Lavoce.info

Categoria: Lavoro Pagina 81 di 118

SALARI E OCCUPAZIONE, LE CONSEGUENZE DI MIRAFIORI

Il dibattito sul piano Fiat si è finora concentrato sugli aspetti di democrazia sindacale e ha ignorato gli effetti macroeconomici. Cosa accadrebbe a occupazione e salario reale se l’accordo venisse esteso all’intero sistema di relazioni industriali dell’economia? Bisogna distinguere tra un prima e un dopo gli investimenti. Nel breve termine, il salario reale tenderà a ridursi e l’occupazione ad aumentare. Nel medio periodo, una volta effettuati gli investimenti, anche i salari dovrebbero aumentare insieme all’occupazione.

LE COSE NON DETTE SUL CASO FIAT

L’obiettivo principale degli accordi di Pomigliano e Mirafiori è la governabilità degli impianti. La Fiat vuole garanzie prima di effettuare gli investimenti, nella convinzione che il sistema di relazioni industriali italiano non sia adeguato alla gestione di grandi impianti. Ma la sfida competitiva per il nostro paese si gioca in buona parte proprio sulla capacità di aumentare il numero di organizzazioni complesse e di grandi dimensioni. Sarebbe ora di mettere mano a una riforma organica del diritto del lavoro che affronti insieme la flessibilità interna ed esterna.

LE RELAZIONI INDUSTRIALI DOPO MARCHIONNE

L’accordo Fiat mette fine al contratto nazionale di lavoro che ha caratterizzato le relazioni industriali del dopoguerra. Nel nuovo scenario saranno le singole imprese a decidere se applicare il contratto nazionale o ricorrere a un contratto aziendale, che consenta di adattare le condizioni contrattuali alle vicende aziendali, sempre più diversificate anche all’interno di uno stesso settore. Si ridurrà così la funzione sindacale classica. E le rappresentanze delle imprese saranno relegate alla funzione di lobby, con pochi strumenti per intervenire sulla politica economica.

FACCIAMO UN PO’ DI LUCE SUL LAVORO NERO *

L’andamento del tasso di irregolarità nel periodo 1980-2009 suggerisce che esistono elementi particolarmente resistenti alle politiche anti-sommerso. Perché sono fattori di natura strutturale. Ma se siamo di fronte a un tasso sistemico di sommerso, solo con politiche e riforme a spettro e durata altrettanto ampia si può sperare di ottenere risultati visibili e persistenti. Tuttavia, se l’intento è lo sradicamento del lavoro nero, allora lo strumento migliore è la realizzazione di una pubblica amministrazione onesta e funzionale.

PERCHÉ È COSÌ LENTA LA RIPRESA ITALIANA

La ripresa dell’economia italiana nel 2010 è stata lenta. Per due ragioni. Alcune aziende guadagnano quote di mercato, ma ce ne sono molte altre che stanno perdendo competitività, il che fa salire le importazioni. E i consumi privati e pubblici sono frenati dal cattivo andamento del mercato del lavoro e dalle politiche di bilancio restrittive. Per un migliore 2011, è cruciale che la crescita diventi un fenomeno più diffuso. Con piccole imprese che crescono e giovani lavoratori che non vengono tenuti ai margini per troppi anni.

Infortuni sul lavoro tra povertà e sommerso *

Gli incidenti sul lavoro in Italia sono apparentemente meno della media europea, anche se il tasso effettivo è probabilmente più elevato. La discrepanza è dovuta all’esistenza di una fiorente economia sommersa e all’influenza della criminalità organizzata nelle regioni del Sud, che impedisce la denuncia degli infortuni. Sempre nel Mezzogiorno vive circa il 67 per cento delle famiglie in povertà relativa. L’obiettivo primo dovrebbe essere perciò la riduzione del tasso di povertà, sia combattendo il sommerso, sia con stanziamenti ad hoc gestiti dalla Conferenza delle Regioni.

 

Meno lavori, più precari

La parola ai numeri: disoccupazione

 

Il disagio occupazionale in Italia non accenna a diminuire. A ottobre il tasso di disoccupazione ha raggiunto il massimo da quando esistono le indagini mensili dell’ISTAT, ovvero dal 2004 (rispetto alle serie storiche trimestrali dal I trimestre 2003 quando la discoccupazione era 9,1%). A questo tasso bisognerebbe aggiungere il numero di persone a tempo pieno le cui prestazioni sono state ridotte a zero ore grazie ai trattamenti di Cassa Integrazione (gli istogrammi nel grafico dividono il totale di ore autorizzate per il numero medio di ore mensili di un lavoratore a tempo pieno). Sommando i due dati si giunge a un indice di disagio occupazionale superiore all’11 per cento.

C’è ancora qualcuno che osa sostenere che la crisi da noi ha avuto solo un modesto impatto sul mercato del lavoro?

Mi manda papà

La mobilità sociale in Italia è tra le più basse in Europa. I risultati dei figli per reddito, livello di istruzione o tipo di lavoro riflettono spesso quelli ottenuti dai padri. Certo, le scelte individuali dipendono delle risorse economiche della famiglia o dal tipo di sistema sociale. Ma influiscono in maniera cruciale anche le preferenze. Per esempio, avere genitori occupati nel settore pubblico o genitori imprenditori ha effetti diversi sull’avversione al rischio. Il ruolo delle preferenze nelle politiche per favorire l’integrazione fra gruppi sociali.

 

Imprese più solide contro il precariato

I problemi finanziari delle imprese italiane accentuano la dualità del mercato del lavoro. Una recente ricerca dimostra che sono meno propense ad assumere con contratti a tempo indeterminato le aziende che hanno più problemi a ottenere finanziamenti bancari. E usano di più i contratti a termine per assorbire variazioni inattese nel livello di domanda. Dunque misure volte a ridurre i vincoli di accesso al credito potrebbero contribuire ad aumentare l’offerta di contratti a tempo indeterminato e frenare così il precariato.

 

Pagina 81 di 118

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén