Cresce l’attenzione alla qualità e completezza dell’informazione statistica. E l’Istat, pur con scarso personale e mezzi, riesce a sostenere il confronto almeno con gli istituti europei. Ma per ottenere una più ampia e rapida base di produzione e diffusione di statistiche ufficiali è necessario coinvolgere maggiormente il mondo accademico e della ricerca pubblica e privata. È quindi opportuno varare un piano di sviluppo che definisca la cornice normativa e finanziaria in cui dovranno operare i diversi soggetti.
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La politica economica per essere efficiente deve avere un numero di strumenti pari a quello degli obiettivi. Alla luce di questo criterio, bisogna riconsiderare l’attribuzione di responsabilità a diverse authorities. Regolazione prudenziale significa controllare la solidità patrimoniale e integrità dei soggetti che partecipano al capitale di una banca, indipendentemente dalla struttura del mercato. La proposta riforma dell’articolo 19 del Testo unico bancario non va abbastanza lontano.
Vanno bene nuove norme che irrigidiscano le sanzioni per i comportamenti illeciti e chiariscano le competenze e i poteri delle autorità di vigilanza, anche per ridare fiducia ai risparmiatori e al mercato. Ma va corretta anche una peculiare debolezza italiana: il fatto che moltissimi soggetti che hanno accesso all’informazione finanziaria, che la capiscono, che hanno forte interesse economico a reagire, per qualche ragione reagiscono tardi o non reagiscono affatto. Con gravi danni per tutti.
Si chiama così il codice di condotta della Borsa italiana. La via dell’autoregolamentazione sembra infatti preferibile all’imposizione per legge delle regole di corporate governance delle banche. Tanto più che secondo studi recenti sono proprio questi meccanismi a determinare il giudizio sul valore degli istituti di credito, mentre l’assetto della vigilanza è del tutto irrilevante. Solo che in Italia le società che non adottano il codice non sono escluse dalla quotazione, come invece accade a Londra.
Il disegno di legge del Governo sembra prevedere per i fondi pensione una vigilanza per tipologia di intermediari. Ma è una scelta dubbia. Sempre più il fondo pensione assume la veste di organizzazione istituzionale degli interessi dei propri aderenti. E dunque ha nelle banche e nelle assicurazioni una controparte. L’affidamento della tutela della sua stabilità patrimoniale allo stesso organismo che vigila su quella degli intermediari finanziari produrrebbe un singolare conflitto di interessi.
Esiste una dicotomia tra la stabilità , ovvero la riduzione del rischio per le banche e i correntisti, e la trasparenza che dovrebbe tutelare gli investitori individuali? Le contraddizioni nella ripartizione delle competenze di vigilanza per aree di attività andrebbero superate per ricercare soluzioni che tengano conto dell’interesse generale ad avere mercati finanziari degni della fiducia degli investitori. Come è accaduto nel Regno Unito, dove le priorità e le iniziative di regolamentazione e vigilanza sono definite di volta in volta in funzione dei fattori che possono mettere a rischio il sistema.
I problemi posti dall’intreccio tra istituti di credito e imprese riguardano essenzialmente la possibilità di un eccessivo trasferimento del rischio finanziario sugli investitori. Ma le misure di riforma fin qui ipotizzate non sembrano cogliere appieno l’essenza del problema, mentre introducono distorsioni alle scelte del mercato. Andrebbe invece rafforzata la concorrenza nel settore del credito, migliorata la trasparenza sulle attività di finanziamento e introdotto il divieto di vendita al pubblico per un determinato periodo di tempo di titoli collocati a investitori professionali.
Un’analisi dei dati mostra che senz’altro l’acquisizione di Telecom Serbia è stata un pessimo affare. Ma è un giudizio facile da dare con il senno di poi. Nel 1997, l’operazione sembrava congrua con l’andamento del mercato delle telecomunicazioni. E non differiva in nulla dagli accordi conclusi in quel periodo da molti altri soggetti. Il contribuente italiano, poi, ci ha rimesso ben poco. Diverso naturalmente il discorso per gli azionisti di Telecom.
Il collocamento dei titoli in Italia passa attraverso due interventi: quello della Banca d’Italia sull’offerta di valori mobiliari, in base al Testo unico bancario. E quello della Consob sulla sollecitazione all’investimento e la prestazione di servizi di investimento, come stabilito dal Testo unico della finanza. Il primo mira ad assicurare stabilità ed efficienza al mercato finanziario nel suo complesso. Non è perciò un giudizio sull’affidabilità della singola emissione. Il secondo cerca di evitare che i risparmiatori facciano investimenti senza la consapevolezza del rischio assunto.
I crimini commessi da organizzazioni richiedono il coinvolgimento di più persone. È un elemento di debolezza che può essere sfruttato per perseguire i comportamenti illeciti. Come insegna lÂ’esperienza delle autorità antitrust, gli sconti nelle sanzioni o i premi per chi denuncia lÂ’attività illegale non devono sostituirsi alle indagini. Si rivelano infatti incentivi più efficaci se lÂ’inchiesta è già avviata. Ed è cruciale sviluppare la capacità di verifica sulle rivelazioni. Indispensabile, poi, una cultura della legalità , per affiancare alla sanzione della legge quella sociale. Riproponiamo per i lettori de lavoce anche gli interventi di Vincenzo Ferrante, Vincenzo Perrone e Luigi Zingales sull’opportunità di premiare chi denuncia illeciti.