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VALORIZZARE LE DONNE CONVIENE*

Le principali “rivoluzioni silenziose” che la società deve fare perché ci sia una parità reale tra donne e uomini: quella dell’istruzione -in Italia quasi compiuta- quella del lavoro femminile -ancora ampiamente irrealizzata- quella dei carichi familiari -“tradita” dagli uomini”- e quella della presenza nella politica -timidamente incominciata. Il nostro paese, dunque, è indietro, soprattutto se raffrontato agli altri paesi europei. Ecco che cosa deve fare la politica per aiutare a colmare la differenza.

I MINI CAMBIAMENTI NELLE PROFESSIONI

I provvedimenti sui servizi professionali erano piuttosto deboli nel testo originale del decreto “cresci Italia” e non cambiano molto dopo il passaggio al Senato. Resta l’abolizione delle tariffe minime, ma gli ordini sembrano aver già trovato un grimaldello per aggirarla. Cancellato invece l’obbligo di fornire un preventivo al cliente. Il concorso notarile è previsto con cadenza annuale, ma senza indicazione del numero di posti da mettere a bando. Per rendere il sistema più concorrenziale, bisogna però cambiare gli ordini. E gli esami di abilitazione alla professione.

PICCOLO CONTRIBUTO ALLA SPENDING REVIEW

Da anni si parla di spending review, di analisi minuziosa di ogni capitolo di spesa, volta ad accertare e rimuovere sprechi di denaro pubblico, ma sin qui nulla è dato sapere sulle modalità e sui primi esiti di questo processo. Dovrebbe riguardare non solo l’amministrazione centrale dello Stato, ma anche le amministrazioni pubbliche soggette alla vigilanza dei ministeri. Il principio dovrebbe essere quello di identificare spese che non contribuiscono a raggiungere gli obiettivi che sono stati affidati alle diverse amministrazioni o che li raggiungono solo a fronte di spese molto più alte del necessario. La legge che istituisce le spending review richiede espressamente il contributo dei cittadini e degli esperti nell’identificare questi sprechi.
Ecco allora un nostro primo modesto contributo. Girando tra i siti delle amministrazioni pubbliche abbiamo trovato all’indirizzo un “programma di sostegno a progetti sperimentali ed innovativi” della Civit, la Commissione di valutazione della pubblica amministrazione istituita dal ministro Brunetta e affidata ad Antonio Martone. Il costo del programma è di 4,3 milioni di euro. La Civit, come recita il suo stesso nome, ha come finalità istituzionale quella di garantire la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche. Non sappiamo chi abbia valutato questo progetto prima di approvarlo. Sappiamo solo che stanzia 800.000 euro per realizzare il “portale della trasparenza”, 470.000 euro per “l’individuazione di metodologie di misurazione e valutazione adottate dalle pubbliche amministrazioni”, 400.000 euro per la “ricognizione degli strumenti di programmazione, controllo e rendicontazione della performance”, 400.000 euro per “la sperimentazione di un progetto per la misurazione e valutazione dell’apporto di ciascuno all’outcome”, e così via, con una serie di sottoprogetti che essenzialmente ripetono tutti la stessa cosa ma spezzano i 4,3 milioni in importi più piccoli.
Qualcosa ci sfugge. Non sono proprio questi i compiti istituzionali della Civit? E allora perché è necessario valutarli sperimentalmente impegnando una mole così ingente di risorse? Dato che questo progetto prevede anche “lo snellimento dei processi organizzativi al fine di ridurne gli sprechi”, vogliamo noi fornire il nostro “apporto all’outcome”: aboliamo questo progetto. E ragioniamo sul significato di un organismo come la Civit che costa ogni anno 8 milioni di euro alle casse dello Stato per sperimentare come valutare sperimentalmente la valutazione. Di se stessa.

CALA LA NEBBIA SULL’IMU DEGLI ENTI ECCLESIASTICI

La tassazione Imu degli enti non commerciali, compresi quelli ecclesiastici, è una questione molto delicata. Il governo ha cercato di risolverla con un articolo inserito nel decreto liberalizzazioni. La norma non brilla né per chiarezza né per rigore, oltre a contenere l’ennesimo rinvio a un futuro regolamento ministeriale per aspetti di dettaglio. Se la previgente disciplina Ici era in potenziale contrasto con il divieto comunitario di aiuti di Stato, resta ancora lunga la strada per portare il mondo del non profit italiano nell’alveo della piena compatibilità comunitaria.

