivo delle elezioni ed in un contesto di crisi economica, i tre maggiori partiti nominarono Primo Ministro Xenophon Zolotas, ottantacinquenne ex-governatore della Banca di Grecia e autore di un importante libro di economia del benessere (2). Ma soprattutto, i Primi Ministri che si sono succeduti al potere dal 1993 hanno impressionanti credenziali accademiche. Andreas Papandreou aveva un Ph.D. ad Harvard e insegnò lì ed in altre prestigiose università americane prima di tornare in Grecia; Costas Simitis ha studiato diritto a Marburgo ed economia alla London School of Economics; e Kostas Karamanlis ha un PhD. alla Fletcher School of Law and Diplomacy di Tufts.
Come si arriva allora ad affidare il potere a un gruppo di persone con competenze nel campo economico? Nel caso messicano, il potere era saldamente nelle mano del PRI e la cooptazione era semplice – il termine dedazo indicava la pratica con cui il presidente “additava” il suo successore. In Grecia invece ci sono vere e proprie dinastie politiche. L’attuale Primo Ministro è figlio di Andreas Papandreu che a sua volta era figlio di un Georgios Papandreu tre volte a capo del governo tra il 1944 e il 1965; il suo predecessore è nipote di Konstantinos Karamanlis, già Primo Ministro e Presidente; Konstantinos Mitsotakis, a capo del governo nel 1990-93, il cui padre e nonno erano parlamentari, aveva come zio Eleftherios Venizelos, una delle figure maggiori della politica greca del XX secolo. Non a caso in tutte queste famiglie così importanti i figli erano inviati a studiare all’estero – Spiros, il fratello di Simitis, è per esempio professore alla Goethe di Francoforte ed uno dei maggiori esperti europei di diritto di privacy and security.
Persico e Pueblita identificano altri fattori che hanno contribuito ad alimentare la rivoluzione tecnocratica in Messico. Alcuni, ma non tutti, sembrano importanti anche in Grecia. I tre membri del consiglio della Banca di Grecia, in particolare, hanno tutti ricevuto un dottorato all’estero, sono tornati per insegnare all’Università di Atene e poi hanno integrato la banca centrale. Molto simile il profilo dei due precedenti governatori (Lucas Papademos e Nicholas C. Garganas). Come in Messico, anche in Grecia le assunzioni nel settore pubblico – almeno nel passato recente – incoraggiano i concorrenti esterni e quindi solleticano l’interesse dei numerosi economisti greci sparsi in Nord America ed Europa. Dopo aver passato otto anni all’OCSE, George Papaconstantinou tornò in patria nel 1998 come consigliere del Primo Ministro per la società dell’informazione.
Un altro fattore importante nel caso messicano è la possibilità per i burocrati di usare l’impiego nell’amministrazione come trampolino di lancio per lucrosi impieghi privati. Abbiamo guardato ad un piccolo campione – i 70 amministratori di cinque delle sei principali società greche (3) – trovando che soltanto quattro corrispondono alla definizione di tecnocrate. Per esempio Michalis G. Sallas, Chairman di Piraeus Bank, che ha un PhD ad Heidelberg ed è stato professore di econometria all’Università Panteion, Segretario Generale del Ministero del Commercio e Chairman del primo comitato per la modernizzazione del settore bancario; oppure Panagis Vourloumis, Managing Director di OTE, che ha studiato alla London School of Economics ed ha diretto la divisione Southeast Asia dell’International Finance Corporation. Né possiamo dire che la rapida progressione di carriera sia una sicurezza per un tecnocrate ellenico. Un’altra differenza è che mentre i ministri messicani sono veri e propri tecnocrati, che raramente sono stati eletti e hanno seduto in Parlamento, i loro colleghi greci hanno spesso una considerevole esperienza politica, ad Atene oppure a Strasburgo e Bruxelles.
Per concludere, i motivi che portano i tecnocrati al potere sono molti e diversi. Al di là della criticità dei problemi – ma, del resto, quale paese non ne ha! – non sono moltissimi gli elementi in comune tra Grecia e Messico, eppure ambedue i paesi si contraddistinguono per il rilievo delle posizioni di responsabilità coperte da individui con elevato grado di educazione ricevuta all’estero in materie socio-economiche. C’è cioè in ambedue i paesi la consapevolezza che un certo grado di conoscenza formale è utile per esercitare il potere. Ovviamente la tecnocrazia non è garanzia di risultati brillanti – pochi detentori di obbligazioni argentine si sentirebbero di sottoscrivere l’affermazione che “Domingo Cavallo merits our admiration for his great achievements to date and for his indomitable courage” (4) – ma quello che abbiamo cercato di dimostrare è che essa è compatibile con differenti orientamenti politici e strutture istituzionali. Poi ovviamente rendere conto dell’operato agli elettori rimane la miglior garanzia per il buon funzionamento della democrazia.

