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MA LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE NON È UN OPTIONAL

Il proliferare su Facebook di gruppi inneggianti all’aggressore del Premier ha indotto il ministro Maroni a proporre il varo di norme per limitare la libertà di espressione sul web. Ma le leggi per combattere queste odiose manifestazioni esistono già e non è necessario creare nuove restrizioni, che sarebbero comunque difficilmente applicabili. Il tema è molto delicato perché imboccare una china repressiva della libertà di pensiero e di espressione può facilmente portare a derive illiberali. Lo aveva riconosciuto anche l’ex-ministro della Giustizia Castelli pochi anni fa.

Grecia, come scongiurare l’effetto domino

La crisi della Grecia avrà un effetto destabilizzante per tutta l’area euro? La possibilità di un default del governo greco è in realtà remota, ma è vero che i mercati e le agenzie di rating danno segni di nervosismo. Anche nell’ipotesi peggiore, si può comunque evitare una crisi di sistema. Basta che gli altri stati dell’area offrano un aiuto finanziario. Che avrebbe costi decisamente inferiori a quelli già sostenuti per il salvataggio delle banche durante la crisi finanziaria. Soprattutto, i governi dell’eurozona dovrebbero rendere chiara la loro posizione sulla questione.

2010: LE RAGIONI DELL’OTTIMISMO

Il 2009 si chiuderà come l’anno economicamente peggiore del secondo dopoguerra. Ma per il 2010 si può provare ad essere più ottimisti. I dati del terzo trimestre mostrano infatti che l’economia italiana è ripartita. Grazie alle esportazioni, che in tutta l’area euro sono la voce più nettamente positiva. Segno che il mondo inizia a mettere dietro le spalle la crisi. Ma è soprattutto all’economia tedesca che dobbiamo guardare. Se la Germania andrà bene, come sembra, le cose andranno bene anche per il nostro paese.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie a tutti i lettori per i commenti.
 
I lettori Vincenzo Scrutinio e Marco hanno ragione: negli scenari 1 e 2 si assume che in Italia il tasso d’inflazione passi dall’attuale -0,5% al 1,13% ed al 3%, rispettivamente, (supponendo una crescita del PIL all’1%), senzache i tassi nominali aumentino. Questo avverrebbe solo se l’accelerazione dei prezzi non fosse anticipata dai mercati e dunque non si riflettesse sui tassi nominali. Nel caso limite opposto in cui i tassi nominali aumentassero perfettamente in linea con l’inflazione (vale a dire diventassero pari al 4.64% e al 6.51%) i tassi reali non cambierebbero, e l’unico vantaggio rimarrebbe quello proveniente dalla crescita del PIL. In questo caso l’entità della manovra richiesta per stabilizzare il rapporto debito PIL in Italia si ridurrebbe meno, al 5,25%, in entrambi gli scenari.
Il lettore Dino Martellato, invece, ha torto. Il rapporto debito PIL è cruciale per la sostenibilità, perché ci dice qual è il surplus primario necessario per ottenere quei risparmi che permettano allo stato di rimborsare il debito esistente e di pagarne gli interessi maturati.
Il lettore (e collega) Riccardo Ercoli solleva il punto delle regole fiscali: non esistono, sostiene, regole fiscali in Italia che vincolino il Governo a metter in atto gli aggiustamenti previsti negli scenari. Due osservazioni in proposito: 1) nell’articolo si vuole metter in luce quali aggiustamenti di bilancio sarebbero necessari per stabilizzare il rapporto debito PIL nei due paesi, e non esprimere un giudizio circa la probabilità che questi siano messi in atto; 2) la mia opinione sull’efficacia delle fical rules è che queste regole siano per lo più adottate dai paesi virtuosi (in termini di disciplina di bilancio), ma che di per sé non rendano i paesi virtuosi (si veda in proposito il mio IMF Working paper).

