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IL LAVORO DEGLI STRANIERI IN TEMPO DI CRISI *

La crisi economica mondiale ha avuto effetti importanti sulle migrazioni internazionali. Perché la forza lavoro straniera risulta più sensibile al ciclo economico e quindi più penalizzata nelle fasi di recessione. E in Italia? Il forte peggioramento della situazione occupazionale, con una crescita della disoccupazione e una maggior difficoltà a reinserirsi nel mondo del lavoro riguarda nello stesso modo lavoratori italiani e stranieri. Sostanzialmente inalterati gli svantaggi di fondo che caratterizzano la condizione degli immigrati nel nostro mercato del lavoro.

PIÙ IMPRESE NEL NUOVO ICE *

Confindustria ha proposto di privatizzare l’Ice. Una utile provocazione perché il bilancio post-riforma dell’Istituto lascia molti dubbi sulle strategie e sulle inefficienze. Dovute alla rigidità nella selezione e nel governo del personale e alla sproporzione fra gli addetti della rete estera e quelli insediati in Italia. Paradossale poi la dispersione delle scarse risorse tra centinaia di iniziative prive di massa critica e grandi missioni di sistema, spesso inutili. Da moltiplicare invece gli sforzi di presenza sui medi e grandi mercati fuori dall’Europa.

E PER SEMPLIFICARE SI SACRIFICA LA TRASPARENZA

Il decreto sviluppo modifica pesantemente il codice dei contratti. Non è la prima volta. Sempre alla ricerca di una semplificazione delle gare con aperture ancora più ampie a procedure negoziate senza bando, ma mai ottenuta finora. Altre fasi del processo sono ben più lunghe e complesse: dalla programmazione e progettazione alla realizzazione dell’opera. Nel decreto, poi, ci sono misure che sono solo imposizioni normative finalizzate al contenimento dei costi.

CONTRORDINE CONSOB: LE SCALATE NON FANNO BENE

L’Opa è stata al centro della relazione del presidente Consob al mercato finanziario. Preoccupa il rischio di distruzione di valore e di inefficienze nella governance post-Opa. Preoccupazione certamente condivisibile, ma è rivolta solo agli investitori stranieri o anche agli italiani? Alcune soluzioni sono già nelle modifiche al regolamento emittenti. E se la maggiore tutela delle minoranze non ha dato i frutti sperati, non si capisce perché aumentare gli ostacoli a chi voglia lanciare un’Opa dovrebbe indurre i risparmiatori italiani a investire nella Borsa.

MUTUI, TORNA IL FINTO REGALO DELLA RINEGOZIAZIONE

Come tre anni fa, il ministro Tremonti estrae dal cappello una regola per rinegoziare i mutui a tasso variabile. Dovrebbe servire a proteggere i mutuatari più deboli dal preannunciato rialzo dei tassi, che inevitabilmente farà salire le rate da pagare. Ma in realtà il provvedimento non porta alcun vero vantaggio per chi ha sottoscritto il mutuo. Semmai ne porta alle banche. Inoltre, si sancisce per legge la morte della concorrenza.

BONUS ASSUNZIONI: CHE COSA C’È E CHE COSA MANCA

Nel decreto sviluppo si ricorre opportunamente al credito d’imposta per creare nuovi posti di lavoro stabili al Sud. L’obiettivo è di crearne soprattutto nelle nuove imprese. C’è però il rischio che dell’incentivo facciano uso soprattutto le grandi aziende. E il bonus dimentica i lavoratori precari del Nord. Dovrebbe essere solo un tassello di una strategia nazionale per il rilancio dell’occupazione. Strategia oggi più che mai urgente, dati i numeri allarmanti anche sulle vendite dei beni essenziali.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Una precisazione. Mi pareva chiaro, nel contesto, che “energia termica”, contrapposta a “energia fotovoltaica” fosse una abbreviazione per “energia (elettrica da fonte) termica”. Quanto alle stime, nessuno può sapere con esattezza quanta potenza verrà allacciata con tariffe 2010. Alcuni, vedasi Corriere dell’Economia 4.4.2011, riportano stime maggiori delle mie. Nel decreto appena uscito la stima è di un costo annuo di 3,5 miliardi, penso molto prudenziale e comunque non lontano dai 4 miliardi da me citati.
Nel nuovo decreto si prevede che a fine 2016 si arriverà ad una potenza di 23 mila MW, con un costo annuo per sussidi di 6-7 miliardi di euro. La produzione di energia elettrica da fotovoltaico arriverebbe dunque a circa 28.000 GWh, il 9% di 300 mila GWh, che è tutto il consumo italiano di energia elettrica (in diminuzione da alcuni anni). Al prezzo di mercato di 65 euro per GWh la produzione italiana “vale” un po’ meno di 20 miliardi di euro: si conclude che per produrre quel 9% il costo complessivo dell’energia elettrica in Italia aumenterà del 30-35%. Aggiungendo i sussidi alle altre rinnovabili nel 2016 avremo aumentato di oltre il 50% il costo dell’energia elettrica in Italia: davvero un’ottima politica energetica! 
Ma il costo del fotovoltaico non si limita ai sussidi pagati. Nessuno sembra considerare gli effetti sull’equilibrio della rete. Un impianto fotovoltaico produce mediamente attorno a 1300 ore l’anno, cioè il 15% del tempo. Se la produzione da fotovoltaico raggiunge il 9% del totale annuo significa che quando c’è buona insolazione potrebbe fornire più del 50% di tutta l’energia richiesta. Poiché i ritiri di energia da fonti rinnovabili hanno la precedenza, tante centrali termoelettriche dovranno allora interrompere la produzione: come, visto che quelle centrali non possono essere accese e spente ad libitum? Quanti altri indennizzi saremo chiamati a pagare per compensare queste perdite?

DOV’È FINITO IL CONTRATTO CON GLI ITALIANI?

Sono passati esattamente dieci anni da quando Silvio Berlusconi, in piena campagna elettorale, firmò nel salotto televisivo di “Porta a porta” il “contratto con gli italiani”. Erano cinque promesse, delle quali almeno quattro da mantenere nell’arco di cinque anni. Ora, di anni ne sono passati il doppio. E sempre con Berlusconi a capo del governo, se si eccettuano i due anni scarsi dell’esecutivo Prodi. Vediamo punto per punto se gli impegni presi con gli italiani sono stati mantenuti.

UNA SPINTA PER LA CRESCITA

È sicuramente importante che al centro del dibattito ritornino temi come le procedure per la quotazione o gli ostacoli alla crescita rappresentati dai costi di regole complesse, opache e spesso totalmente inutili. Senza però dimenticare che gli imprenditori italiani non hanno colto l’occasione offerta dalla nuova disciplina dei mercati finanziari e del diritto societario. Un ordinamento realmente funzionale alla crescita, dove tutti possano competere ad armi pari, è un ordinamento che deve avere il coraggio di disincentivare la piccola dimensione.

LA FOLLIA DEL FOTOVOLTAICO

Con gli incentivi al fotovoltaico si è caricato sulle spalle degli italiani un debito di quasi 90 miliardi, il 5 per cento di tutto il debito pubblico. Il costo per la collettività ha assunto dimensioni tali che appare inevitabile una stretta sulle nuove installazioni. Così, molti dei posti di lavoro creati nel settore andranno persi. E per un paio di decenni potremo investire ben poco nel fotovoltaico, rinunciando ai benefici delle innovazioni tecnologiche. Più saggiamente, altri paesi europei hanno deciso di spalmare incentivi e investimenti sull’arco di più anni.

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