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LA RISPOSTA A PIERO MARTELLO

Ringraziamo il Dr. Martello per il suo gradito commento che consente di continuare il dialogo su una questione di grande rilevanza.
Riconosciamo che i nostri dati non sono recenti, ma hanno il vantaggio di consentire la misurazione della durata totale effettiva di tutti i processi iscritti a ruolo in un dato periodo, fino alla loro completa conclusione. La considerazione di cause recenti generalmente non consente questa possibilità.
In ogni caso, ciò che invita ad una riflessione nei nostri risultati non è tanto la durata media dei processi, quanto la variabilità di durate e di orientamenti decisionali tra i giudici di una stessa sede, posti di fronte a fattispecie statisticamente simili. Il dato medio riportato dal Dr. Martello, che è indice di miglioramenti davvero notevoli del Tribunale di Milano nel suo complesso, non è però rilevante ai fini del valutare la variabilità al suo interno. Ma se egli volesse darci accesso ai dati recenti del suo tribunale potremmo verificare se la variabilità tra magistrati che noi abbiamo riscontrato nel 2003-2005 permanga ancora, sia per i tempi che per gli esiti del giudizio.
La nostra ipotesi è che se anche guardassimo ai dati recenti, emergerebbe un variabilità analoga, che non può lasciarci indifferenti  pensando a come è percepita dal cittadino.  Ovviamente, non mettiamo in discussione il metodo dell’assegnazione casuale dei procedimenti ai magistrati di una stessa sede, che costituisce il modo in cui viene applicato, in molti tribunali, l’art. 25 della Costituzione (“Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”) assicurando che non vi sia alcun tipo di correlazione tra il giudice e i casi a lei o lui assegnati. I termini che abbiamo usato a questo proposito (lotteria e roulette russa) non intendono affatto criticare questo metodo di assegnazione e tantomeno si riferiscono ai criteri di giudizio del singolo giudice. Servono solo a sottolineare il dato di fatto della marcatissima aleatorietà che ne deriva sia nei tempi di giudizio sia nei criteri con cui vengono giudicate fattispecie statisticamente identiche.
La pluralità degli orientamenti giurisprudenziali è un valore positivo, quando serve a correggere un orientamento dominante, sostituendolo con un altro orientamento dominante migliore. Ma se – particolarmente nella materia del lavoro – dovesse risultare che la pluralità degli orientamenti giurisprudenziali è il puro e semplice effetto, stabile nel tempo, dellÂ’orientamento pro-business o pro-labor di ciascun singolo magistrato, allora occorrerebbe chiedersi se non esistano tecniche normative migliori per proteggere la sicurezza economica e professionale dei lavoratori.
Al cittadino interessa l’effetto reale delle norme, non l’effetto che, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbero avere. Il nostro articolo voleva solo sollevare un dubbio. Ossia che l’attuale disciplina generi risultati troppo aleatori per essere accettabili, proprio in considerazione del rango costituzionale degli interessi in gioco. Abbiamo provato semplicemente a “dissotterare” il problema, perché se ne possa discutere con piena cognizione di causa. E anche con quella attenzione alla trasparenza sui dati che costituisce un principio fondamentale di democrazia oggi sancito e precisato dalla legge n. 15/2009 e dallÂ’art. 14 del Collegato-Lavoro 2010.
Proprio per questo consideriamo estremamente positivo il fatto che, per la prima volta nel nostro Paese, gli uffici giudiziari dei tre più importanti Tribunali italiani abbiano applicato integralmente questo principio, consentendo concretamente la ricerca di cui stiamo discutendo e, in particolare a Roma, sperimentazioni innovative finalizzate ad analizzare e risolvere questi problemi. Auspichiamo che questo esempio sia seguito da tutti gli altri uffici giudiziari, perché l’indispensabile e urgente perseguimento della maggiore efficienza della giustizia in Italia, a cui in primo luogo i magistrati tengono, passa anche attraverso questa scelta.

ARTICOLO 18: C’È UNA SOLA STRADA

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LA RISPOSTA DEGLI AUTORI

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VALORIZZARE LE DONNE CONVIENE*

Le principali “rivoluzioni silenziose” che la società deve fare perché ci sia una parità reale tra donne e uomini: quella dell’istruzione -in Italia quasi compiuta- quella del lavoro femminile -ancora ampiamente irrealizzata- quella dei carichi familiari -“tradita” dagli uomini”- e quella della presenza nella politica -timidamente incominciata. Il nostro paese, dunque, è indietro, soprattutto se raffrontato agli altri paesi europei. Ecco che cosa deve fare la politica per aiutare a colmare la differenza.

LA ROULETTE RUSSA DELL’ARTICOLO 18

La protezione di un diritto fondamentale della persona è affidata alla roulette russa che si attiva con l’assegnazione casuale dei processi per cause di lavoro a giudici molto diversi tra loro per tempi e orientamento della decisione. È quanto emerge da una ricerca sulle cause tra lavoratori e datori di lavoro nei tre maggiori tribunali italiani: Milano, Roma e Torino. Gli esiti di ogni azione sono affidati, in ultima istanza, al caso.

IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE GIOVANILE E TOTALE

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LA RICETTA SPAGNOLA SUL LICENZIAMENTO

La riforma del lavoro in Spagna abbassa i costi del licenziamento per motivi economici o senza giusta causa. Sono modifiche ragionevoli, anche se con immediate conseguenze sociali negative. Nel medio termine dovrebbero avvantaggiare donne e giovani. Faranno anche aumentare il contenzioso. E dunque l’incertezza per il datore di lavore, nemica di nuove assunzioni. Non si interviene però in alcun modo sui contratti di lavoro temporaneo. In ogni caso, la riforma va affiancata da una vigorosa politica in difesa della concorrenza, per ridurre i prezzi sui mercati meno competitivi.

MERCATO DEL LAVORO IN SPAGNA: UNA BUONA RIFORMA

La riforma del mercato del lavoro varata in Spagna, pur non risolvendo tutti i problemi, può contribuire a porre fine alla distruzione dei posti di lavoro e favorire la creazione di nuova occupazione. Perché dà la priorità agli accordi a livello di impresa, permette riduzioni temporanee dell’orario di lavoro e facilita la flessibilità interna. A patto, però, che il parlamento spagnolo intervenga introducendo alcuni cruciali cambiamenti. E che il governo riesca a spiegare ai cittadini i contenuti e i fini della riforma.

CI VUOLE UNA VERA RIFORMA DEL LAVORO

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ARTICOLO 18 TRA TABÙ ED EFFICIENZA

Nel dibattito sull’articolo 18 è utile confrontare il valore sociale della tutela rispetto al costo che comporta. Nonostante sia una forma di garanzia poco efficiente e ancor meno equa, i sindacati e i lavoratori le attribuiscono un alto valore simbolico. D’altra parte, l’analisi della propensione delle imprese a crescere in prossimità della soglia dei 15 dipendenti suggerisce che il costo sia modesto. Questa evidenza mette in dubbio che una riforma del mercato del lavoro debba necessariamente iniziare proprio dalla revisione dell’Â’articolo 18.

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