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IL PAESE DI POLLICINO

Il nostro paese è ai primi posti della classifica europea sul rischio povertà minorile. Una situazione certo peggiorata dalla crisi economica, ma frutto soprattutto di politiche carenti e frammentarie, molto lontane da quelle degli altri paesi europei. Un piano strategico di contrasto alla povertà minorile richiederebbe un progressivo adeguamento delle risorse destinate all’infanzia dall’attuale 1,3 per cento del Pil al 2 per cento entro il 2020. Non andrebbe considerata una spesa che crea debito, ma un investimento sul capitale umano e sullo sviluppo e la crescita dell’Italia.

 

LE SOFFERENZE DELLE BANCHE. E QUELLE DELLE IMPRESE

I dati segnalano una continua crescita dei crediti bancari in sofferenza. Le banche rispondono, da una parte, con politiche di accantonamento meno rigorose rispetto al passato; dall’altra, con restrizioni del credito. Imprese solide, ma illiquide, vengono così portate al fallimento in un circolo vizioso che, alla fine, incrementa ancora le sofferenze bancarie. Fondamentale che i banchieri  tornino a selezionare con giudizio chi è meritevole di essere finanziato, perché ha un progetto imprenditoriale valido, e chi, invece, non ha più possibilità di competere sul mercato.

Se la Grecia esce dall’euro

La crisi greca si avvicina all’epilogo. Anche se tecnicamente l’insolvenza di uno Stato non implica l’abbandono dell’euro, la Grecia potrebbe essere tentata da un ritorno alla dracma. Non tanto per i vantaggi della svalutazione, quanto per riguadagnare sovranità nella gestione della politica monetaria. Per gli altri paesi dell’area, il danno principale sarebbe la perdita di credibilità della moneta unica, con l’unione monetaria di fatto declassata a un accordo di cambio. Per l’Italia le conseguenze sarebbero gravi, in termini di tassi di interesse e di fiducia nel sistema bancario.

LA FRANCHIGIA FA MALE ALLA SANITÀ PUBBLICA

Si parla di un possibile superamento dell’attuale sistema di ticket ed esenzioni nel Sistema sanitario con l’introduzione di una franchigia basata sul reddito. La manovra del luglio 2011 prevede infatti 2 miliardi di aumento delle entrate da ticket dal 2014. Ma la proposta sembra debole sotto il profilo della fattibilità, delle ricadute sociali e delle scelte di politica sanitaria. Piuttosto vanno attenuate alcune incongruenze, garantendo comunque i soggetti più deboli. Ma i ticket devono mantere il ruolo di mera responsabilizzazione degli assistiti sul consumo di prestazioni sanitarie.

QUANT’È OTTUSO IL FISCAL COMPACT

Il recente (bell’) articolo di Francesco Daveri su lavoce.info sostiene due principali tesi. La prima è che le recenti elezioni in Europa mostrano una tratto comune: la rivolta di ampi settori dell’elettorato europeo, soprattutto in Francia, Grecia, ma anche alle amministrative italiane e tedesche, contro la (auto) condanna all’austerità permanente voluta dalla Signora Merkel, e codificata nel Fiscal compact. La seconda è che esistono poche alternative al Fiscal compact, visto che a protestare di più sono proprio i paesi che, in termini di spesa pubblica, hanno “razzolato” male (peggio dei tedeschi). Sul primo punto, rilevo che le principali novità politiche delle elezioni in Italia ed in Francia, Grillo e Le Pen jr, non mi sembrano facilmente riconducibili all’austerity del Fiscal compact, quanto invece ad una protesta contro l’establishment della politica (Sarkozy in Francia e la Casta da noi) incapace e, spesso, corrotto. Diverso il caso della Grecia. Sul secondo punto, osservo che i dati riportati nell’articolo, la spesa pubblica rapportata al Pil ed la spesa “nominale” (espressa cioè in euro correnti) vanno interpretati con cautela. Circa il rapporto spesa/Pil, l’evidenza empirica (molto controversa) suggerisce che contrazioni della prima provocano una riduzione più che proporzionale del secondo (un moltiplicatore superiore all’unità), come i recenti casi della Grecia e dell’Italia indicano abbastanza chiaramente. Dunque un aumento del rapporto spesa/Pil potrebbe semplicemente avverarsi anche quando i tagli aggravano la recessione. Ancor maggiore prudenza va mostrata nell’interpretare le variazioni in termini nominali. È noto che l’origine degli attuali squilibri all’interno dell’Europa sia da ricercare nella perdita di competitività dei paesi periferici nei confronti della Germania. La Figura 1 riporta l’andamento dei prezzi al consumo in Germania (linea blu), Grecia (rossa) e Spagna (gialla).

In questi ultimi due paesi, tra il 2000 ed il 2010, i prezzi sono aumentati rispettivamente di 16 e del 23 punti percentuali  più che in Germania (1). Se allora si vuole vedere quali stati europei hanno accresciuto/tagliato i propri servizi ai cittadini, occorre correggere i dati della crescita della spesa nominale per l’inflazione. Così facendo si ottiene la Figura 2. Questa mostra che, grazie alla moderazione dei prezzi, tra il 2000 ed il 2009 la Germania è stata in grado di accrescere la spesa pubblica ben più che Spagna e Grecia (circa 20 punti percentuali di crescita reale in più). La figura mostra anche altri due aspetti importanti: dopo il 2009, i tagli in Grecia sono stati durissimi, circa il 30 per cento in termini reali. Dunque è la risposta degli elettori è comprensibile. Inoltre, a partire dal 2009 La Germania ha effettuato tagli di spesa superiori ai 20 punti percentuali in termini reali. Sta tutta qui l’ottusità del Fiscal compact: imporre corsetto recessivo per tutti, anche a chi non ne ha bisogno, aggravando le difficoltà di tutti.

(1) Questi numeri in realtà sottostimano la perdità di competitività in Spagna e Grecia. Essa andrebbe misurata confrontando i soli prezzi dei beni non commerciabili (cioè dei prezzi dei servizi privati che non sono scambiati sul mercato globale). Questi sono cresciuti più di quelli al consumo in Grecia e Spagna, mentre sono cresciuti meno in Germania. Dunque si sovrastima la spesa reale in Spagna e Grecia e si sottostima quella tedesca

LA RISPOSTA DELL’AUTORE A PAOLO MANASSE CON REPLICA

È una nota un po’ criptica: sarebbe bene chiarire, perché non viene spiegato, com’è il prezzo dei beni non commerciati non traded. Forse un indice dei prezzi dei servizi privati? Si potrebbe usare un indice dei prezzi dei servizi privati o un indicatore dei salari pubblici, seppure anche questÂ’ultimo metodo non sia del tutto adatto, in quanto poi i beni pubblici vengono spesso finanziati in deficit inficiando la proporzionalità tra salari e “prezzi al cliente”. Insomma, si tratta di un problema spinoso. Penso  che usare le grandezze nominali, eventualmente deflazionate sul Pil nominale, sia la cosa migliore per evitare problemi metodologici. Per la Spagna la perdita di competitività spiega solo una piccola parte del differenziale di spesa tra Germania e Spagna: +71 per cento in termini nominali. I prezzi dei servizi pubblici greci, invece, aumentano di più anche perché i greci sono più corrotti dei tedeschi (come succede da noi con gli appalti, i Mondiali di calcio e le Olimpiadi). Quindi lÂ’aumento dei prezzi è in parte spiegato dal peggioramento della qualità del servizio. Peggioramento di qualità che bisognerebbe sottrarre dalle quantità. Anche per questo, se non si riesce a distinguere bene tra prezzi e quantità, le grandezze nominali forniscono qualche utile indicazione.  

 

E UNA PRECISAZIONE

di Paolo Manasse

Nel mio pezzo di commento ho semplicemente dedotto dal tasso di crescita nominale della spesa l’inflazione dei prezzi al consumo. Questo verosimilmente sovrastima la crescita dei prezzi nella pubblica amministrazione (che produce servizi non tradables) in Germania, dove i prezzi al consumo crescono meno che altrove,  e viceversa  sottostima la crescita dei prezzi in Spagna e Grecia, dove i prezzi al consumo salgono più che altrove, e dunque più dei tradables. Quindi gli andamenti del grafico in effetti tendono a sottostimare la spesa pubblica in Germania e sovrastimarla in Spagna e Grecia. In altre parole se avessi avuto a disposizione indicatori migliori con cui deflazionare i valori nominali, la spesa in Germania sarebbe risultata ancor più alta e quella in Spagna e Grecia ancor più bassa.
Poi se negli ultimi anni la corruzione sia aumentata in Grecia (se è rimasta alta ma costante non ci sarebbero effetti) è difficile stabilirlo, ma credo non sia ovvio.

VERSO UN NUOVO DUALISMO: PRIVATI CONTRO PUBBLICI

Il principale difetto della riforma Brunetta era il rilievo assoluto dato alla valutazione individuale, con fasce di valutazione definite per legge e deresponsabilizzazione della dirigenza. Il ministro Patroni Griffi rinnega quella proposta, ma sembra voler distanziare quanto più possibile il pubblico impiego dalla nuova normativa del settore privato, per esempio nella disciplina dei licenziamenti. Un impiego pubblico più efficiente deve invece basarsi su un sistema premiale, con obiettivi chiari e misurabili, nel quale ciascuno si assume le proprie responsabilità. A partire dal ministro.

LO SPREAD DEL PRESIDENTE CONSOB

Nella sua relazione annuale, il presidente Consob ha dato molte informazioni. Per esempio, ha confermato che nel nostro paese la Borsa è un canale sempre meno efficace per convogliare il risparmio delle famiglie verso le imprese. Eppure, l’attenzione di tutti si è concentrata sulla parte dedicata allo spread. Ma la democrazia non c’entra, l’indicatore riflette i timori degli investitori. E per l’Italia i rischi sono legati al livello eccessivo di debito pubblico: oggi paghiamo il conto di scelte passate. Perché il vincolo di bilancio non si può eludere.

LA FUGA DI CAPITALI NEI CONTI DELLA BANCA D’ITALIA

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DEMERITOCRAZIA AL POTERE NELLA SCUOLA

A quasi cinque anni dall’abolizione delle Ssis, le scuole di specializzazione per futuri insegnanti, parte finalmente il Tirocinio formativo attivo per il conseguimento dell’abilitazione. Ed è ben congegnato perché è a numero chiuso e prevede una selezione in più fasi. Solo che ora il ministro sembra voler aprire le porte del tirocinio a chi, seppure non abilitato, ha svolto supplenze per tre anni, senza dover sottostare ai test previsti per gli altri. Una scelta che spazzerebbe via ogni programmazione legata al turnover. E che penalizzerebbe i più giovani e i più bravi.

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