Lavoce.info

Categoria: Argomenti Pagina 668 di 1093

PROFESSIONISTI, FIGLI DI TANTO PADRE

Perché riformare gli ordini professionali è così difficile in Italia? Perché le professioni si tramandano di padre in figlio? Con quali svantaggi per i consumatori? A queste domande risponde il libro di Michele Pellizzari e Jacopo Orsini “Dinastie d’Italia. Gli ordini tutelano davvero i consumatori?” (Università Bocconi Editore, 160 pag., 18 euro). Invece di garantire qualità e trasparenza ai consumatori, gli ordini si sono trasformati in corporazioni al servizio degli associati. E le connessioni familiari che facilitano l’accesso alla professione rivelano il diffuso nepotismo. Anticipiamo alcuni brani del libro.

NON C’È SOLO LA TAV

Non c’è solo la Torino-Lione. Il governo è in procinto di decidere su un certo numero di grandi opere. L’attenzione mediatica è concentrata sul tunnel della Val di Susa, ma c’è il forte rischio che anche questi altri interventi possano rivelarsi, nel complesso, un cattivo affare per il paese e per gli equilibri di finanza pubblica del prossimo ventennio. È urgente un ripensamento che porti a scegliere progetti meno costosi, più rapidamente realizzabili e perciò più utili alla crescita.

I CONTI FALLIMENTARI DEL CALCIO ITALIANO

Il rapporto sulla situazione economica del calcio italiano nel campionato 2010-11 rimanda un quadro disastroso, di vera emergenza. Per la serie A calano i ricavi: da diritti televisivi, da plusvalenze sulla vendita dei calciatori e da vendita di biglietti. Restano stabili i costi. Ma aumenta l’indebitamento, soprattutto con le banche, ormai le vere padrone del nostro calcio. Servirebbero investimenti, in particolare negli stadi, ma i proprietari delle squadre aspettano incentivi dal governo che di certo non arriveranno.

SE IL LAVORO È PROTETTO, LA CRESCITA RALLENTA

Gli effetti dei regimi di protezione dell’occupazione sul mercato del lavoro in termini di efficienza per imprese e lavoratori sono oggetto di studio e di dibattito approfondito. Meno attenzione è dedicata agli effetti sulla crescita di lungo periodo. Modificando gli incentivi delle imprese all’adozione di tecnologie più innovative nei settori con forza lavoro più qualificata, elevati costi di assunzione e licenziamento rallentano l’espansione di questi settori e la crescita della produttività, favorendo una specializzazione basata su settori maturi e tradizionalmente meno innovativi.

DOVE FINISCE LA LIQUIDITÀ *

Il largo ricorso alla deposit facility presso la Bce non è segno dell’inerzia delle banche a erogare credito. È il corrispettivo dell’eccesso di liquidità presente nel sistema, l’unico modo per garantire l’equilibrio del bilancio della banca centrale. Il problema non è tanto che la liquidità torni nei forzieri della Bce. Quanto il fatto che, per le particolari dinamiche della crisi finanziaria, alcune banche hanno necessità di chiedere fondi in eccesso alla Bce. E questo eccesso, dopo tutte le transazioni giornaliere sui mercati, finisce sistematicamente presso altre banche.

DACCI UN ARTICOLATO!

Il Governo insiste che non cambierà una virgola della riforma del lavoro. Ma la riforma ancora non c’è. Due lettere inviate ai quotidiani nei giorni scorsi dai ministri Fornero e Patroni Griffi hanno chiarito che non è affatto chiaro ciò su cui politici, tecnici e parti sociali “si stanno scazzottando” (l’espressione è di uno dei pugili, Pierluigi Bersani). La prima lettera ci informava del fatto che il Governo deve ancora definire il regime che si applicherà alle partite Iva e che “le proposte saranno messe a punto entro pochi giorni”. La seconda lettera sosteneva che la riforma comunque non si applicherà al pubblico impiego, contravvenendo al testo licenziato solo due giorni prima dal Consiglio dei Ministri e aprendo conflitti fra dipendenti pubblici e privati nonchè possibili problemi di costituzionalità della riforma.
Non si tratta certo di aspetti secondari. Coinvolgono milioni di lavoratori. Questi “chiarimenti” che intervengono dopo settimane di tira e molla nella cosiddetta concertazione, riunioni Abc che annunciano accordi sul testo elaborato dal tavolo e, infine, un Consiglio dei Ministri che ha approvato la riforma ci pongono alcuni quesiti inquietanti. Di cosa hanno mai discusso al tavolo? Di cosa si è parlato in tutto questo tempo se nodi così essenziali non sono ancora stati definiti? Su cosa ci si è confrontati nei tavoli tecnici? E come è possibile che il confronto politico possa aspirare ad una sintesi, fondata su soluzione pragmatiche anziché contrapposizioni ideologiche, se non c’è una base di proposte ben definite da cui partire? Attorno a cosa bisogna aspirare a raccogliere il consenso? Ancora, perché alimentare ansie di lavoratori e datori di lavoro annunciando provvedimenti ancora non ben definiti? Perché creare cosi tanta inutile incertezza attorno al modo con cui verranno regolati in futuro i rapporti di lavoro?
Mai forse come in questo caso il diavolo è nei dettagli. Per definire questi dettagli bisogna scrivere un testo di legge e simulare gli effetti, i costi, di diverse alternative. Invece di molti richiami di circostanza ad un confronto civile e meno ideologico, dovremmo tutti chiedere al governo: per favore dacci un articolato!

