Lavoce.info

Categoria: Moneta e inflazione Pagina 28 di 34

CINQUE DOMANDE PER IL DOPO-CRISI

La crisi impone un ripensamento di alcune certezze che avevano caratterizzato la politica macroeconomica nel periodo precedente. A partire da cinque domande, che mettono a fuoco i punti essenziali su cui riflettere. Un basso tasso di inflazione è un risultato storico, ma c’è una differenza tra fissarlo al 2 o al 4 per cento? Autorità monetarie e di regolamentazione devono continuare a essere entità separate? A chi devono dare liquidità le banche centrali? Come creare maggior spazio per le politiche di bilancio nei prossimi anni? E come rendere piu’ efficaci gli stabilizzatori automatici?

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo tutti i lettori per i loro commenti. Rispondiamo collettivamente. Intanto, un aggiornamento. La settimana scorsa la Grecia ha emesso titoli quinquennali per 8 miliardi di euro; la domanda è stata di 25 miliardi; il rendimento offerto è elevato (6,2%) ma non drammatico (l’Argentina paga il doppio). La capacità del governo greco di emettere agevolmente debito – pur pagando un adeguato premio al rischio – dimostra che i mercati finanziari stanno scommettendo sul fatto che il paese, se necessario, verrà aiutato dagli altri (bail out). Sembra quindi prevalere l’idea che questa sia la scelta più conveniente per gli altri paesi europei, come suggerito nel nostro articolo.
Peraltro, concordiamo con i numerosi lettori (lo dicevamo in conclusione dell’articolo..) che sottolineano la contraddizione tra l’unione monetaria e l’assenza di coordinamento tra le politiche fiscali e macroeconomiche dei paesi membri. In assenza della possibilità di svalutare, occorrerebbe un accentramento delle decisioni in materia di politica fiscale e macroeconomica, per evitare l’accumularsi di forti divergenze tra un paese e l’altro. Per quanto estremamente difficile sul piano politico, questa dovrebbe essere la direzione in cui muoversi nel futuro, se si vuole evitare che problemi simili si ripetano.
Un’altra osservazione giusta è che l’Italia – insieme ad altri paesi quali Spagna e Portogallo – non è messa molto meglio della Grecia, quanto a debito pubblico. Ma è messa meglio in termini di capacità di esportare, il che significa che l’apparato industriale del paese, almeno in parte, ha saputo aggiustarsi ai nuovi vincoli indotti dalla moneta unica. Questo rende più sostenibile il nostro debito pubblico nel lungo periodo. Inoltre, in questa fase i mercati finanziari penalizzando in modo particolare la Grecia, probabilmente per la inaffidabilità dei suoi conti: avere rivisto in modo repentino e vistoso i saldi di finanza pubblica genera incertezza sulla vera entità del risanamento necessario.
Infine, molti lettori osservano, giustamente, che per rimanere nell’area euro la Grecia – così come altri paesi mediterranei – sarà costretta ad attuare politiche assai impopolari. Vero. Ma è anche vero che l’uscita dall’euro spingerebbe quei paesi verso uno “scenario argentino”, fatto di insolvenza, svalutazione, inflazione, tassi d’interesse elevati, ecc. Qual è il male minore?

Perché la Grecia non può fallire

Occhi ancora puntati sulla Grecia, soprattutto per gli effetti che la gestione del caso potrebbe avere sul destino futuro e la governance della moneta unica europea. Un intervento di sostegno al paese potrebbe avere effetti negativi sulla credibilità dell’unione monetaria. Ma i costi del non intervento sarebbero ancora più alti. Resta il problema di come evitare che simili eventi si ripetano in futuro. Più in generale è sostenibile un’unione monetaria in cui i paesi membri continuano a essere sostanzialmente sovrani sul piano fiscale?

Grecia, come scongiurare l’effetto domino

La crisi della Grecia avrà un effetto destabilizzante per tutta l’area euro? La possibilità di un default del governo greco è in realtà remota, ma è vero che i mercati e le agenzie di rating danno segni di nervosismo. Anche nell’ipotesi peggiore, si può comunque evitare una crisi di sistema. Basta che gli altri stati dell’area offrano un aiuto finanziario. Che avrebbe costi decisamente inferiori a quelli già sostenuti per il salvataggio delle banche durante la crisi finanziaria. Soprattutto, i governi dell’eurozona dovrebbero rendere chiara la loro posizione sulla questione.

QUANDO VA SOTTO ZERO IL TASSO UFFICIALE

Tassi di interesse nominali negativi sono tecnicamente possibili. E infatti la banca centrale di Svezia ha portato il proprio tasso ufficiale a -0,25. Generalmente è una decisione inutile, perché in quel caso gli agenti preferiscono tenere la moneta invece di utilizzarla per alimentare prestiti e investimenti. Tuttavia, la Bce potrebbe tassare le riserve bancarie. Ma è il momento giusto per farlo, proprio quando si è cercato in tutti i modi di sostenere i bilanci delle banche? Uscire da una trappola della liquidità non è evidentemente un percorso semplice.