(1) “Là dove tornano i cervelli”, 1 settembre 2009.
(2) Economic growth and declining social welfare (New York: New York University Press, 1981).
(3) cioè National Bank of Greece, Alpha Bank, OTE, Piraeus Bank e Coca-Cola (Hellenic Bottling). I dati prosopografici dei membri del consiglio d’amministrazione di Eurobank EFG non sono disponibili sul sito della società.
(4) Arnold C Harberger, “Secrets of Success: A Handful of Heroes”, American Economic Review, 1993, vol. 83, issue 2, pages 343-50.

* Le posizioni espresse nell’articolo sono attribuibili esclusivamente agli autori e non coinvolgono in nessun modo gli Enti per cui lavorano.

QUESTO PATTO NON SCOPPIA DI SALUTE

Il Governo ha finalmente proposto alle Regioni il nuovo Patto per la salute per il 2010-2011. Il documento è un mero aggiornamento di quello del 2006 e non tiene conto della mutata situazione economico-sociale né della legge sul federalismo fiscale. Ci sono molti adempimenti che hanno l’obiettivo di tagliare la spesa pubblica. Ma manca una strategia di politica per la salute. E non si affrontano seriamente neanche i problemi di efficienza, a partire dalla spesa farmaceutica, responsabile di buona parte dei disavanzi delle Regioni con squilibri di bilancio.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Un certo numero di lettori ritiene che il Messico non possa essere preso ad esempio per l’Italia, perché tutto sommato in Messico ci sono più problemi che in Italia. Capisco il punto, ma a mio parere ciò non ci vieta di identificare alcuni punti specifici in cui il Messico sembra fare meglio dell’Italia, per cercare di saperne di più e magari imparare  
qualcosa. Peraltro, proprio il fatto che il Messico deve fare fronte a gravi problemi rende più sorprendente, e forse più interessante, il fatto che riesca a far bene in certi settori specifici.
Alcuni lettori obbiettano che la tecnocrazia è anti-democratica. A tal proposito cito gli USA dove, come altri lettori ricordano, i tecnici ricoprono spesso posizioni chiave di policy-making, e nessuno pensa che ciò metta in pericolo la democrazia.
In ultimo, un lettore ci domanda chiarimenti su una politica di prelievo del 2% operata dalle banche. Crediamo che il lettore si riferisca a una politica per cui ogni banca è tenuta a trattenere il 2% di ogni deposito bancario. Le somme trattenute saranno poi dedotte dalle tasse dell’intestatario del conto corrente. Questa norma è stata introdotta per  
combattere l’evasione fiscale.

LÀ DOVE TORNANO I CERVELLI

In Messico la maggioranza dei ministri economici sono tecnici che non hanno mai partecipato a una elezione. Fanno parte di una tecnocrazia formatasi negli Stati Uniti e rientrata nel paese per assumere importanti incarichi governativi. Potrebbe accadere la stessa cosa anche in Italia, con il ritorno dei molti cervelli emigrati all’estero? E’ assai improbabile perché da noi mancano altri fattori fondamentali che hanno permesso la nascita e l’affermazione della tequila technocracy. A partire dal fatto che il Messico è una repubblica presidenziale.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per gli interessanti (e talvolta energici!) commenti. Rispondo brevemente.

Alcuni lettori argomentano che le cose non vanno fantasticamente in Messico, e che quindi non si può prendere il Messico come esempio di buon governo. In particolare, l’alto indice di Gini del Messico è preso da alcuni lettori come indice di una mancanza di sensibilità sociale delle politiche messicane. A questo riguardo osservo che dal 1982, anno che segna l’inizio della tequila technocracy, l’indice di Gini è sceso dal 50 al 45 percento (si veda http://en.wikipedia.org/wiki/File:Gini_since_WWII.gif ), segno di una tendenza verso un maggiore egualitarismo, ancorché in partenza la distribuzione del reddito fosse molto diseguale. Più in generale, nel valutare la performance di governo si deve necessariamente tenere conto delle condizioni iniziali. E’ chiaro che il Messico ha un retaggio di povertà e vari altri problemi che non scompaiono in pochi anni. La corruzione diffusa, che alcuni lettori menzionano, esiste, certo, ma è un fatto in parte culturale che predata il 1982 e che non mi sembra possa attribuirsi in prima battuta alla governance economica post-1982.

Alcuni lettori obiettano all’associazione fra tecnocrazia e buon governo, e/o vedono la stessa tecnocrazia come una casta sui generis. Non voglio certo dire, in astratto e in generale, che essere un politico di professione è dequalificante per ministeri tecnico-economici. Ovviamente non tutti i tecnocrati sono o saranno esempi di virtù amministrativa, ne’ tutti i politici sono inetti. La questione, in concreto, è se il meccanismo di selezione che consente per esempio ad un Antonio Gava di divenire ministro delle Finanze (1987-88) è meglio o peggio, in media, di un meccanismo in cui viene privilegiata la conoscenza tecnica e, magari, una certa (relativa, magari) estraneità alla politica elettorale di lungo corso.