ADOZIONI INTERNAZIONALI, UNA FORMA DI COOPERAZIONE

Positiva la nomina del ministro per la Cooperazione a presidente della Commissione adozioni internazionali. L’istituto è un tassello importante di una politica estera orientata allo sviluppo di relazioni di cooperazione con i diversi paesi. Va perciò rafforzato il sostegno delle rappresentanze italiane all’estero a favore degli enti autorizzati, che spesso sono impegnati anche in iniziative di solidarietà destinate all’infanzia e all’adolescenza. Per i genitori adottivi il percorso è caratterizzato da ostacoli burocratici e normativi. E da costi crescenti.

ANALISI COSTI-BENEFICI: ECCO DI COSA SI PARLA

Obiettivo dell’analisi costi-benefici è quello di vedere se alla società (nazionale, regionale, locale, eccetera) conviene fare un investimento piuttosto che un altro, oppure nessun investimento.

LA NOZIONE DI PROFITTO SOCIALE

Per capire, bisogna partire delle aziende private: anche loro investono e devono valutare se  conviene. Hanno come obiettivo il profitto: l’investimento conviene se verosimilmente rende all’azienda di più che mettere i soldi in banca. La comunità sociale ha come obiettivo qualcosa di più “sfumato” del profitto, il benessere collettivo o “profitto sociale”.
Il “profitto sociale” corrisponde alla variazione (che ovviamente dovrebbe essere positiva, ma non sempre, in realtà, lo è) di benessere della società, cioè quanto la società migliora la propria condizione grazie al nuovo investimento rispetto alla condizione di “non-intervento”. Le alternative sono due: non intervenire e lasciare le risorse nelle “tasche dei cittadini” che pagano le tasse, oppure destinare quelle stesse risorse a interventi alternativi: per esempio, costruire un ospedale o una scuola, fare manutenzione del territorio o altri obiettivi che si caratterizzano comunque per il loro contenuto “sociale”.
La società sta meglio se può godere di un maggior reddito, qualsiasi uso poi ne faccia, ma anche se migliora le condizioni ambientali (per esempio favorendo un mezzo di trasporto meno inquinante rispetto a un altro), oppure se l’investimento contribuisce a migliorare il livello di sicurezza, ad esempio, della mobilità delle persone (meno incidenti, grazie all’utilizzo di un mezzo di trasporto più sicuro rispetto a un altro).
L’analisi costi-benefici contribuisce anche a misurare gli effetti di un progetto sulla distribuzione del reddito fra “ricchi e poveri”. Ad esempio, l’investimento in una metropolitana che attraversa i quartieri del centro storico di una città, considerati zone di pregio e abitate da “ricchi” o sedi di banche, centri di ricerca, uffici di grandi multinazionali, contribuisce ad aumentare il valore degli immobili dei proprietari e a trasportare a basso prezzo una quota rilevante di utenti “ricchi”, mentre i lavoratori a basso e medio reddito che abitano e lavorano nei quartieri periferici della città sono comunque costretti nella maggior parte dei casi a utilizzare il mezzo privato, molto più costoso. In questo caso, tramite l’imposizione fiscale, i lavoratori finiscono con il pagare una quota rilevante di un investimento di cui in realtà usufruiscono in misura proporzionalmente minore rispetto alle classi più agiate. Conviene allora costruire una metropolitana con queste caratteristiche o migliorare la rete degli autobus o di altri mezzi su ferro in periferia? Esempio tipico, il metrò vis a vis l’Sfm a Bologna.