IL PASSAPORTO DI EUROLANDIA*

I criteri per l’ingresso nell’area euro sono stati fissati negli anni Novanta, quando l’Unione Europea aveva dodici membri. Niente è cambiato in fatto di regole quando gli stati sono arrivati a ventisette. Ora è sopraggiunta la crisi e ripensare i parametri è diventato indispensabile. Si possono mantenere gli attuali quattro indicatori, rendendo però più sensati i requisiti numerici. Ad esempio, legandoli alla media dell’area e non ai tre paesi più virtuosi. Stabilità e credibilità della moneta unica non sarebbero in pericolo. Anzi, aumenterebbe la fiducia.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per i commenti. Non si può non concordare con quello che interpreta l’episodio come un  sintomo della tensione tra una politica monetaria unica e un quadro di politica economica frammentato su linee nazionali. Aggiungo che in un momento in cui si avanzano con enfasi proposte per rifondare la finanza sulla base di regole e di richiami all’etica colpisce che un paese fondatore dell’UME proponga norme che, oltre ad andare contro consolidate regole contabili e fiscali, intaccherebbero l’indipendenza finanziaria e istituzionale della Banca d’Italia e dunque dell’Eurosistema di cui questa è parte integrante.  Da qui discendono, tra l’altro, le funzioni eminentemente pubbliche di un istituto di diritto pubblico. Questi aspetti non sono inficiati dal dato storico di banche e assicurazioni private, oltre a enti pubblici, tra gli azionisti. Un esempio a questo riguardo è la remunerazione puramente simbolica del capitale, mentre è lo Stato, tra imposte sui redditi societari e retrocessione che ottiene benefici prevalenti dalla redditività della Banca d’Italia.
Tornando alle regole che, se accettate, devono poi essere  rispettate se se ne vuole preservare la credibilità e quindi l’efficacia segnaletica nei confronti degli operatori di mercato, merita di essere sottolineato che  il secondo parere del 24 luglio della BCE; curiosamente, a differenza del primo, di questo non c’è sinora traccia nei comunicati stampa del MEF né  sul sito della Banca d’Italia) sull’emendamento all’originaria norma sulla tassazione delle plusvalenze auree è, se possibile, ancor più negativo (o se si vuole “più ostativo”) sui temi dell’indipendenza finanziaria e istituzionale della Banca d’Italia e dell’incompatibilità del divieto di finanziamento monetario del settore pubblico. Ciò lascia facilmente intravvedere il rischio concreto dell’apertura di una procedura d’infrazione per violazione delle prerogative della BCE ai sensi dell’art. 230 del Trattato.
Molte delle obiezioni all’emendamento presentato il 15 luglio erano prevedibili; non si può escludere che la durezza formale nelle dettagliate argomentazioni della BCE sia  stata stimolata anche dalle forme nella risposta al primo parere. Basta ricordare l’evoluzione nell’aggettivazione del previsto parere della BCE, da favorevole a non ostativo; un inciso, che si presta a interpretazioni beffarde, “ nella misura idonea a garantire l’indipendenza finanziaria e istituzionale della Banca centrale” in successive versioni dell’emendamento;  motivazioni nella lettera del Ministro al Presidente della Camera circa la ratio di un’imposizione sulle plusvalenze maturate, anche se non realizzate, che suggeriscono un’analogia, che non esiste nel nostro ordinamento, tra il trattamento fiscale dei redditi da capitale per le persone fisiche che sottoscrivono fondi comuni di diritto italiano e quello di una società.  

PERCHÈ LA BCE NON VUOLE LA TASSA SULL’ORO

La Bce ha dato parere negativo all’imposta sulle plusvalenze sulle riserve di metalli preziosi per uso non industriale, prevista nel decreto anticrisi. La norma metterebbe a rischio l’indipendenza finanziaria della Banca d’Italia, con ripercussioni negative sulla conduzione della politica monetaria dell’intero eurosistema. E potrebbe consentire l’aggiramento del divieto imposto dal Trattato al finanziamento dello Stato da parte della banca centrale nazionale. Un ripensamento sulla politica di riserve ufficiali potrebbe esserci alla scadenza del Gold Agreement.

VITE DA BANCHIERI DI IERI E DI OGGI

Correva l’anno 1272 ed Edoardo I d’Inghilterra intratteneva eccellenti rapporti d’affari con alcuni banchieri italiani. In un sistema che potremmo descrivere come una variante antica del modello Northern Rock, i Ricciardi si affidavano ai prestiti interbancari per finanziare il credito concesso al re. Ma a partire dal 1290 si verificò una crisi di liquidità simile a quella innescata negli Stati Uniti dai subprime nel 2007. Con esiti disastrosi. E un monito della storia per i governi di oggi, che iniziano a chiedersi come pagare gli obblighi che continuano ad assumersi.

E LA BANCA CENTRALE VA IN TERRITORI INESPLORATI

Le normali politiche monetarie adottate dalle banche centrali non funzionano in una crisi economica come quella attuale. Sono necessarie misure non convenzionali: come aumentare la qualità di moneta comprando titoli di stato. E’ quanto ha fatto la FED che ha seguito una strategia basata su tre misure: prestare alle istituzioni finanziarie, fornire liquidità direttamente ai mercati monetari e del credito, acquistare titoli a lungo termine.. La BCE. Invece, non ha intrapreso questa via. Il motivo? Il prestatore di ultima istanza è uno solo, lo Stato. Difficile svolgere questo ruolo senza un’autorità fiscale alle spalle, che ripiani eventuali perdite.

Pagina 28 di 34

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén