Lavoce.info

Categoria: Argomenti Pagina 722 di 1091

CONTRORDINE CONSOB: LE SCALATE NON FANNO BENE

L’Opa è stata al centro della relazione del presidente Consob al mercato finanziario. Preoccupa il rischio di distruzione di valore e di inefficienze nella governance post-Opa. Preoccupazione certamente condivisibile, ma è rivolta solo agli investitori stranieri o anche agli italiani? Alcune soluzioni sono già nelle modifiche al regolamento emittenti. E se la maggiore tutela delle minoranze non ha dato i frutti sperati, non si capisce perché aumentare gli ostacoli a chi voglia lanciare un’Opa dovrebbe indurre i risparmiatori italiani a investire nella Borsa.

E PER SEMPLIFICARE SI SACRIFICA LA TRASPARENZA

Il decreto sviluppo modifica pesantemente il codice dei contratti. Non è la prima volta. Sempre alla ricerca di una semplificazione delle gare con aperture ancora più ampie a procedure negoziate senza bando, ma mai ottenuta finora. Altre fasi del processo sono ben più lunghe e complesse: dalla programmazione e progettazione alla realizzazione dell’opera. Nel decreto, poi, ci sono misure che sono solo imposizioni normative finalizzate al contenimento dei costi.

MUTUI, TORNA IL FINTO REGALO DELLA RINEGOZIAZIONE

Come tre anni fa, il ministro Tremonti estrae dal cappello una regola per rinegoziare i mutui a tasso variabile. Dovrebbe servire a proteggere i mutuatari più deboli dal preannunciato rialzo dei tassi, che inevitabilmente farà salire le rate da pagare. Ma in realtà il provvedimento non porta alcun vero vantaggio per chi ha sottoscritto il mutuo. Semmai ne porta alle banche. Inoltre, si sancisce per legge la morte della concorrenza.

BONUS ASSUNZIONI: CHE COSA C’È E CHE COSA MANCA

Nel decreto sviluppo si ricorre opportunamente al credito d’imposta per creare nuovi posti di lavoro stabili al Sud. L’obiettivo è di crearne soprattutto nelle nuove imprese. C’è però il rischio che dell’incentivo facciano uso soprattutto le grandi aziende. E il bonus dimentica i lavoratori precari del Nord. Dovrebbe essere solo un tassello di una strategia nazionale per il rilancio dell’occupazione. Strategia oggi più che mai urgente, dati i numeri allarmanti anche sulle vendite dei beni essenziali.

DOV’È FINITO IL CONTRATTO CON GLI ITALIANI?

Sono passati esattamente dieci anni da quando Silvio Berlusconi, in piena campagna elettorale, firmò nel salotto televisivo di “Porta a porta” il “contratto con gli italiani”. Erano cinque promesse, delle quali almeno quattro da mantenere nell’arco di cinque anni. Ora, di anni ne sono passati il doppio. E sempre con Berlusconi a capo del governo, se si eccettuano i due anni scarsi dell’esecutivo Prodi. Vediamo punto per punto se gli impegni presi con gli italiani sono stati mantenuti.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Una precisazione. Mi pareva chiaro, nel contesto, che “energia termica”, contrapposta a “energia fotovoltaica” fosse una abbreviazione per “energia (elettrica da fonte) termica”. Quanto alle stime, nessuno può sapere con esattezza quanta potenza verrà allacciata con tariffe 2010. Alcuni, vedasi Corriere dell’Economia 4.4.2011, riportano stime maggiori delle mie. Nel decreto appena uscito la stima è di un costo annuo di 3,5 miliardi, penso molto prudenziale e comunque non lontano dai 4 miliardi da me citati.
Nel nuovo decreto si prevede che a fine 2016 si arriverà ad una potenza di 23 mila MW, con un costo annuo per sussidi di 6-7 miliardi di euro. La produzione di energia elettrica da fotovoltaico arriverebbe dunque a circa 28.000 GWh, il 9% di 300 mila GWh, che è tutto il consumo italiano di energia elettrica (in diminuzione da alcuni anni). Al prezzo di mercato di 65 euro per GWh la produzione italiana “vale” un po’ meno di 20 miliardi di euro: si conclude che per produrre quel 9% il costo complessivo dell’energia elettrica in Italia aumenterà del 30-35%. Aggiungendo i sussidi alle altre rinnovabili nel 2016 avremo aumentato di oltre il 50% il costo dell’energia elettrica in Italia: davvero un’ottima politica energetica! 
Ma il costo del fotovoltaico non si limita ai sussidi pagati. Nessuno sembra considerare gli effetti sull’equilibrio della rete. Un impianto fotovoltaico produce mediamente attorno a 1300 ore l’anno, cioè il 15% del tempo. Se la produzione da fotovoltaico raggiunge il 9% del totale annuo significa che quando c’è buona insolazione potrebbe fornire più del 50% di tutta l’energia richiesta. Poiché i ritiri di energia da fonti rinnovabili hanno la precedenza, tante centrali termoelettriche dovranno allora interrompere la produzione: come, visto che quelle centrali non possono essere accese e spente ad libitum? Quanti altri indennizzi saremo chiamati a pagare per compensare queste perdite?

