I dati amministrativi e quelli Istat sulle forze di lavoro convergono nel segnalare la crescita delle posizioni di lavoro e degli occupati a tempo indeterminato. Ma non sono solo di trasformazioni o transizioni all’interno della medesima impresa. Importanza degli incentivi e analisi da completare.
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Il decreto di attuazione del Jobs Act prevede la possibilità di assegnare il lavoratore a mansioni inferiori alla sua qualifica, ma anche un vero e proprio “patto di dequalificazione”. L’obiettivo di rendere il mercato più dinamico creando nuova occupazione e la rinuncia a diritti fondamentali.
Stessi salari, ma produttività più bassa: perché un imprenditore dovrebbe investire nel Mezzogiorno? È da qui che bisogna partire per affrontare in modo concreto la questione meridionale. E se le gabbie salariali non sono oggi riproponibili, si può forse intervenire sulla componente imposte.
Il rapporto tra tecnologia e lavoro è storicamente difficile. A volte tanto da far passare in secondo piano i vantaggi che un più diffuso uso delle macchine ha portato alla popolazione. Ancora oggi, però, l’istruzione si dimostra il pilone portante del progresso non solo tecnico, ma anche sociale.
La confusione generata dal ministero del Lavoro induceva al pessimismo, invece i dati pubblicati dall’Istat mostrano un calo della disoccupazione e un aumento dell’occupazione. Sarebbe bene ora che le varie istituzioni cominciassero a scambiarsi le informazioni statistiche.
L’esperienza di altri paesi suggerisce che un salario minimo definito a livello adeguato e, soprattutto, differenziato per età e aggiornato spesso può essere uno strumento utile per combattere il rischio povertà. Ma da solo non basta.
All’inizio del 2015 la Germania ha introdotto un salario minimo. Non mancano i problemi, legati al livello della paga e agli effetti sull’occupazione. Per noi italiani è comunque un esempio utile da studiare se si vuole adottare un minimo salariale senza aggravare le situazioni già difficili.
La strategia di flessibilità adottata in Europa negli ultimi vent’anni ha originato una forte segmentazione dei mercati del lavoro. I dati mostrano che l’accesso a forme di occupazione stabile è diventato problematico. E non si vede l’aumento di posti di lavoro che avrebbe dovuto comportare.
Eurostat dice nove mesi, ma l’Ocse calcola che a un laureato italiano servano quasi quattro anni per trovare un lavoro stabile. E in più, prima, ha impiegato molto più tempo per arrivare alla laurea rispetto ai coetanei europei. Così si accumulano differenze di capitale umano difficilmente colmabili.
Il salario minimo è diventato un tema caldo in giro per il mondo. Quale potrebbe essere un livello adatto per l’Italia? Per fissarlo è necessario che sia in proporzione alla produttività ed ai salari prevalenti nelle varie realtà territoriali.