A inizio 2015 la Fed aveva annunciato l’intenzione di alzare i tassi entro fine anno. Siamo a settembre e la variazione ancora non c’è stata. La banca centrale Usa mina così la sua credibilità . E rischia di aumentare l’incertezza sui mercati finanziari. Il ruolo di orientamento delle aspettative.
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Il 60 per cento degli italiani è favorevole ad abbandonare il denaro contante per passare a quello elettronico. Anche perché questa forma di pagamento renderebbe più difficile l’evasione, la corruzione, le attività criminali e molte altre pessime abitudini. Il vero ostacolo e i molti alibi.
Le riforme strutturali possono rivelarsi addirittura dannose, se non sono accompagnate da simultanee misure di espansione della domanda. Ma in una unione monetaria ciò è precluso e la politica monetaria non può agire da cinghia di trasmissione tra sacrifici e benefici.
Se davvero la crescita economica nei paesi avanzati è scesa in modo duraturo, siamo tutti più poveri di quanto pensassimo. Non rimane che ridurre la spesa pubblica per evitare gli errori del passato. Come possiamo imparare dai casi storici, in particolare da quello del Giappone.
Il Quantitative easing della Bce è ai blocchi di partenza. L’obiettivo finale è riaccendere il motore della crescita in Europa. Intanto, le borse festeggiano e gli spread calano. Eppure, ci sono anche rischi. Legati alla conclusione dell’operazione e alla bolla finanziaria che avrà generato.
La riforma delle quote di proprietà delle Banca d’Italia voleva creare un mercato di quelle quote. E prevedeva la possibilità di una banca centrale azionista di se stessa. Adesso, con il Quantitative easing, la norma introdotta un anno fa rischia di avere conseguenze paradossali.
Quali sono gli effetti del Quantitative easing sull’economia italiana? Ricostruzione del meccanismo di trasmissione e impatto su tasso di cambio e rendimenti dei titoli di Stato. Ma anche su esportazioni, investimenti, disoccupazione e consumi. Per il 2015 la stima è di +0,40 per cento sul Pil.
La situazione dell’Eurozona fa pensare che il Qe annunciato dalla Bce non sarà molto efficace né disincentiverà le riforme strutturali. Permetterà però alle banche del Sud Europa troppo esposte sul debito sovrano di risolvere il problema dell’adeguamento ai nuovi requisiti di capitale.
L’architettura scelta per il Qe europeo lascia aperti alcuni interrogativi. Meglio sarebbe procedere attraverso una sorta di grande cartolarizzazione, che permetterebbe di rendere quasi privi di rischio di credito i titoli acquistati, senza alcuna mutualizzazione delle perdite.
Draghi ce l’ha fatta: ha servito il Qe al tavolo del Consiglio Bce. Ha dovuto condirlo in salsa europea per farlo mangiare anche ai tedeschi (lo digeriranno?), ma va bene così. Adesso bisogna che le altre politiche non remino contro, a cominciare dalla vigilanza bancaria della Bce stessa.