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DOVE VA LA LIQUIDITÀ DELLE BANCHE ITALIANE?

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IMU, LA SPECIAL ONE

Arriva l’Imu, ma c’è poca chiarezza sulla sua disciplina. Se vuole essere un’imposta patrimoniale, allora bisogna chiarirne la portata, con un’analisi dettagliata dei suoi effetti redistributivi. Se è un’imposta locale, è necessario indicare quali siano i benefici locali che garantisce. Oltretutto, è anche un’imposta nazionale. Il suo peccato originale è la mancanza di cifre certe. E quella che è stata inizialmente definita come stima di gettito di 21 miliardi di euro, è in realtà un obiettivo minimo. Chiariti invece altri punti di contenzioso.

RITARDI NEI PAGAMENTI DELLA PA: SOLUZIONE CERCASI

La Spagna cerca di risolvere la questione dei ritardi dei pagamenti della pubblica amministrazione con un accordo che coinvolge banche, amministrazioni locali, creditori e governo. Un modello che l’Italia potrebbe copiare? Considerazioni di ordine contabile e dimensionale portano a dubitarne. Soprattutto, ogni tentativo di soluzione dovrebbe affrontare, sotto il profilo giuridico, la natura anomala di alcuni enti locali come Asl e aziende ospedaliere. Ancora più serio il problema amministrativo: molti enti non conoscono neanche la loro vera situazione debitoria.

DISOCCUPAZIONE E CIG

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LA RIFORMA È FATTA. LUNGA VITA ALLA PROSSIMA RIFORMA

Dalla mediazione tra governo e partiti è uscita una riforma del lavoro con più rigidità in uscita in cambio di meno restrizioni all’abuso di contratti temporanei rispetto alla proposta iniziale. Il compromesso ci consegna un mercato del lavoro che non risolve il dualismo e che aumenta il cuneo fiscale e la complessità della procedura di licenziamento. Ci sarebbe voluto molto più coraggio sulla limitazione delle forme di lavoro parasubordinato e sul percorso verso la stabilità di chi cerca lavoro a tutte le età. A ridurre il precariato ci penserà, inevitabilmente, la prossima riforma.

IL PRIVATO è POLITICO

E’ un vecchio slogan degli anni Settanta. Segnò l’irrompere della politica in territori fino ad allora esclusi, dalla sessualità ai rapporti di coppia all’impegno come progetto complessivo di vita. Deve essere tornato in mente a Francesco Belsito, un uomo alla cui vista proviamo un naturale moto di stima per Cesare Lombroso. Belsito, amministratore della Lega Nord, Sottosegretario alla Semplificazione, Consigliere di Amministrazione di Fincantieri, una delle maggiori imprese italiane a proprietà pubblica, un curriculum costellato di incidenti, dal diploma conseguito (forse) a Fratta Maggiore con firme dubbie del preside alle due Lauree estere da istituzioni non riconosciute, una scalata politica degna di un oro olimpico, da autista di Biondi agli albori di Forza Italia alle attuali e ben remunerate responsabilità pubbliche, una disinvoltura nei rapporti che lo vede in pericolose prossimità con personaggi della ‘ndrangheta, una naturale attrazione per gli investimenti in luoghi esotici e discreti, dalla Tanzania a Cipro. Il privato è politico, dicevamo, deve essere tornato a mente dell’ottimo Belsito quando ha pagato la fattura per il rinnovo del tinello di casa Bossi con i soldi del rimborso delle spese elettorali. Non destasse orrore, si potrebbe dire: un uomo del nostro tempo.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringrazio tutti i lettori dei commenti ricevuti.
Nessuno mette in dubbio l’opportunità di identificare univocamente i soci delle società. Questa, però, è attività che potrebbe essere fatta a basso costo (per esempio) in sede di iscrizione nel registro delle imprese, né più ne meno di quanto accade dinanzi a un altro ufficio pubblico. Un controllo di questo tipo risponderebbe sia alle generali esigenze di tutela di corretta tenuta dei registri pubblici, sia a finalità di lotta al riciclaggio o a fini di polizia. D’altronde, anche oggi i notai certo non rifiutano, né ovviamente potrebbero, di rogare atti in cui parti siano società fiduciarie, italiane o estere, o società estere a loro volta formate senza le “garanzie” notarili nei rispettivi Paesi d’origine. Rispondo qui incidentalmente anche a chi afferma che le direttive prescrivano l’intervento del notaio. Non è così: l’art. 10 della I direttiva (art. 11 dell’attuale versione, 2009/101) richiede alternativamente il controllo amministrativo o giudiziario oppure  la forma dell’atto pubblico.
Quando invece si parla di “controllo di legalità” si parla della generale conformità dello statuto ad un “tipo” di società predeterminato dalla legge. Il controllo notarile ha il merito storico di aver consentito l’abolizione del controllo giudiziario, come ricorda un lettore, che a sua volta fu una grande conquista di libertà, perché sostituì quello governativo, erede della “concessione” sovrana. Questo controllo, tuttavia, è nella stragrande maggioranza dei casi una mera formalità: nelle operazioni più semplici le parti adottano statuti assolutamente standardizzati (i cui modelli potrebbero essere offerti anche dalle camere di commercio), in quelle più complesse gli statuti non sono che uno dei tasselli di una complessa serie di contratti negoziati con l’aiuto di avvocati, commercialisti e altri consulenti. D’altro canto, molte importanti deliberazioni societarie sono prese senza intervento del notaio: per esempio, l’approvazione del bilancio (che viene poi reso pubblico) e la determinazione dei compensi degli amministratori.
La distinzione – che un lettore mette in dubbio – circa l’intervento in materia di società e la circolazione della ricchezza resta a mio parere essenziale. In particolare, i diritti reali immobiliari fanno caso a sé per (almeno) due motivi: nel caso delle compravendite immobiliari il notaio garantisce sostanzialmente che chi compra, compri bene, funzione molto, ma molto più importante rispetto alla verifica di astratta legalità dell’atto rogato (com’è per le competenze propriamente “societarie”). In secondo luogo, per la stragrande maggioranza degli italiani la casa è un investimento in cui si concentra la grandissima parte del risparmio familiare, e che ha un rilevante valore sia di scambio, sia d’uso. Di conseguenza, la sicurezza dell’acquisto è di importanza fondamentale, e giustifica l’intervento di un soggetto che offra questa certezza, in mancanza di sistemi pubblici affidabili. Se il costo dei servizi notarili in questo ambito sia congruo è un problema aperto che non può certo essere liquidato con un “troppo caro”.  Il sistema a tariffa fissa su base territoriale (di fatto, a quanto mi è stato possibile capire, sono i Consigli notarili a stabilire i criteri applicativi della tariffa) che è invalso finora fa sì, a livello del singolo utente il costo del notaio può essere, in relazione allo specifico atto rogato, molto variabile. Poiché si paga in base al valore, e non alla complessità dell’atto e all’attività di fatto svolta dal notaio, il notaio costa poco (talvolta troppo poco, dal punto di vista del notaio) per quello che offre nelle transazioni di piccolo valore, e troppo per quelle di grande valore (specie se semplici). Ma, ripeto, questo è un altro problema, che non tocca la questione del se un notaio debba intervenire nelle compravendite immobiliari: a ciò risponderei, allo stato attuale del sistema, positivamente, pur non avendo mai approfondito la questione.
Circa, invece, la circolazione delle quote, si dimentica sovente che le azioni di s.p.a. circolano senza bisogno di notaio, con sottoscrizione autenticata dalla banca o, per le azioni dematerializzate, mediante mera annotazione in conti tenuti dagli intermediari con modalità informatiche.
Il tema del capitale sociale – toccato in modo del tutto incidentale – è ampiamente dibattuto; le direttive sul capitale minimo, comunque, non si applicano alle s.r.l. Il capitale sociale non è certo il metro del merito creditizio; e non fa alcuna differenza, dal punto di vista di una banca, che il capitale sia di 1 euro o 10.000.
Il notaio, poi, non svolge proprio alcuna funzione in relazione all’esistenza del capitale, limitandosi a constatare che è stato versato (per almeno il 25%) in banca. Ma, appena dopo la costituzione, l’amministratore è libero di prelevare quel denaro e spenderlo come desidera, che sia un euro, diecimila, o un milione; se lo spende male, ne risponderà ai soci e ai creditori.
Più in generale, il problema della responsabilità limitata è sovente mal posto. Nessuno costringe un contraente a entrare in affari con una s.r.l. e, di conseguenza, chi lo fa deve valutare se è il caso di erogare credito, o no; di vendere a credito, o no; ecc. Dubito che una decisione del genere possa essere influenzata dal fatto che la società sia costituita con atto notarile o, invece, mediante atto depositato nel registro delle imprese con sottoscrizione autenticata da un funzionario.

