La crisi della Grecia avrà un effetto destabilizzante per tutta l’area euro? La possibilità di un default del governo greco è in realtà remota, ma è vero che i mercati e le agenzie di rating danno segni di nervosismo. Anche nell’ipotesi peggiore, si può comunque evitare una crisi di sistema. Basta che gli altri stati dell’area offrano un aiuto finanziario. Che avrebbe costi decisamente inferiori a quelli già sostenuti per il salvataggio delle banche durante la crisi finanziaria. Soprattutto, i governi dell’eurozona dovrebbero rendere chiara la loro posizione sulla questione.
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Il 2009 si chiuderà come l’anno economicamente peggiore del secondo dopoguerra. Ma per il 2010 si può provare ad essere più ottimisti. I dati del terzo trimestre mostrano infatti che l’economia italiana è ripartita. Grazie alle esportazioni, che in tutta l’area euro sono la voce più nettamente positiva. Segno che il mondo inizia a mettere dietro le spalle la crisi. Ma è soprattutto all’economia tedesca che dobbiamo guardare. Se la Germania andrà bene, come sembra, le cose andranno bene anche per il nostro paese.
Come era da attendersi, il governo ha deciso la proroga dello scudo fiscale. Chi non ha ancora provveduto a rimpatriare i capitali detenuti illegalmente allestero potrà ora farlo, con un modico sovrapprezzo, il 6%, invece del 5%, se ci si adeguerà entro febbraio, e il 7%, se lo farà entro marzo. Ed è facile ipotizzare che se ce ne sarà ancora bisogno per perseguire la strategia del governo, lo scudo verrà prorogato ancora, magari con qualche altro ritocco. Il ministro Tremonti ha presentato i risultati della prima tranche dello scudo come uno straordinario successo, circa 80 miliardi rientrati, per un gettito addizionale di 4 miliardi. In che senso sia stato un successo però non si capisce. Che i capitali siano rientrati davvero e che vadano a finanziare le imprese italiane è tutto da dimostrare, visto che il rientro vero era previsto solo per i capitali detenuti presso i paradisi fiscali. Che viceversa sia stato uno straordinario regalo per gli evasori, oltretutto protetti dallanonimato è indubbio, come è indubbio il fatto che le maggiori entrate attuali vanno a detrimento di quelle future, visto che per i redditi scudati il fisco non potrà procedere con la normale attività di accertamento, che avrebbe potuto condurre domani a entrate ben maggiori. Di più, i condoni sono in genere pericolosi perché generano aspettative di futuri condoni, aumentando la propensione ad evadere al presente. Figuriamoci un condono a fisarmonica come questo, dove prima si pone un limite improrogabile, e poi lo si sposta a piacimento, oltretutto facendo intendere che se ci sarà bisogno lo si sposterà ancora. E un fisco che tratta con i guanti bianchi gli evasori. E che incredibilmente, con buona pace dellequità fiscale, fa invece la faccia feroce con quei contribuenti che avendo dichiarato limponibile, usano il ravvedimento operoso per spostare in avanti il pagamento delle imposte, in una situazione di crisi economica e carenza di liquidità. Ma qual è il senso di questa politica tributaria?
I vari scandali legati al sistema sanitario nazionale e in particolare al sistema di accreditamento al sistema pubblico di strutture ospedalieri private, rendono necessarie alcune riflessioni sul funzionamento della sanità privata convenzionata.
Nel sistema in vigore laccreditamento avviene a livello di clinica o di struttura ospedaliera privata. In sostanza, se una struttura privata è stata accreditata dal sistema sanitario nazionale, il paziente può essere curato in quella sede senza alcun costo, ad eccezione dei relativi ticket sanitari. La struttura accreditata avrà poi diritto a essere rimborsata dalla Regione in base a parametri e accordi prestabiliti. Il grande beneficio del sistema oggi in vigore è la riduzione delle liste di attesa. Unoperazione al ginocchio o alla spalla può oggi essere effettuata in una qualunque delle strutture convenzionate, senza dover aspettare le interminabili liste di attesa degli anni novanta. Ripensando allo psicodramma da lista di attesa, il sistema dellaccreditamento, dove è stato utilizzato di più, ha certamente consentito miglioramenti innegabili.