Colgo l’occasione per evidenziare un possibile problema del meccanismo di selezione tecnocratico quale è in Messico. Dando per buona che in Messico la presenza di un meccanismo di selezione sia in parte basato sulla capacità di ottenere un PhD in una università americana, e nonostante il fatto che per ottenere questo obiettivo una condizione necessaria è avere notevoli abilità “cognitive”, rimane il fatto che ci vogliono anche i soldi. Un ragazzo povero in Messico non può permettersi di andare al tipo di scuole, quasi tutte private, che sono il percorso necessario per essere ammessi a un PhD negli USA. Quindi, una tecnocrazia selezionata su questa base sarà anche, in media, una tecnocrazia di estrazione almeno benestante.

Alcuni lettori suggeriscono che la tecnocrazia non è la pietra filosofale e che altre doti quali il buon senso, il “senso dello stato”, ecc., sono almeno altrettanto importanti. Sono d’accordo sull’importanza di queste qualità, e auspico moltissimo anch’io la nascita di una “onestocrazia.”

Chiudo ringraziando per i commenti e con una osservazione. Il nostro dibattito su una Casta soffocante ed egoista ha un precedente storico nella Progressive Era negli Stati Uniti. Così come oggi in Italia, la popolazione americana degli anni 1890-1920 era stufa di essere comandata da caste politiche chiuse, corrotte ed inefficienti, particolarmente forti nelle grandi città, e sensibili per lo più alle esigenze della popolazione di ceto meno abbiente. In contrapposizione a queste caste si affermarono le idee del Progressive Reform Movement, un movimento di elites benestanti che riponevano fiducia nella capacità di risolvere problemi, sociali e di governo, della scienza e della expertise disinteressata . I presidenti Theodore Roosevelt e Woodrow Wilson, per esempio, furono parte del Reform Movement.(1) Voglio ricordare in particolare la cosiddetta “Wisconsin Idea”, l’idea che i docenti dell’Università del Wisconsin potessero contribuire attivamente al miglioramento delle condizioni sociali, ciò che fecero partecipando a numerosi incarichi amministrativi statali.(2) Insomma, non c’è nulla di nuovo sotto il sole.

(1) Si veda http://en.wikipedia.org/wiki/Progressive_Era
(2) Si veda http://www.wisconsinidea.wisc.edu/history.html

WELFARE SOCIO-SANITARIO: SE LO CONOSCI LO RIFORMI

Da vent’anni la riforma del welfare socio-sanitario italiano è costantemente al centro dell’attenzione. Ciò non significa, però, che si abbia una chiara rappresentazione del sistema. Se lo si analizza meglio, si scopre un quadro della spesa frammentato tra una molteplicità di attori, famiglie comprese, che gestiscono quote diverse di risorse. E’ arrivato il momento di decidere il livello di governo del settore, di offrire un’interfaccia unica agli utenti e di coordinare l’attività assistenziale direttamente acquistata dalle famiglie con quella pubblica.

RONDE DALTONICHE

Dopo la legge che istituisce gli “osservatori volontari”, detti comunemente ronde, un decreto e diverse circolari precisano puntigliosamente caratteristiche e ambiti operativi dei volonterosi cittadini che dovrebbero vegliare sulla sicurezza e sulle situazioni di disagio sociale degli italiani. Le loro organizzazioni non possono essere emanazione di partiti, sindacati e tifoserie. Meno male! I loro membri non devono essere daltonici né avere ridotte capacità olfattive, uditive e di espressione visiva. E sembra persino che non siano autorizzati a usare il telefono a gettone. Nessuna stima dei costi dei controlli di questi requisiti. Forse perché nessuno si preoccuperà di verificare che vengano messi in pratica.

TEQUILA TECHNOCRACY

Negli ultimi venticinque anni in Messico è arrivata a importanti incarichi di governo una tecnocrazia formatasi nelle migliori facoltà di economia degli Stati Uniti. Ciò ha permesso di realizzare riforme strutturali fondamentali, tanto più meritorie in un paese con un retaggio di gravi problemi economici e sociali. In Italia, invece, una prospettiva simile non è neanche pensabile. Perché la classe politica premia più la fedeltà di partito che la competenza.

MANAGER PUBBLICO SFIDUCIATO

Il decreto Brunetta rappresenta una “rivincita della legge” non solo sui contratti, ma sull’autonomia dei dirigenti e delle singole organizzazioni. Eppure, il fatto che i manager pubblici abbiano sinora fallito non può giustificare il ritorno indietro rispetto alla imprescindibilità della funzione. Non è realistico e produrrà come unico risultato l’allontanamento dai nodi veri. Il primo dei quali è la risoluzione dei conflitti di interessi dei responsabili della gestione con l’interesse pubblico più generale. A cominciare dalla contrattazione e dai rapporti con la politica.

SE NASCE IL PARTITO DEL SUD

Come si spiega il successo elettorale della Lega? E perché si parla di un possibile Partito del Sud? Se, storicamente, il dibattito politico si concentrava sui trasferimenti fra gruppi sociali, oggi le decisioni ad alta tensione, per le quali la rappresentanza è importante, riguardano sempre più la distribuzione territoriale delle risorse. Il peso politico dei gruppi di interesse caratterizzati socialmente è quindi destinato a diminuire, e ad aumentare quello delle aggregazioni caratterizzate geograficamente. Interessi ricomponibili in un modello federale.

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