RISPOSTA ALLA LETTERA DELLA MARCONI EXPRESS

L’iter di approvazione dell’opera ricorda da vicino quello del “Civis”, il filobus a guida ottica in cui è presente il CCC, al centro di un ciclone giudiziario (http://corrieredibologna.corriere.it/bologna/notizie/cronaca/2012/7-marzo-2012/civis-sequestrati-77-milioni-beni-bloccati-ccc-irisbus-2003577591534.shtml). Sulla informazione dei cittadini sull’opera ho opinione diversa. Chiedete per strada quanti sanno cos’è il PM, chi lo paga e quanto costa. Un referendum cittadino in coincidenza con altre elezioni no?
La specializzazione delle infrastrutture è deleteria: introdurre una rottura di carico invece di eliminarla è un modo elegante di uccidere il trasporto pubblico. L’automobile fa porta-a-porta.
Che gli utenti del SFM non siano interessati ad andare in Aeroporto si avvicina all’inverosimile, superato affermando che il PM sia più veloce: farà 4 km in 7’20”, cioè 35km/h, i treni del SFM sono tra 50 e 60 km/h. I Regionali Veloci Piacenza-Ancona sono sopra gli 80 km/h: vedere l’orario. Alcune relazioni sui 35 km/h (come il PM) sono per l’uso di veicoli diesel causa scarsità di elettrici, ora in corso di fornitura (FLIRT di Stadler). Il Comune di Bologna ha rinunciato alla metropolitana per il solito problema del Patto di Stabilità che colpisce i virtuosi (incommentabile), ma che i denari del Governo siano re-indirizzati per opere già finanziate da altri Accordi è una sconfitta del trasporto pubblico, la strategia da polli di Renzo.
La ferrovia proposta supera alcune preesistenze in più rispetto al PM. La Cintura NO, è stata sotterrata proprio per volere dell’Aeroporto (26 milioni per allungare la pista di 300m e far decollare un 747 Cargo la settimana…). La AV e la Bologna-Verona sì, la Bologna-Venezia NO. Non so chi sia FER Infrastrutture, a Bologna esistono FER Srl, TPER SpA e RFI SpA che gestiscono infrastrutture di trasporto pubblico. Chiunque altro che ne avesse la capacità tecnico-economica può farlo, forse con costi inferiori. Il collegamento punto-punto va bene all’interno di grandi aeroporti (VAL di Charles de Gaulle), centri commerciali o grandi parcheggi (Tronchetto di Venezia), o con percorso più breve possibile per raggiungere la ferrovia più vicina (Orly-Val, costruito in p-f ma con risultati economici deludenti). Una linea specializzata per passeggeri può affrontare pendenze più elevate: 25‰ ed oltre (linea ripida dei Giovi: 35‰) per cui non vedo impatti sconvolgenti.
LÂ’allungamento dellÂ’orario dei RV Piacenza-Ancona (non vanno più a Milano dal dicembre 2005Â…) lo ha già fatto il cantiere AV della stazione sotterranea, infatti percorrono lÂ’itinerario “via sottovia buca”: 3 km a 30 km/h, perdendo nel complesso circa 5Â’. Per lÂ’Aeroporto risparmierebbero un minuto se la linea fosse da 100 km/h. I viaggiatori della linea di Verona non sono molti, per linea Venezia è possibile una bretella; per quelli dellÂ’AV, oltre alla possibilità di usare i RV, prevedo che ci sarebbe una forte richiesta per usarla, e lÂ’allacciamento a Lavino consente un agevole passaggio in entrambi i sensi, con 5Â’ di percorrenza in più. Sullo spazio per i bagagli riporto un”tecnico” del Comune: “50 persone avranno spazio sui 12,5 m² di superfice del mezzo”… Trattenendo il respiro e con le valige in braccio, giacché staranno in piedi.
La maggior parte dei Malpensa Express (guardare l’orario!) sia di “Cadorna” che di “Centrale” fanno fermate intermedie, di base Bovisa (Passante) e Saronno (linee di Como e Varese). Pochissime le corse nostop, altro che punto-punto. I treni “ad hoc” erano normali TAF ricolorati e meno sedili per i bagagli, ma i “due piani” erano sovrabbondanti e si sono acquistati i “Coradia” di Alstom (versione a 5 casse dei noti Minuetti da 3 casse…): rispetto a quelli di serie spazi bagagli in più.
Di nuovi soci nel capitale di Marconi Express si sente parlare da anni. Da vedere se sono privati o società a capitale pubblico.
3,5 milioni di viaggiatori/anno presuppone un esercizio h24? Ma la notte ci son pochi voli…, meglio vedere qualche fascia di punta; e perché limitarsi al 20% della domanda? L’espandibilità del sistema, di cui non ho trovato traccia nei documenti ufficiali (banchine delle stazioni corte…) è più che auspicabile, altrimenti ci vorrà l’eliminacode con numerino.
Mi preoccupa l’affidabilità: come si fa a garantire il cadenzamento a 7’30” con una percorrenza di 7’20”? Le 50 persone con valige a capolinea scendono in 5” ed altrettante salgono in altri interminabili 5”? Con cassone ribaltabile e tramoggia di carico tipo ghiaia.
Intravvedo anche una contraddizione: prima l’interesse dell’utenza è nell’area Provinciale (cioè SFM) e perfino in Toscana grazie all’AV Bologna-Firenze, poi solo intorno a stazione Centrale e Fiera (nelle 3 o 4 occasioni di richiamo internazionale…).
La zona del Lazzaretto di Bologna e del Campus universitario che vi sta nascendo aggraverà i problemi: la stazione intermedia dove “incrociano” le cabine (via di corsa a binario unico!) dovrebbe aumentare l’accessibilità di una zona interclusa. Se nella cabina di 12,5 m² ci sono già 50 persone (4/m², con valige!), dove salgono quelli della fermata intermedia? Sul tetto?

L’INESODABILE

Il Presidente dell’Inps Mastrapasqua, nel corso di un’audizione parlamentare, si è rifiutato di rilasciare dati sul numero dei cosiddetti lavoratori “esodati”, lavoratori bloccati dalla riforma pensionistica varata dal governo in novembre e precedentemente licenziati dalle loro aziende nell’aspettativa che avrebbero poi fruito delle pensioni d’anzianità. Come è noto, il Governo aveva inizialmente ignorato il problema e poi fortemente sottostimato il loro vero numero. Si trova così ora a dover reperire faticosamente risorse per finanziare ammortizzatori sociali che, presumibilmente, costeranno di più delle pensioni d’anzianità inizialmente previste per loro. Il Presidente dell’Inps ha detto in Parlamento che i dati li darà solo al Governo. Peccato che sul sito dell’Inps venga esplicitamente sostenuto che l’Inps vuole “offrire un contributo alla conoscenza e all’analisi dei principali elementi del sistema di previdenza e d’assistenza del nostro Paese.” Rientra, in effetti, tra le funzioni istituzionali dell’ente, quella di fornire statistiche sulla copertura dei sistemi assicurativi e assistenziali che gestisce.
Non è la prima volta che Mastrapasqua mostra di ignorare i compiti di informazione del suo istituto. Nota la sua dichiarazione riguardo allÂ’opportunità di informare i giovani sul loro futuro previdenziale: “se dovessimo dare la simulazione della pensione ai parasubordinati, rischieremmo un sommovimento sociale”. I comunicati stampa dell’Inps sotto la gestione Mastrapasqua offrono sistematicamente poche informazioni e tantissime interpretazioni in genere favorevoli al governo in carica.  Ad esempio, al picco delle ore di Cassa Integrazione nellÂ’agosto 2010, il comunicato Inps sottolineava come “diminuisce ancora il tiraggio della cassa integrazione”, vale a dire il grado di utilizzo delle ore autorizzate . Singolare che il comunicato non riportasse il numero di ore utilizzate, ma solo le percentuali di cosiddetto tiraggio. Il fatto è che moltiplicando le percentuali di “tiraggio” riportate dal comunicato per il numero di ore autorizzate, si sarebbe scoperto che lÂ’utilizzo della Cassa era aumentato.
Forse è per questa sua “capacità comunicativa” che Mastrapasqua sta superando ogni record di durata alla guida dell’istituto. E il decreto salva-Italia ha salvato la sua poltrona per altri 3 anni. L’art 21, comma 9, della legge 214/2011 infatti, ha prorogato la durata in carica del Presidente  dell’INPS fino al 31  dicembre  2014.

L’AUTOGOL DEL CALCIO ITALIANO

Ennesima puntata dal calcioscommesse. Andrea Masiello, ex capitano del Bari, si è autoaccusato di avere venduto la il derby con il Lecce del maggio scorso per circa 300mila euro (da dividere con alcuni compagni di squadra), contribuendo attivamente alla sconfitta della sua squadra con un autogol intenzionale. Una delle domande più ovvie è: perché in Italia? Perché non ci sono partite truccate in Premier League o in Bundesliga?
Una possibile spiegazione viene dalle parole di Masiello, il quale, per giustificare la combine, ha detto che il Bari non pagava più gli stipendi e pertanto i giocatori dovevano arrangiarsi. C’è dunque una connessione tra le partite truccate e lo stato economico disastrato del calcio italiano emerso recentemente da un rapporto di Figc, Arel e Pricewaterhousecoopers. Per quanto si pensi che tutti i calciatori siano super-ricchi, in realtà molti di essi lo sono solo sulla carta, dato che le società pagano spesso in ritardo gli stipendi e non sempre interamente. Non è un caso che i nomi implicati siano quelli di giocatori di secondo piano o vicini alla fine dell’attività agonistica, cioè coloro per cui è più pressante il problema di cosa fare dopo il calcio giocato. Nessuno deve piangere per i problemi dei calciatori, che restano mediamente dei privilegiati, beninteso, ma mettere sullo stesso piano Masiello e Ibrahimovic è solo populismo.
Cosa si può fare allora per evitare altri casi Masiello? In primo luogo sarebbe bene che il controllo sui conti delle società, fatto dalla Covisoc, fosse più rigoroso in modo tale da evitare che i calciatori rimangano senza stipendi per mesi. Saranno anche pagati troppo, ma se c’è un contratto esso va rispettato per tutti, anche per i calciatori. Bisognerebbe inoltre riflettere sulla possibilità di ridurre il numero di squadre ammesse alla serie A e alla serie B. Alcune di esse sono palesemente inadeguate dal punto di vista finanziario alla sfida. Il Bari lo scorso anno era di fatto retrocesso dopo poche giornate, come il Cesena quest’anno. Anche senza che le partite siano vendute, il campionato risulta ugualmente falsato. In terzo luogo, dobbiamo penalizzare severamente i protagonisti delle combine. Platini, presidente dell’Uefa, propone una radiazione a vita, che impedisca ai corrotti anche di diventare allenatori o dirigenti. Bene. Ma bisogna ricordare che truccare una partita di calcio non è quasi mai un’attività individuale. Ci vuole che ci sia l’accordo di un gruppo di giocatori per essere certi di indirizzare il risultato. Questo implica che nella squadra interessata da una combine ci siano delle voci che girano (il portiere del Bari Gillet aveva forti sospetti sull’autogol di Masiello, come si vede dal filmato diffusissimo ormai sulla rete). La vera domanda è allora: possibile che le società coinvolte non sapessero nulla? Nessun dirigente parlava con la squadra? Nessuno aveva dei sospetti sui calciatori implicati? Se così fosse le società sarebbero responsabili quanto meno di mancato controllo dei loro tesserati. Sta a loro fare in modo che le squadre vadano in campo per cercare di ottenere, nei limiti delle loro possibilità, il miglior risultato sportivo. In altre parole, occorre riflettere sulla possibilità di sanzionare le società per le loro omissioni nella sorveglianza dei calciatori. Certo, è una strada non priva di controindicazioni perché non è mai semplice accettare il principio del “non poteva non sapere” come base per una sanzione, ma non è nemmeno tollerabile che gli spettatori, dopo un autogol, debbano chiedersi se c’è dietro una combine.

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