Al di là dei benefici descritti, i rischi del sistema convenzionato sono oggi evidenti. In una struttura privata convenzionata i rimborsi vengono fatti rigorosamente in funzione degli interventi somministrati. Maggiori gli interventi somministrati, maggiori i rimborsi di cui godrà la struttura e maggiori gli utili per i proprietari della clinica privata. In un sistema di questo tipo la pressione a aumentare il numero di interventi e il relativo fatturato è enorme. I manager di queste strutture hanno chiari incentivi affinché il numero di interventi somministrati nella propria struttura cresca ogni anno. Frasi del tipo dottore siamo indietro con le protesi sembrano purtroppo assai comuni nei colloqui tra manager e medici che operano delle strutture convenzionate. In questo sistema, il rischio di un interventismo eccessivo è davvero reale, con drammatiche conseguenze sia sui pazienti sia sui costi del sistema.
Simili rischi si corrono anche in relazione alla qualità delle apparecchiature mediche e di diagnostica utilizzate. Il sistema sanitario riconosce un dato rimborso per ciascun intervento, senza avere pieno controllo sulla qualità degli strumenti utilizzati. E quindi evidente che i manager della sanità avranno interessi a minimizzare i costi dei materiali usati. Anche in questo caso chi rischia di pagarne le conseguenze sarà il paziente.
Anche se non avrebbe senso tornare a un sistema totalmente pubblico, correttivi al sistema in essere sono comunque necessari. Occorre ridurre lo strapotere dei pochi signori delle case di cure. Una possibilità sarebbe quella di riconoscere il rimborso delle operazioni chirurgiche effettuate direttamente ai medici piuttosto che alle case di cure. In altre parole le unità da accreditare per le operazioni dovrebbero essere i medici e non più le case di cura. In un sistema di questo tipo, diversi medici potrebbero scegliere tra diverse strutture, in modo da ridurre il potere oligopolistico dei manager privati della sanità. Lo Stato, le Regioni e il Ministero del Welfare dovrebbero comunque controllare che gli standard qualitativi e igienici in ciascuna struttura privata siano rispettati. Infine, sarebbe comunque necessario controllare, almeno in via campionaria, che gli interventi chirurgici richiesti dai singoli medici siano davvero necessari. Commissioni esterne, con medici provenienti da altre regioni o da altri paesi, dovranno controllare su base periodica le cartelle cliniche e le richieste di intervento. In questo sistema le case di cure sarebbero in competizione per attrarre i medici migliori. Certamente alcuni medici si arricchiranno più di altri, ma si ridurrà quel sistema oligarchico composto da signori della sanità e politici in cerca di favori.
Con il progressivo invecchiamento della popolazione, la gestione della sanità sarà sempre più importante e più complessa. Il sistema del futuro dovrà necessariamente basarsi su un misto pubblico e privato. Riducendo il potere delle case di cura si farà un passo avanti. Si ridurrà la discrezionalità dei politici nel scegliere le strutture convenzionate e si ridurrà il potere dei signori della sanità. Le difficoltà amministrative non mancheranno. Nel caso delle operazioni chirurgiche la proposta di mettere i medici al centro dei rimborsi sembra facilmente realizzabile, mentre sarebbe più complessa per quel che riguarda gli esami diagnostici. Certamente non si risolverà definitivamente il problema della sanità, ma quasi certamente si ridurrà il rischio di strani ed ambigui incontri, con tanto di borse piene di denaro, tra politici e manager della sanità.
Il proliferare su Facebook di gruppi inneggianti all’aggressore del Premier ha indotto il ministro Maroni a proporre il varo di norme per limitare la libertà di espressione sul web. Ma le leggi per combattere queste odiose manifestazioni esistono già e non è necessario creare nuove restrizioni, che sarebbero comunque difficilmente applicabili. Il tema è molto delicato perché imboccare una china repressiva della libertà di pensiero e di espressione può facilmente portare a derive illiberali. Lo aveva riconosciuto anche l’ex-ministro della Giustizia Castelli pochi anni fa.
Grazie a tutti i lettori per i commenti.
I lettori Vincenzo Scrutinio e Marco hanno ragione: negli scenari 1 e 2 si assume che in Italia il tasso dinflazione passi dallattuale -0,5% al 1,13% ed al 3%, rispettivamente, (supponendo una crescita del PIL all1%), senzache i tassi nominali aumentino. Questo avverrebbe solo se laccelerazione dei prezzi non fosse anticipata dai mercati e dunque non si riflettesse sui tassi nominali. Nel caso limite opposto in cui i tassi nominali aumentassero perfettamente in linea con linflazione (vale a dire diventassero pari al 4.64% e al 6.51%) i tassi reali non cambierebbero, e lunico vantaggio rimarrebbe quello proveniente dalla crescita del PIL. In questo caso lentità della manovra richiesta per stabilizzare il rapporto debito PIL in Italia si ridurrebbe meno, al 5,25%, in entrambi gli scenari.
Il lettore Dino Martellato, invece, ha torto. Il rapporto debito PIL è cruciale per la sostenibilità, perché ci dice qual è il surplus primario necessario per ottenere quei risparmi che permettano allo stato di rimborsare il debito esistente e di pagarne gli interessi maturati.
Il lettore (e collega) Riccardo Ercoli solleva il punto delle regole fiscali: non esistono, sostiene, regole fiscali in Italia che vincolino il Governo a metter in atto gli aggiustamenti previsti negli scenari. Due osservazioni in proposito: 1) nellarticolo si vuole metter in luce quali aggiustamenti di bilancio sarebbero necessari per stabilizzare il rapporto debito PIL nei due paesi, e non esprimere un giudizio circa la probabilità che questi siano messi in atto; 2) la mia opinione sullefficacia delle fical rules è che queste regole siano per lo più adottate dai paesi virtuosi (in termini di disciplina di bilancio), ma che di per sé non rendano i paesi virtuosi (si veda in proposito il mio IMF Working paper).
Negli anni 60 e 70 la politica di sviluppo del mezzogiorno fu ispirata dalla teoria dei poli di sviluppo di François Perroux: localizzare una fabbrica (un polo) nellarea da sviluppare in modo che da questa per imitazione ne nascessero altre fino a contagiare lintero territorio. Il successo di quella esperienza è dibattuto, ma è indubbio che dei risultati li abbia prodotti: anche grazie ai poli oggi il problema economico del Mezzogiorno non è più uno di sottosviluppo ma di sviluppo economico relativo. Riamane però intatto un sistema di valori e di credenze – di cui la scarsa fiducia reciproca, lo scetticismo dellindividuo nei propri mezzi e laffidamento invece ai potenti per affermarsi sono i tratti più vistosi. Essi ostacolano il dispiegarsi delle energie economiche e impediscono il buon funzionamento della società. Una politica economica ambiziosa e utile dovrebbe oggi proporsi di intaccare e capovolgere quel sistema di valori per consentire
laffermarsi e il lento diffondersi di un altro fondato sulla fiducia dellindividuo in se stesso e negli altri, il rifiuto del "padrinaggio" e il reclamo del merito come criterio di selezione, la disponibilità a cooperare
e a bandire chi non coopera. Come? Praticando lidea di Perroux con la creazione di poli "culturali" in cui integrità morale, dedizione agli obiettivi della organizzazione, affermazione dellindividuo, cooperazione
reciproca e premio del merito individuale siano i valori ispiratori. Inizi lo Stato a creare questi poli nelle proprie amministrazioni localizzate nel Mezzogiorno. Non servono soldi, solo un grosso sforzo di riorganizzazione e la rinuncia ai benefici politici delle clientele.
Samuelson fu ad Harvard allievo di Schumpeter (un altro dei massimi economisti del Novecento). Io sono stato allievo di Richard Goodwin, coetaneo e pure lui allievo di Schumpeter. Mi raccontava spesso un divertente aneddoto. Samuelson si rodeva il fegato perchè, pur essendo insieme a Goodwin e a Paul Sweezy il più brillante allievo di Schumpeter, il comune maestro, politicamente acceso conservatore (se non decisamente reazionario: a favore della Triplice, dopo Pearl Harbour!), gli preferiva Goodwin e Sweezy noti comunisti (tanto che Goodwin dovette abbandonare gli Stati Uniti e trovare asilo a Cambridge, UK, e Sweezy, rimasto in America, fu sempre emarginato dall’ambiente accademico tradizionale). Goodwin, sorridendo, mi diceva che la vera ragione della preferenza contraria a Samuelson, non fosse tanto dovuta alla loro superiore brillantezza intellettuale, quanto piuttosto al fatto che loro due (Goodwin e Sweezy) erano alti, belli, biondi, con gli occhi azzurri e di famiglia molto ricca, tipici WASP), mentre Samuelson era un povero ebreo, nè biondo nè particolarmente bello. A grande onore di Schumpeter, va detto che quando, proprio per le sue origini ebraiche, Harvard negò a Samuelson la sua prima posizione accademica, costringendolo ad andare al MIT (da cui non si spostò più, divenendone una delle grandi glorie), l”antisemita’ e reazionario Schumpeter minacciò le dimissioni da Harvard.
Paul Samuelson è stato un pensatore unico. Nessuno ha dato alla scienza economica tante idee fondamentali nei più diversi campi. Ma particolarmente attuale appare oggi il suo contributo alla politica economica. Fondato sulle buone politiche macroeconomiche. Un insegnamento spesso dimenticato da economisti troppo presi dalla bellezza della matematica dei mercati perfetti. E che per questo trascurano il mondo reale. Al quale invece Samuelson è rimasto sempre profondamente ancorato.
Juanita Devis
Sono Juanita Devis una studente di architettura preso il politecnico di Milano, le scrivo perché ho letto il suo articolo su repubblica e volevo ringraziarlo perché il suo articolo mi ha dato molto conforto, poiché mi ma sentire che non sono da sola e che qualcuno considera che noi studenti stranieri posiamo essere uno strumento utile nella vostra economia e non un qualcosa di non voluto. Perché nel vostro paese c’è tanto da fare per migliorare le cose e se voluti potremmo fare tante cose.
E il suo articolo un primo briciolo di un cambiamento positivo.
Cordiali Saluti
Renè
Io sono uno di quei studenti che ogni anno per il permesso di soggiorno fa file interminabili per vari uffici burocratici di Bologna: anagrafe, prefettura, questura etc. Non ho mai capito perché noi studenti stranieri per la questura siamo uguali agli immigrati di ogni tipo, anzi peggio perché il nostro permesso ha durata di 1 anno, però il tempo che ci mettono per rinnovarlo è di 10-11 mesi. Alla fine ci troviamo con un permesso valido solo 1 mese allanno. Le segreterie universitarie (almeno quella di Farmacia con cui ho lesperienza diretta) bloccano il rilascio del tesserino degli esami se non porti un permesso valido, quindi per 10-11 mesi allanno non puoi registrare esami, e non tutti i prof ti aspettano 10 mesi per registrarti lesame. Non fossi innamorata di un italiano io me ne sarei andata dallItalia; qui è impossibile vivere serenamente gli studi.
Gabriele
Pienamente d’accordo con questo articolo, purtroppo penso però che l’attuale governo invece di semplificare la vita degli studenti stranieri continuerà a complicarla. Ho la ragazza straniera che ha deciso di iscriversi all’università in Italia. Ho dovuto quindi aiutarla con tutte le pratiche burocratiche, ai limiti dell’assurdità umana, prevista dalla legislazione italiana. Solo per fare un esempio, potrei scrivere un libro di questi 4 anni di pratiche in questura e per uffici pubblici: il permesso di soggiorno deve essere rinnovato di anno in anno a inizio settembre (si ha una paura tremenda che uno straniero possa iscriversi all’università italiana e poi fare altro, come se fosse facile iscriversi…) e la domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un mese prima della scadenza, ma in essa si deve dare prova di iscrizione al nuovo anno accademico! Come fa uno a essere iscritto al nuovo anno già a luglio?Inesorabilmente al primo appuntamento fissato in questura viene dichiarata l’incompletezza della domanda e dato nuovo appuntamento, spesso ad anno nuovo. Nel frattempo scade l’iscrizione al SSN, che segue l’anno solare (sic!). Domanda ancora incompleta!