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Manovra economica ed evasione fiscale

Dell’evasione in Italia si sa praticamente tutto. Il problema di fondo consiste nel fatto che vi sono redditi completamente tracciabili e tracciati e altri che non lo sono. Se si ritiene che la riduzione dell’evasione sia utile, andrebbero reintrodotte integralmente le misure varate dal governo Prodi e subito abrogate dal governo Berlusconi. Con un passo ulteriore: grazie all’anagrafe dei conti bancari è possibile oggi richiedere agli intermediari finanziari la trasmissione al fisco dei saldi finali annuali di tutti i contribuenti, come avviene in altri paesi.

Una rete per le piccole imprese

Nasce una rappresentanza della piccola impresa e del lavoro autonomo, R.ete. imprese Italia. Mette assieme le cinque associazioni storiche degli artigiani e dei commercianti e rappresenta nel suo complesso oltre due milioni e mezzo di imprese. Ha davanti alcune sfide, come quella di riuscire a rimanere un soggetto effettivamente autonomo dai partiti senza cedere a tentazioni di neocollateralismo, mentre resta da definire dove si fermerà il processo di aggregazione di altre realtà associative. Ma ancora più importante è il nodo dei rapporti con Confindustria.

La soluzione ragionevole dell’emergenza greca

L’euforia seguita all’annuncio delle misure del pacchetto salva-euro ha avuto vita breve: il giorno dopo, le borse sono ridiscese, gli spread sui titoli dei paesi a rischio aumentati e l’euro ha proseguito la sua caduta. Ha ragione allora chi sostiene che le misure sono inutili o dannose e che era preferibile il default della Grecia? Il piano Europa-Fondo monetario rappresenta una risposta ragionevole in una situazione di emergenza. Se darà gli effetti sperati dipende in larga misura dalle prossime mosse dei più importanti paesi europei, Germania in testa.

La favola del Pil dopato dei tedeschi

Per giustificare la debole crescita italiana si ricorre addirittura all’ipotesi che l’Istat tedesca abbia tenuto bassi i dati dell’inflazione per dopare il Pil tedesco. E’ un evento molto improbabile. In un mondo ancora poco globale non è così strano che i prezzi siano aumentati di più in Italia che in Germania per un lungo periodo di tempo. Rassegniamoci all’idea che cambiare il metodo di misurazione non è una soluzione al problema della crescita.

Perché il Piano Merkel è un errore

Il progetto tedesco di introdurre il pareggio di bilancio quale condizione per l’appartenenza all’euro è sbagliato: non funzionerà e distrae dal vero problema dell’Europa, la crescita. Certo, il Patto di stabilità va rivisto, ma in modo intelligente. Da un debito elevato si esce in un paio di generazioni, non in un paio di anni e occorre ridurre la spesa, non aumentare le tasse. Non tutte le spese poi sono uguali: ridurre quelle legate all’invecchiamento della popolazione ha effetti diversi da un taglio alle infrastrutture. Il ruolo dei comitati indipendenti autorevoli.

La risposta ai commenti

Ringraziamo i lettori per i loro commenti, che ci consentono di precisare meglio alcuni punti importanti. Per quanto riguarda il ruolo delle aspettative di bailout nell’influenzare l’efficienza della spesa, l’affermazione si basa sulla stima di un modello econometrico a due stadi: in un primo stadio viene analizzata la relazione statistica fra il finanziamento della sanità regionale da parte del governo centrale e una serie di variabili utilizzate come proxy per le aspettative di bailout, che includono la disponibilità di risorse proprie regionali (es. IRAP dal 1998), il ruolo dei vincoli finanziari europei legati all’adozione della moneta unica (Trattati di Maastricht e Amsterdam) e l’allineamento politico fra governo centrale e governo regionale; in un secondo stadio, si utilizza il finanziamento statale “condizionato” a certe aspettative di bailout (derivato sulla base delle stime del primo stadio) come variabile esplicativa dei livelli di inefficienza, inserendolo in un modello che definisce una “frontiera” efficiente di spesa tenendo anche conto di alcuni fattori ambientali rilevanti, quali la spesa sanitaria privata, la struttura demografica della popolazione, il livello di istruzione e degli “effetti fissi” che catturano l’eterogeneità fra regioni non direttamente osservabile. Sulla base di questo lavoro, quello che troviamo è che le aspettative di bailout si riducono se ci sono vincoli europei credibili e se si attribuiscono risorse proprie alle regioni. L’aumento dei trasferimenti statali e l’allentamento dei vincoli europei (con la crisi del Patto di Stabilità e Crescita) hanno agito in direzione opposta, peggiorando l’efficienza della spesa. Per maggiori dettagli rimandiamo i lettori interessati al nostro lavoro (un po’ tecnico) : Piacenza M. e Turati G. (2010), “Does fiscal discipline towards sub-national governments affect citizens’ well-being? Evidence on health” (disponibile al sito). Per quanto riguarda la “misura” della salute, ribadiamo – come abbiamo già scritto nell’articolo – che i risultati sono robusti a misure alternative come l’aspettativa di vita media alla nascita. Entrambe le misure sono proxy comunemente usate per valutare lo stato di salute di una popolazione (si veda, p.e., B.J. Turnock, 2007, Essentials of public health, Jones and Bartlett Publishers). Infine, sulla questione degli sprechi, è un fatto che gli sprechi ci sono e sono diffusi, non solo nella sanità, ma in generale nella Pubblica Amministrazione. Crediamo ci sia abbondante evidenza aneddotica di come si possa provare a risparmiare risorse senza effetti sulla salute della popolazione: per fare un solo esempio, considerando la spesa farmaceutica, che lo stesso farmaco abbia prezzi radicalmente diversi in regioni diverse è un fatto (e non è un caso che nella manovra per il prossimo anno si pensi ad un prezzo di riferimento per tutte le regioni stabilito da Consip). Queste differenze di prezzo generano risparmi potenziali non sfruttati senza alcun effetto sulla salute dei cittadini. Al di là dell’aneddotica, per avere comunque un quadro più completo dei problemi e dei potenziali risparmi si possono utilmente leggere le relazioni dei giudici contabili e quelle delle Commissioni parlamentari di inchiesta; la relazione della Commissione “Carella” è disponibile sul sito del Senato della Repubblica.

Non tutti i bambini vanno in Costa Smeralda

In un fase difficile per le famiglie italiane come questa di alta disoccupazione e grave ristagno economico, tra gli obiettivi più importanti c’’è quello di aumentare il lavoro retribuito delle donne, tra i più bassi d’’Europa e senza il quale oggi le famiglie non riescono a far quadrare il bilancio. Abbiamo già commentato come i tagli dell’’organico della scuola abbiano avuto  un impatto negativo sull’’occupazione femminile sia direttamente che indirettamente e sulla crescente difficoltà di rientro al lavoro per le mamme. Il secondo obiettivo cruciale è investire nell’’istruzione a tutti i livelli, ma soprattutto nelle prime fasi del ciclo di vita dei bambini, periodo essenziale per gli esiti cognitivi futuri. I recenti rapporti internazionali e i dati Pisa mostrano che i bambini italiani vanno meno bene a scuola che in altri paesi avanzati (siamo al quartultimo posto per i risultati nei test di scienze e matematica PISA 2006, e al sestultimo per quelli di lettura) e che la spesa in istruzione pubblica è del 15-20 per cento più bassa rispetto alla media dei paesi Ocse. La proposta di riorganizzare la calendarizzazione scolastica che ritarda ulteriormente il tempo di scuola rispetto ad altri paesi Europei (per esempio sia in Francia che in Inghilterra l’’anno scolastico inizia nei primi due giorni di settembre e finisce a luglio) mette in maggiori difficoltà le famiglie. Quanto meno vogliamo spendere per l’’istruzione dei nostri figli? Chi beneficerà dell’’incremento del tempo per gioire delle vacanze estive? Andiamo forse nella direzione di  un progetto di home schooling in cui le mamme staranno a casa ad insegnare ai loro figli? Si tratterebbe di un quadro molto coerente con il progetto di ottocentizzazione del paese che esce dalle pagine del documento congiunto del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e del ministero per le Pari opportunità intitolato “Italia 2020”.

Sull’evasione parlano i dati

Con la preparazione della nuova manovra finanziaria torna alla ribalta la discussione sull’evasione fiscale e sui modi per contrastarla. Prima di tutto, però, sarebbe necessario capire che cosa è accaduto in questi ultimi anni. I dati ci dicono che affidare la lotta all’evasione solo a strumenti che agiscono a valle delle dichiarazioni non è sufficiente. Bisogna invece riflettere su forme di contrasto a monte, soprattutto in un sistema economico come il nostro dove agiscono sei milioni di partite Iva.

Un condono “ad aziendam”?

Nella lettera inviata al presidente del Consiglio e ai presidenti di Camera e Senato al momento della promulgazione del decreto legge “incentivi” (n. 40/2010)  il presidente Napolitano esprime, fra gli altri, “dubbi in ordine alla sussistenza dei presupposti di straordinaria necessità ed urgenza” per alcune nuove disposizioni introdotte, con emendamento, nel corso del dibattito parlamentare.
Si riferisce esplicitamente anche al comma 2-bis dell’articolo 3.
Questo comma prevede due modalità di rapida definizione delle controversie tributarie pendenti da oltre dieci anni e per le quali l’amministrazione finanziaria è risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio. Una di queste (lettera b)) prevede che  il contribuente possa estinguere la controversia che lo riguarda, pagando un importo pari al 5 per cento del suo valore (riferito alla sola imposta oggetto di contestazione in primo grado, senza tenere conto  degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni).
Ci ricorda Napolitano che “la finalità dichiarata, in sé apprezzabile, di assicurare la durata ragionevole dei processi è contraddetta dall’assenza di qualsiasi disposizione a regime diretta alla semplificazione ed abbreviazione del contenzioso tributario”.
La norma infatti consiste unicamente in una sanatoria di situazioni in essere, a cui avranno interesse ad aderire solo coloro che hanno ragionevole timore di perdere in Cassazione (pur avendo vinto nei due gradi precedenti).
Perché è stata riproposta, dopo che era stata già fermata una volta al momento della discussione della legge finanziaria? Chi ne avvertiva l’’urgenza? A chi giova?
E’ un dato di fatto che le condizioni richieste per accedere alla sanatoria si attagliano alla perfezione – a un importante contenzioso pendente in Cassazione – che riguarda la Mondadori, dal valore stimato in circa 200 milioni di euro.
Sarà per questo che la norma è stata ribattezzata “lodo Cassazione”?

Legge sulle intercettazioni: il vero obiettivo

Il disegno di legge sulle intercettazioni mina senz’altro il diritto di cronaca. Ma il vero effetto dirompente del provvedimento è rendere meno efficace lo strumento investigativo più utile nelle inchieste giudiziarie. Non vorremmo quindi che nella discussione di questi giorni la giusta reazione dei media spostasse l’attenzione della discussione dal problema cruciale: le intercettazioni sono uno strumento di indagine e reperimento delle prove essenziale per la magistratura. E’ prima di tutto su queste limitazioni che va condotta una battaglia civile.

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