A parte il picco post-svalutazione nel 1994-95, negli anni Novanta lItalia ha perso ininterrottamente quote commerciali. Mentre altri paesi che come noi hanno sempre fondato sulle esportazioni la crescita economica sono riusciti a mantenerle sostanzialmente invariate (la Francia) oppure le hanno addirittura incrementate (la Germania). La perdita di competitività dellItalia non è quindi interamente attribuibile alleuro forte. Gli elementi discriminanti sembrano risiedere nelle dinamiche dei prezzi domestici e della produttività dei fattori.
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La diffusa percezione in vasti strati della popolazione di una perdita di potere di acquisto dovuta a prezzi più elevati si spiega col fatto che spese importanti nel bilancio famigliare, come gli affitti, sono aumentate considerevolmente. Il patto fra Governo e commercianti non servirà ad affrontare questo problema. Al contrario, rievoca vecchie filosofie di controllo della dinamica dei prezzi che non hanno mai funzionato. Lasciamo ai commercianti la libertà di fare saldi a piacimento e anche di allungare gli orari di apertura: di questo non possono che beneficiarne i consumatori. E garantiamo piena libertà di ingresso nel settore.
Il costo del denaro non influenza solo lintensità ciclica della domanda aggregata, ma determina la qualità degli investimenti e delle forme di risparmio. I bassi tassi attuali potrebbero perciò essere un sostegno artificiale a una crescita qualitativamente insufficiente, mentre lEuropa, e lItalia in particolare, necessita di incentivi a investire capitale di rischio in progetti innovativi ad alta profittabilità attesa. Senza contare che anche per il risparmiatore i tassi bassi hanno svantaggi e possono far danni.
Ancora su inflazione reale e percepita. Cercando di calcolare tassi differenziati per verificare se laumento del costo della vita ha colpito alcune famiglie più di altre, modificando così la distribuzione del reddito. Il tasso di inflazione incide in misura leggermente superiore sulle famiglie più ricche, ma le differenze sono piuttosto contenute. E se basata sui prezzi dei beni che pesano maggiormente nei rispettivi panieri, limpressione di rincari generalizzati consistenti vale per le classi di reddito più alte come per le più basse.
La Banca centrale europea non cambia politica monetaria per rispondere allapprezzamento delleuro. Troppe incertezze per decidere un taglio dei tassi. Potrebbe però ricorrere a interventi sul mercato dei cambi acquistando le principali valute asiatiche. I vantaggi sarebbero un tasso di cambio della divisa europea coerente con landamento del ciclo economico in Europa e in Asia, senza effetti distorsivi nellallocazione delle risorse nellarea euro. E lespansione della liquidità potrebbe favorire la ripresa.
In una economia di mercato leccessivo aumento dei prezzi è impedito dalla libera concorrenza, unita a una politica monetaria adeguata. E infatti tra le competenze del Comitato euro non cera nessun riferimento al controllo dei prezzi, né avrebbe potuto essere diversamente. Più che continuare a discutere degli effetti delleuro sullinflazione, dovremmo preoccuparci di eliminare gli ostacoli alla concorrenza e aiutare così leconomia italiana a diventare più efficiente e competitiva.
In Europa non cè stata nessuna accelerazione dei prezzi dopo lintroduzione della moneta unica. Cè invece unanomalia tutta italiana: linflazione sale, soprattutto nei settori dove scarseggia la concorrenza, mentre leconomia ristagna e il paese perde competitività. E le retribuzioni reali sono scese dal 2000 a oggi. Il problema del malessere sociale ha le sue radici nel calo della produttività, sintomo delle difficoltà economiche strutturali. Per risolverlo non serve lottimismo di facciata.
Non leuro in quanto tale, ma lincertezza e di conseguenza la maggiore attenzione prestata ai prezzi al dettaglio con lintroduzione della moneta unica. Sarebbe questa la spiegazione del fenomeno italiano di uninflazione percepita così distante da quella reale, ma anche del ristagno dei consumi nellintera Eurolandia. Perché uno studio recente suggerisce che più i consumatori sono attenti a quanto spendono, meno spendono. E i dati aggregati, gli unici finora disponibili, sono coerenti con questa lettura.
Il dibattito post-Ecofin dovrebbe concentrarsi esclusivamente sulle ipotesi di riforma del Patto di Stabilità e non metterne in discussione lesistenza e la filosofia. È infatti un architrave della costruzione monetaria e alterarne la credibilità significa assumersi la responsabilità di mettere in discussione il futuro stesso della moneta unica. Come dimostrano anche le preoccupazioni espresse dalla Bce.
I dati sui prezzi in Italia resi noti in questi giorni hanno riacceso le polemiche sulla misurazione dell’inflazione. Riproponiamo per i nostri lettori un intervento di Luigi Guiso che cerca di spiegare le ragioni del divario fra inflazione rilevata e percepita e un commento del presidente dellIstat, Luigi Biggeri.