UNA SPINTA PER LA CRESCITA

È sicuramente importante che al centro del dibattito ritornino temi come le procedure per la quotazione o gli ostacoli alla crescita rappresentati dai costi di regole complesse, opache e spesso totalmente inutili. Senza però dimenticare che gli imprenditori italiani non hanno colto l’occasione offerta dalla nuova disciplina dei mercati finanziari e del diritto societario. Un ordinamento realmente funzionale alla crescita, dove tutti possano competere ad armi pari, è un ordinamento che deve avere il coraggio di disincentivare la piccola dimensione.

INVESTIMENTI PUBBLICI TRA FRENATE E ACCELERAZIONI

Nel Def si prevede una riduzione della spesa in conto capitale di 8 miliardi tra il 2010 e il 2014. È un importante contributo alla riduzione dell’indebitamento pubblico. Eppure, il rilancio della politica infrastrutturale è stato spesso indicato come lo strumento per favorire la crescita e per superare i divari territoriali. Quanto alle risorse, in parte sono già disponibili. Anzi nel caso di quelle europee, c’è il rischio di perderle se non si utilizzano nei tempi previsti. È una contraddizione che il governo deve risolvere.

PERCHÉ LA EX BERTONE È DIVERSA DA MIRAFIORI?

Perché i delegati Fiom hanno invitato i lavoratori a votare sì al referendum alla ex Bertone sull’accordo proposto dalla Fiat,  dopo aver alzato barricate in situazioni simili a Pomigliano e Mirafiori? La ragione è semplice. Alla ex Bertone, la Fiom ha la maggioranza assoluta fra gli iscritti al sindacato. Un suo no all’accordo avrebbe voluto dire addio al progetto di rilancio dello stabilimento. In quel sito produttivo era impossibile scindere le questioni di principio dal destino dei lavoratori. In queste condizioni, è emersa una forte maggioranza di sì all’accordo. A Pomigliano e Mirafiori la Fiom poteva permettersi di ergersi a paladina dei diritti negati senza doversi assumere le conseguenze di questa scelta. L’accordo poteva essere fatto anche senza il suo consenso, come è regolarmente avvenuto. È una strategia che politicamente paga, come ha dimostrato l’analisi del voto del referendum a Mirafiori che abbiamo pubblicato su questo sito. Ma che si regge unicamente su un sistema di rappresentanza che incentiva la differenziazione fra le sigle sindacali e la politicizzazione del dibattito. Messi di fronte alla piena responsabilità delle proprie scelte, in quanto sindacato di maggioranza, anche la sigla più intransigente ha scelto di firmare. L’esperienza di Germania e degli Stati Uniti, paesi per altri aspetti diversissimi fra loro, insegna la stessa cosa: la presenza di interlocutore unico (in quei paesi c’è un solo sindacato in fabbrica) ha contribuito a gestire in modo efficiente i processi di ristrutturazione.
Questo episodio testimonia una volta di più la necessità di riformare il sistema di rappresentanza. Chiaramente, non è possibile istituire un sindacato unico per legge. Ma è possibile adottare regole che disincentivino la frammentazione e favoriscano la contrattazione decentrata. Si aumenterebbe la forza contrattuale dei rappresentanti dei lavoratori e si renderebbero più lineari i processi di negoziazione con l’azienda. È tempo di mettere mano alle varie proposte che giacciono in Parlamento.

LA FOLLIA DEL FOTOVOLTAICO

Con gli incentivi al fotovoltaico si è caricato sulle spalle degli italiani un debito di quasi 90 miliardi, il 5 per cento di tutto il debito pubblico. Il costo per la collettività ha assunto dimensioni tali che appare inevitabile una stretta sulle nuove installazioni. Così, molti dei posti di lavoro creati nel settore andranno persi. E per un paio di decenni potremo investire ben poco nel fotovoltaico, rinunciando ai benefici delle innovazioni tecnologiche. Più saggiamente, altri paesi europei hanno deciso di spalmare incentivi e investimenti sull’arco di più anni.

Pagina 722 di 1091

Powered by WordPress & Theme by Anders Norén