COME SI FA

Dal punto di vista metodologico, per decidere se realizzare un investimento piuttosto che un altro o non intervenire affatto, occorre che i diversi beni – “costi” dellÂ’investimento da una parte e suoi “benefici” dallÂ’altra – siano resi confrontabili tra loro, per evitare il rischio di sommare “pere e patate”. Per confrontare cose diverse, si usa misurarle in termini monetari: lo facciamo tutti i giorni, per esempio quando scambiamo il nostro stipendio, frutto del nostro lavoro, acquistando beni di consumo o beni di investimento,  o scegliendo di viaggiare in macchina piuttosto che in treno, o in generale scegliendo un trasporto più veloce e più comodo, ma più costoso, e così via.
Per prima cosa, quindi, si esprimono tutti i costi e tutti i benefici di un progetto in termini monetari. I costi di solito sono quelli di realizzazione dellÂ’investimento e quelli necessari per la sua gestione. I benefici sono misurabili nella riduzione dei costi sociali che quellÂ’investimento consente di ottenere, come il risparmio di tempo di viaggio, i minori rischi per la sicurezza (minori incidenti), il minore inquinamento, i minori consumi di carburante, a volte la minore manutenzione. In molti casi, i minori costi contribuiscono ad aumentare il numero di utenti che utilizzano il nuovo servizio e anche i nuovi utenti si assommano ai precedenti nel godere dei benefici.
Perché un investimento sia conveniente per la società, la somma dei benefici sociali deve superare la somma dei costi, come ovvio.
Quale differenza c’è fra l’investitore privato e quello pubblico? Anche per il privato i benefici, che in questo caso coincidono con i ricavi monetari, devono superare i costi. Però l’investitore privato, investendo risorse proprie e in tal modo “congelandole” per un determinato periodo, pretende anche un “premio” che lo compensi della mancata disponibilità di quelle risorse: avendole disponibili infatti avrebbe potuto investirle in altre cose, o spenderle per sé. Il misuratore del “ premio” si chiama saggio di interesse privato; il suo livello dipende dalla durata dell’investimento e dal rischio che si corre che vada male.
Lo stesso concetto vale anche per gli investimenti pubblici, anche se a seguito di un ragionamento un po’ diverso: la società può spendere soldi per servizi sociali oggi, o investirli in progetti che consentano di avere più servizi sociali e di migliore qualità domani. Ma la preferenza tra spenderli oggi e investirli per averne di più domani dipende a sua volta da quanto siano più urgenti i bisogni sociali oggi rispetto a domani. Se siamo in un paese ricco, la differenza tende a essere non molto grande, perché la possibilità di migliorare ulteriormente un livello di benessere già elevato è, come si dice, marginale; se siamo in un paese in via di sviluppo, tende a essere molto maggiore. Un paese “povero” che costruisce una ferrovia in una regione dove prima ci si muoveva soltanto con il carro a cavalli per strade non asfaltate contribuisce ad aumentare il benessere collettivo in una misura molto maggiore di un paese che costruisce una linea ferroviaria veloce (di solito molto più costosa di quella tradizionale) per ridurre di qualche minuto il tempo di percorrenza fra due città servite da una ferrovia già esistente. Il “misuratore” di questa preferenza si chiama saggio di interesse pubblico, viene definito dallo Stato, e si applica nel fare i conti.
Il saggio di interesse privato, per gli investimenti privati, e quello di interesse pubblico o “sociale”, per quelli pubblici, servono a confrontare investimenti con orizzonti temporali diversi, e logicamente fanno prevalere quelli che consentono di ottenere prima i risultati attesi, a parità del valore assoluto dei costi e dei benefici.
Naturalmente, si può decidere di realizzare un progetto anche se il risultato dell’analisi costi-benefici è negativo o vicino allo zero, sulla base di valutazioni extra-economiche di tipo politico o sociale. L’importante è giustificare le decisioni di fronte alla comunità, assumendosene pienamente la responsabilità.

TAV O NO-TAV: È ANCORA QUESTO IL DILEMMA?

In queste ultime settimane la questione della Tav Torino-Lione è andata di nuovo fuori binario. È tornata a essere luogo privilegiato di contrapposizioni ideologiche, di violenze fisiche e verbali, di atti sconsiderati e inaccettabili, di mezze verità e, soprattutto, di parole in libertà.
Noi abbiamo sempre cercato di riportare la discussione sui numeri: dalle previsioni di traffico (in genere ottimisticamente esagerate dai pro-Tav) allÂ’impatto ambientale (in genere pessimisticamente esagerato dai no-Tav). Soprattutto, abbiamo insistentemente richiamato lÂ’attenzione sullÂ’esigenza di valutare i costi sociali e i benefici sociali (vedi la scheda “Analisi costi-benefici: ecco di cosa si parla“) complessivi di questo progetto e di confrontare i risultati con quelli relativi ad altri progetti, data la cronica scarsità delle risorse pubbliche. Siamo perfettamente coscienti che i nostri richiami alla razionalità della decisione possano essere stati strumentalizzati da chi a questÂ’opera si oppone senza se e senza ma e, soprattutto, senza troppo ragionare.
Recentemente abbiamo mostrato come le successive revisioni del progetto (detta “fasizzazione”) abbiano consentito di ridurne consistentemente i costi e solo marginalmente i benefici (vedi l’articolo “La Torino-Lione si fa low cost: perché solo ora?“). Così, se i conti sembrano indicare che i costi siano ancora superiori ai benefici, la differenza si è molto ridotta; tanto che ora è probabilmente inferiore a quella che si otterrebbe per altri progetti ferroviari (tipo Terzo valico o Napoli-Bari) che pure non suscitano tutta lÂ’opposizione che suscita la Torino-Lione. Viene da chiedersi perché sia così scarsa lÂ’attenzione su questi fatti e perché poco ci si interroghi su cosa abbia spinto a discutere per anni intorno a un progetto faraonico, mentre unÂ’alternativa più economica (anche se non proprio low cost) era a portata di mano. Viene anche da chiedersi cosa spinga il movimento no-Tav a credere che compiendo reiterati atti illegali – compreso il blocco di strade e autostrade che colpisce il diritto di tutti alla mobilità – si possa ottenere qualcosa di diverso dal convincere tutti gli italiani che sono solo degli estremisti senza ragioni, che odiano qualsiasi grande opera pubblica “a prescindere”.
Senza per forza dar credito a identità propagandistiche (tipo: Tav = Modernità, oppure Tav = rimanere attaccati all’Europa) o ad affermazioni molto dubbie (“tanto i soldi ce li mette l’Europa”), sarebbe il caso di accantonare il confronto di piazza, ragionare seriamente e in tempi brevi su quali ulteriori “fasizzazioni” potrebbero contribuire a ridurre ulteriormente i costi e poi lasciar finalmente partire i lavori per la realizzazione di un’opera su cui ben sette governi diversi hanno messo (a torto o a ragione) la faccia. Semmai si dovrebbero concentrare gli sforzi a controllare che i lavori finiscano nei tempi previsti e senza lievitazione dei costi rispetto alle previsioni. Allo stesso tempo, bisognerebbe pretendere che anche per altre opere si arrivi a un ragionevole down-sizing dei progetti e che questi (e non quelli “grandiosi”) vengano sottoposti subito al confronto con gli interessi locali, per poi passare il vaglio di un’accurata valutazione dei costi e dei benefici effettuata da qualche serio e indipendente organismo internazionale.

LA ROULETTE RUSSA DELL’ARTICOLO 18

La protezione di un diritto fondamentale della persona è affidata alla roulette russa che si attiva con l’assegnazione casuale dei processi per cause di lavoro a giudici molto diversi tra loro per tempi e orientamento della decisione. È quanto emerge da una ricerca sulle cause tra lavoratori e datori di lavoro nei tre maggiori tribunali italiani: Milano, Roma e Torino. Gli esiti di ogni azione sono affidati, in ultima istanza, al caso.

LETTERA DALL’UNIVERSITÀ DELL’INSUBRIA

Troviamo giusto che i mezzi di informazione si occupino delle vicende dell’Università, anche quando queste non sono le più esaltanti. Niente da dire, quindi, a proposito dell’attenzione che alcuni giornali,siti ecc. hanno recentemente dedicato a un concorso svoltosi presso la Facoltà di Economia dell’Università dell’Insubria (dove lavoriamo in qualità di ricercatori e professori) se non un generale apprezzamento per il ruolo positivo che spesso l’informazione svolge appunto nel portare alla luce situazioni davvero imbarazzanti.
Formalmente – veniamo adesso al concorso in questione e al commento che gli ha dedicato Fausto Panunzi – la Facoltà non c’entra con gli esiti della valutazione : c’è una commissione che valuta e c’è un rettore che sancisce  la legittimità della procedura. La Facoltà non può che prenderne atto. Tuttavia c’è un obiettivo di trasparenza e di massima correttezza che la Facoltà di Economia dell’Insubria vuole perseguire.

Crediamo che vada letta in tal senso   la sua probabile decisione di non chiedere (in questo caso) l’anticipazione della presa di servizio del vincitore della valutazione comparativa in oggetto, in modo da lasciare il tempo adeguato perché ogni ombra sia dissipata. Se così sarà, avremmo da parte della Facoltà un modo per schierarsi concretamente , e non solo a parole (più o meno facili), a favore di quegli obiettivi di trasparenza e correttezza  che prima richiamavamo.


Gianluca Colombo
Patrizia Gazzola
Angelo Guerraggio

IL VANTAGGIO DI TWITTER: È UN VIRUS

Twitter è un social network in grande espansione. È anche quello che permette una diffusione virale delle notizie e che tende a rendere inutile la mediazione oggi esercitata da agenzie di stampa e giornalisti. È difficile da controllare, tanto che è considerato un fattore di successo delle primavere arabe. Ma è presto per formulare un giudizio sugli effetti benefici, malefici o neutri del mezzo. La brevità dei messaggi potrebbe alla fine rivelarsi negativa, perché mette tutte le notizie sullo stesso piano. L’utilizzo di Twitter nella comunicazione politica.

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