A2a, PIÙ CHE IL DOLOR POTé IL DIGIUNO

Simili al Conte Ugolino, gli azionisti di a2a (i comuni di Milano e di Brescia) si buttano sulla loro impresa in pessime condizioni finanziarie e la spolpano per saziare la loro fame.
La notizia è di quelle curiose. Abbiamo un’impresa quotata in borsa (a2a, una delle maggiori multi-utility italiane), che presenta i conti per il 2011, conti caratterizzati da un utile netto negativo per 420 milioni. Questo risultato è  dovuto a 168 milioni di utile sulla gestione ordinaria, vanificati purtroppo da oltre 600 milioni di svalutazioni, soprattutto legate alla chiusura della pessima operazione Edison (conclusasi infatti con una minusvalenza) e allo sventurato investimento in Montenegro (che continua a generare perdite). A fronte di queste perdite cosa fanno gli azionisti di controllo (i comuni)? Deliberano di distribuire dividendi.
Si ricordi – ma i nostri lettori questo ben lo sanno – che i dividendi rappresentano quote di utile che, invece di essere reinvestite, vengono distribuite agli azionisti come parziale remunerazione del loro investimento. “Quote di utile”, non di perdite…  E invece gli azionisti constatano le perdite, e distribuiscono dividendi che non sono bruscolini, parliamo di circa 40 milioni di euro.
Per certi versi li capisco, intendiamoci. I bilanci dei comuni/azionisti, soprattutto per il comune di Milano, versano in uno stato anche peggiore di quello di a2a, così che spolpare lÂ’impresa delle sue risorse è uno dei pochi modi per tenere a galla i bilanci comunali. Ma questo comportamento impoverisce lÂ’impresa, ne diminuisce le capacità di investire, ne compromette la capacità di finanziarsi (se questo è il modo in cui gli azionisti tengono allÂ’impresa, cosa potranno pensarne i mercati?)  Si noti in particolare che a2a è molto presente in settori che hanno un bisogno disperato di investimenti (servizio idrico, rifiuti….) così che i comuni sicuramente rallentano processi di investimento dei quali il territorio ha bisogno. Si chiama depauperamento del patrimonio pubblico.
Il difetto sta nel manico. Mi ricorda qualche impresa ormai defunta nella quale il titolare ha passato la mano ai suoi numerosi eredi, i quali usano lÂ’impresa di famiglia per sostenere il loro tenore di vita. Se un azionista non ha soldi, e se utilizza lÂ’impresa per finanziare le sue spese correnti, siamo allÂ’inizio della fine.

OPEN SERVICES IN THE DIGITAL AGENDA

The notion of open data  refers to rather complex technical and organizational aspects.  Should this concept be extended to create open services, the result would be particularly important. In fact, an intelligent and standardized sharing of elementary data and functions could play as a driver to develop advanced services for citizens and companies and it would be a turning point also for public  administrations. This change could also foster the current demand of broadband, which often seems still weak and immature. (This article is the english version of “Open service nell’agenda digitale“).

L’INDENNITÀ NELL’INCERTEZZA

La possibilità del reintegro nel posto di lavoro non è la questione fondamentale nella discussione sulla riforma del lavoro. È più importante disegnare l’indennità di licenziamento in modo da ridurre il contenzioso. La riforma Fornero non risolve il problema. Meglio sarebbe ricorrere a un meccanismo simile a quello tedesco, che prevede un indennizzo automatico per il lavoratore. Servirebbe a responsabilizzare aziende e dipendenti. Senza impedire il ricorso al giudice se il lavoratore ritiene ingiusto il licenziamento.

UNA RAI SENZA STRATEGIE

Si torna a parlare di Rai. Ma per mettere mano al coacervo di problemi della televisione pubblica non basta cambiare il sistema di nomina degli amministratori. Da tempo la Rai è un’azienda paralizzata dai veti incrociati, bloccata dalle incertezze strategiche, dove ogni decisione importante viene rinviata. Mentre i cambiamenti intervenuti nel mercato televisivo richiederebbero scelte che investono il modello di servizio pubblico e sono spesso alternative tra loro. Da prendere sulla base di un orientamento chiaro dell’azionista di riferimento.

Pagina 668 di 1093

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén