La discussione sull’emendamento alla Finanziaria non sempre si basa su informazioni corrette. Non è vero, per esempio, che un effetto dell’emendamento è il raddoppio della no tax area per i lavoratori dipendenti con carichi familiari. Il contributo di solidarietà poi serve a mascherare la presenza di una quarta aliquota. Ed è comunque uno sgravio per i redditi oltre i 100mila euro. Difficilmente perciò potrà essere utilizzato per finanziare aumenti di deduzioni per le famiglie a basso reddito o per le badanti.
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E’ illusorio pensare che le coperture della riforma fiscale possano derivare da sforamenti del Patto di stabilità . Se così accadesse, l’Italia si troverebbe a pagare un alto costo politico, oltre che economico. Difficile anche un allentamento condiviso dei vincoli nella direzione voluta dal nostro Governo. E per il sostegno alla competitività delle imprese, più che maggiore spesa pubblica in ricerca e infrastrutture, servirebbero misure per migliorare il contesto competitivo. Come una seria legge fallimentare o l’apertura del mercato bancario.
L’annunciata svolta epocale in campo fiscale non c’è. Anche accettando le cifre del Governo, la Finanziaria per il 2005 contiene un aumento delle imposte, non una loro diminuzione. Mentre sono andate deluse le aspettative delle imprese per misure sulla competitività , la manovra fiscale ben difficilmente potrà costituire il grimaldello che ci farà uscire dalla crisi economica. Mettendo così in discussione anche alcune voci di autocopertura. Né si sa bene cosa accadrà per studi di settore, revisione degli estimi e inasprimento sulle locazioni immobiliari.
I dati indicano che l’utilizzo dei buoni ai sedicenni per l’acquisto di un computer per l’anno 2003 è strettamente correlato con il possesso di un pc prima delle misure di incentivazione. Al programma hanno aderito soprattutto i ragazzi con più potere d’acquisto e che vivono nelle Regioni più ricche. Limitato invece l’effetto di alfabetizzazione addizionale. Per evitare che si ripetano situazioni simili, una parte delle scarse risorse pubbliche per l’innovazione dovrebbe essere utilizzata per valutare in anticipo gli effetti delle politiche che si intende attuare.
Prevista una deduzione per le persone non autosufficienti. Rispetto alla situazione attuale, il provvedimento ha il merito di introdurre una graduazione del beneficio rispetto al reddito lordo. Condiziona l’erogazione del beneficio allÂ’acquisto di lavoro regolare, ma nulla impone circa lÂ’adeguatezza delle prestazioni e certamente inadeguate sono le risorse economiche messe a disposizione. Si accantona lÂ’ipotesi di un fondo nazionale per la non autosufficienza, auspicabile invece anche per garantire un adeguato orizzonte temporale di programmazione.
Dall’emendamento finale emerge una struttura dell’Ire di quattro aliquote, dal 23 al 43 per cento. Vengono confermati gli aspetti di iniquità distributiva. Il 16,5 per cento dei contribuenti più ricchi gode del 60 per cento del totale dei tagli. E l’abbandono della proposta di aumento degli assegni familiari rende ancora più evidente i limiti dell’Ire nell’affrontare le condizioni economiche degli incapienti. Tra primo e secondo modulo, lo sgravio netto per le famiglie si riduce a poco più di sette miliardi, un quarto di quanto promesso dalla legge delega.
Suscitano perplessità le ultime operazioni della “privatizzata” Cassa depositi e prestiti. L’acquisto di una quota importante di una società di Finmeccanica è un precedente pericoloso, che potrebbe costringerla in futuro a diventare un ibrido tra banca e holding di partecipazione. Vanno perciò definiti meglio i principi operativi della Cdp, per sottrarla all’arbitrio delle pressioni politiche contingenti. E per limitare la possibilità di operazioni che creano debito pubblico occulto. Intanto, rimane il rischio di trasformare Fintecna in una piccola Iri.
Eccessiva durata dei processi: è questa la causa della crisi endemica della giustizia civile in Italia. Ma le riforme ipotizzate non risolvono la questione, anzi appaiono controproducenti. Per esempio quando delineano un modello nel quale il governo del procedimento resta molto a lungo nelle mani degli avvocati invece che in quelle del giudice. Criticabili anche gli aspetti di metodo. Le novità vengono introdotte a sorpresa, in modo disordinato e frammentario, senza il dibattito che sarebbe indispensabile in un sistema democratico.
E’ finita presto la fase della trasparenza sulla situazione dei conti pubblici. Ora la confusione è massima. E nel susseguirsi di cifre e di proposte si rischia di sperperare i pochi soldi disponibili per politiche che ci permettano di agganciare la ripresa internazionale. Perché se domina lÂ’incertezza sulla natura, lÂ’entità e la durata degli interventi, i beneficiari saranno solo le famiglie o gli imprenditori che avrebbero comunque aumentato i consumi o assunto nuovi lavoratori anche senza gli incentivi e gli sgravi fiscali.
Le Alternative Dispute Resolution sono viste dal legislatore come uno strumento in grado di snellire lÂ’enorme carico accumulato dalla giustizia ordinaria. E nell’illusione di definire in modo rapido un gran numero di controversie in molti casi ha reso obbligatorio il tentativo di conciliazione. Nella passata legislatura se ne era ipotizzato l’utilizzo in qualsiasi controversia civile avente a oggetto diritti disponibili. Il ricorso a questa sorta di giustizia privata, invece, ha senso solo in una sezione assai circoscritta di conflitti.