La conferenza Stato-Regioni ha finalmente dato il via libera alla nuova formulazione dell’articolo 9 della legge 53/2000 che prevede contributi a favore delle imprese per misure a sostegno della flessibilità e conciliazione famiglia-lavoro. Nei dieci anni passati dalla prima approvazione della norma i progetti presentati sono stati ben pochi. Non per questo è stata necessariamente un fallimento. Sarebbe meglio però lasciare alle autonomie locali le decisioni sullo sviluppo delle politiche di genere e per la famiglia. E su quali siano gli interventi più adeguati.
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Capire cosa succede all’economia di un paese è complicato. Ma di certo non si può affermare, come hanno fatto di nuovo i media nei giorni scorsi, che la produzione industriale e il Prodotto interno lordo sono ai massimi quando i dati dicono che siamo ancora lontani dai livelli pre-crisi. E non si può guardare al superindice Ocse solo quando dà buone notizie.
Grande preoccupazione ha destato l’annuncio di prossime trivellazioni petrolifere in acque profonde nel golfo libico della Sirte. Il timore è che possa ripetersi il disastro del Golfo del Messico con conseguenze questa volta fatali per il nostro mare. Bene se verranno prese misure di prevenzione. Ma il vero problema è che per il Mediterraneo ogni giorno transita via nave tutto il petrolio per il nostro continente e il rischio è continuo. La vera soluzione è una sola: la transizione verso un mondo senza combustibili fossili.
Il sistema delle quote latte, stabilito dall’UE, ha come obiettivo ridurre lo squilibrio tra domanda e offerta. Nel corso degli ultimi 25 anni molti produttori italiani hanno consapevolmente superato il tetto massimo delle quote assegnategli dall’UE. Solo una minima parte delle multe sono state effettivamente pagate dagli allevatori. I contribuenti italiani hanno, invece, giá pagato 1,87 miliardi di euro per i prelievi relativi al periodo 1984-1996. I restanti 2,5 miliardi devono essere pagati dai coltivatori, a meno di non voler far scattare una procedura d’infrazione da parte dell’UE.
In Italia vi sono oggi circa 40.000 produttori di latte sparsi su tutto il territorio nazionale, ma con forti concentrazioni nella Pianura Padana.
Positiva l’enfasi data alla fiscalità immobiliare nella finanza comunale, ma attenzione agli abbellimenti lessicali spacciati per riforme. Soprattutto è bene non dimenticare che rimane aperto il vulnus dell’abolizione dell’Ici sulla prima casa che deresponsabilizza molti cittadini di fronte alla spesa pubblica del comune. Esistono inoltre problemi di equità legati all’Imposta municipale unica e di semplificazione relativi all’applicazione della cedolare secca.
Cresce il numero delle imprese individuali con titolare extracomunitario. Sono soprattutto attività legate al commercio, fisso e ambulante. Che contribuiscono a mutare il paesaggio urbano delle città e per questo sono ostacolate da molti amministratori locali, in particolare lombardi. Anziché apprezzare il fatto che vetrine illuminate e negozi aperti vivacizzano anche i quartieri difficili, prevale una visione della sicurezza come rimozione dei luoghi di incontro e degli spazi di socialità dei gruppi considerati pericolosi. Anche a costo di desertificare le strade.
Il ministro dell’Istruzione annuncia il ricorso a test standardizzati per misurare le competenze e i progressi degli studenti. E’ una decisione largamente condivisibile, nonostante le critiche degli insegnanti. Ma non certo per le ragioni indicate dal ministro. I test sono un modo per capire e tentare di risolvere i problemi del sistema scolastico sulla base di evidenza empirica su cosa funziona e cosa non funziona. Non possono invece svolgere altri compiti, come ad esempio migliorare la didattica. Né tanto meno la loro adozione si trasforma automaticamente in crescita dell’economia.
1. Secondo l’orientamento oggi prevalente della giurisprudenza, per poter derogare al contratto collettivo nazionale con effetti estesi a tutti i dipendenti dell’azienda, un contratto aziendale deve essere firmato da tutte le organizzazioni sindacali firmatarie del contratto nazionale.
La storia della Fiat è intrecciata con quella dell’industria italiana. Per questo non dovrebbero sorprendere le recenti decisioni del gruppo torinese di trasferire gli stabilimenti produttivi in paesi emergenti. In un contesto internazionale dove la produzione mondiale di veicoli è crollata, le grandi imprese -la Fiat più di altre- cercano di produrre in paesi a più basso costo con inevitabili riflessi sul nostro sistema di relazioni industriali. Iniziare il dibattito sul tema già due anni fa avrebbe aiutato a gestire meglio il problema.