Un paese può uscire legalmente dall’euro? L’opinione dominante è che non sia possibile senza una modifica dei Trattati. In realtà , vanno esaminate tre differenti ipotesi. L’estromissione di uno Stato dalla moneta unica o dalla Unione Europea sembra giuridicamente impossibile, mentre l’uscita del blocco dei virtuosi è ammissibile, ma costituzionalmente rivoluzionaria. Il recesso volontario dei paesi in default non è previsto, ma non trova ostacoli giuridici insormontabili. E i partner europei potrebbero suggerirlo come soluzione obbligata ai paesi in default.
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Un taglio dei tassi è stata la prima mossa della Bce a guida Mario Draghi. Ma è solo una correzione ragionevole o un vero e proprio cambio di regime di politica monetaria? Oggi, alle banche centrali si chiede di dare segnali sul futuro. E di questo non c’è traccia nel comunicato della Bce. Soprattutto, la forte incertezza sui mercati finanziari e la crisi del debito sovrano richiederebbero una politica monetaria eccezionale. Ovvero l’impegno convinto e di durata prestabilita per un programma di acquisto di titoli dei paesi dell’area euro, con l’obiettivo esplicito di contenere gli spread.
Anche nelle situazioni più gravi, non bisogna affidarsi solo agli strumenti eccezionali, bisogna assicurarsi che quelli tradizionali funzionino bene. La politica monetaria è particolarmente efficace per stimolare la domanda interna, grazie alla svalutazione del tasso di cambio così prodotta. Invece la Bce è la banca centrale meno espansiva sia in termini di tassi d’interesse che di offerta di moneta. Il prossimo Consiglio direttivo dovrebbe perciò abbassare in maniera sostanziosa i tassi d’interesse di riferimento, liberandosi dei fantasmi di un passato ormai molto lontano.
La Fed ha scelto di intervenire con una Operation Twist invece che con una operazione di quantitative easing. I mercati l’hanno accolta con una certa freddezza. Perché denota un condizionamento politico, dei Repubblicani, sulla banca centrale americana. Ma soprattutto perché in questo momento il problema non è la domanda, ma l’offerta di credito. Le banche sono riluttanti a prestare soldi per la forte incertezza. Così una parte crescente di imprese e famiglie viene esclusa dall’accesso al credito. E non c’è compressione dei tassi di interesse che possa cambiare la situazione.
La metafora dell’auto che percorre un’autostrada e si ritrova improvvisamente su un percorso accidentato è utile per comprendere quanto accade oggi nelle economie occidentali. Perché si passa dalla stabilità alle turbolenze? E come tornare su strade più tranquille? Sembra crearsi un circolo vizioso tra maggiore incertezza e maggiore avversione al rischio da un lato e stato dell’economia dall’altro. Ma se il volano della paralisi è il circolo vizioso, la politica economica deve adoperarsi in tutti i modi per evitare che si autoalimenti. Non è quello che sta facendo l’Europa.
La scelta del prossimo Governatore della Banca d’Italia ruota intorno a tre nomi. Ma non è tanto ai nomi dei candidati, peraltro tutti di grande esperienza e competenza, che si dovrebbe guardare, quanto ad almeno due peculiarità del sistema economico italiano: la necessità di salvaguardare l’indipendenza delle Autorità di vigilanza e gli intrecci fra società quotate e Stato, che trovano un punto di sutura nel settore bancario e nei loro proprietari. Vanno a favore di una designazione interna alla nostra banca centrale. Senza rischi di autoreferenzialità .
In un paese in cui la classe dirigente ha scarsissima cultura economica e le statistiche non sono considerate un bene pubblico, le Considerazioni finali del Governatore di Banca d’Italia sono molto importanti. Le sei stilate da Mario Draghi non mostrano alcuna accondiscendenza verso il potere politico. Molte delle sue raccomandazioni non sono state ascoltate, ma hanno tolto copertura alla difesa dello status quo. Chi lo sostituirà in Banca d’Italia deve essere altrettanto indipendente: per questo non può venire dalle fila dell’esecutivo. Un post scriptum a commento di una proposta di Eugenio Scalfari.
L’aumento del tasso di interesse deciso dalla Bce è un avvertimento a banche e governi: la stampella monetaria sta per finire. Le banche non potranno più ottenere prestiti in quantità illimitata dalla Bce. Devono perciò mettere ordine nei bilanci e raggiungere un livello di capitalizzazione adeguato per accedere ai mercati finanziari. I governi devono avviare un aggiustamento delle finanze pubbliche e ripristinare la sostenibilità del debito nel lungo periodo. Nel frattempo, la crisi del debito sovrano di alcuni paesi va gestita con interventi tempestivi di Efsf e Esm.
La crisi della Grecia prima e degli altri paesi alla periferia della zona euro attualmente, hanno posto drammaticamente la possibilità del fallimento del progetto economico e politico dell’euro. Molti economisti hanno proposto soluzioni diverse e non necessariamente alternative per cercare di porre rimedio alla crisi. Concentrandoci sugli aspetti istituzionali riportiamo qui, in forma schematica, le proposte formulate fino a questo momento.
Il problema del sistema economico internazionale non è quello dei tassi di cambio. Basta guardare i dati su Stati Uniti, Cina, Europa e Giappone. Quindi non si può affrontarlo in termini di guerra delle valute, che al massimo sono il sintomo di una malattia che ha origine altrove. La questione cruciale è la forte divergenza tra i principali paesi del mondo sugli obbiettivi di crescita e di stabilità economica. A Seul, allora, i leader del G20 farebbero bene a tentare di comprendere i problemi altrui, prima di ricorrere a mosse unilaterali pericolose per tutti.
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