POLI CULTURALI PER IL MEZZOGIORNO

Negli anni 60 e 70 la politica di sviluppo del mezzogiorno fu ispirata dalla teoria dei poli di sviluppo di François Perroux: localizzare una fabbrica (un polo) nellÂ’area da sviluppare in modo che da questa per imitazione ne nascessero altre fino a contagiare lÂ’intero territorio. Il successo di quella esperienza è dibattuto, ma è indubbio che dei risultati li abbia prodotti: anche grazie ai poli oggi il problema economico del Mezzogiorno non è più uno di sottosviluppo ma di sviluppo economico relativo. Riamane però intatto un sistema di valori e di credenze – di cui la scarsa fiducia reciproca, lo scetticismo dellÂ’individuo nei propri mezzi e lÂ’affidamento invece ai potenti per affermarsi sono i tratti più vistosi. Essi ostacolano il dispiegarsi delle energie economiche e impediscono il buon funzionamento della società. Una politica economica ambiziosa e utile dovrebbe oggi proporsi di intaccare e capovolgere quel sistema di valori per consentire
l’affermarsi e il lento diffondersi di un altro fondato sulla fiducia dell’individuo in se stesso e negli altri, il rifiuto del "padrinaggio" e il reclamo del merito come criterio di selezione, la disponibilità a cooperare
e a bandire chi non coopera. Come? Praticando l’idea di Perroux con la creazione di poli "culturali" in cui integrità morale, dedizione agli obiettivi della organizzazione, affermazione dell’individuo, cooperazione
reciproca e premio del merito individuale siano i valori ispiratori. Inizi lo Stato a creare questi poli nelle proprie amministrazioni localizzate nel Mezzogiorno. Non servono soldi, solo un grosso sforzo di riorganizzazione e la rinuncia ai benefici politici delle clientele.

Fabio Ranchetti ricorda Samuelson

Samuelson fu ad Harvard allievo di Schumpeter (un altro dei massimi economisti del Novecento). Io sono stato allievo di Richard Goodwin, coetaneo e pure lui allievo di Schumpeter. Mi raccontava spesso un divertente aneddoto. Samuelson si rodeva il fegato perchè, pur essendo insieme a Goodwin e a Paul Sweezy il più brillante allievo di Schumpeter, il comune maestro, politicamente acceso conservatore (se non decisamente reazionario: a favore della Triplice, dopo Pearl Harbour!), gli preferiva Goodwin e Sweezy noti comunisti (tanto che Goodwin dovette abbandonare gli Stati Uniti e trovare asilo a Cambridge, UK, e Sweezy, rimasto in America, fu sempre emarginato dall’ambiente accademico tradizionale). Goodwin, sorridendo, mi diceva che la vera ragione della preferenza contraria a Samuelson, non fosse tanto dovuta alla loro superiore brillantezza intellettuale, quanto piuttosto al fatto che loro due (Goodwin e Sweezy) erano alti, belli, biondi, con gli occhi azzurri e di famiglia molto ricca, tipici WASP), mentre Samuelson era un povero ebreo, nè biondo nè particolarmente bello. A grande onore di Schumpeter, va detto che quando, proprio per le sue origini ebraiche, Harvard negò a Samuelson la sua prima posizione accademica, costringendolo ad andare al MIT (da cui non si spostò più, divenendone una delle grandi glorie), l”antisemita’ e reazionario Schumpeter minacciò le dimissioni da Harvard.

LE TESTIMONIANZE DEGLI STUDENTI STRANIERI

Juanita Devis

Sono Juanita Devis una studente di architettura preso il politecnico di Milano, le scrivo perché ho letto il suo articolo su repubblica e volevo ringraziarlo perché il suo articolo mi ha dato molto conforto, poiché mi ma sentire che non sono da sola e che qualcuno considera che noi studenti stranieri posiamo essere uno strumento utile nella vostra economia e non un qualcosa di non voluto. Perché nel vostro paese c’è tanto da fare per migliorare le cose e se voluti potremmo fare tante cose.
E il suo articolo un primo briciolo di un cambiamento positivo.
Cordiali Saluti

Renè

Io sono uno di quei studenti che ogni anno per il permesso di soggiorno fa file interminabili per vari uffici burocratici di Bologna: anagrafe, prefettura, questura etc. Non ho mai capito perché noi studenti stranieri per la questura siamo uguali agli immigrati di ogni tipo, anzi peggio perché il nostro permesso ha durata di 1 anno, però il tempo che ci mettono per rinnovarlo è di 10-11 mesi. Alla fine ci troviamo con un permesso valido solo 1 mese all’anno. Le segreterie universitarie (almeno quella di Farmacia con cui ho l’esperienza diretta) bloccano il rilascio del tesserino degli esami se non porti un permesso valido, quindi per 10-11 mesi all’anno non puoi registrare esami, e non tutti i prof ti aspettano 10 mesi per registrarti l’esame. Non fossi innamorata di un italiano io me ne sarei andata dall’Italia; qui è impossibile vivere serenamente gli studi.

Gabriele

Pienamente d’accordo con questo articolo, purtroppo penso però che l’attuale governo invece di semplificare la vita degli studenti stranieri continuerà a complicarla. Ho la ragazza straniera che ha deciso di iscriversi all’università in Italia. Ho dovuto quindi aiutarla con tutte le pratiche burocratiche, ai limiti dell’assurdità umana, prevista dalla legislazione italiana. Solo per fare un esempio, potrei scrivere un libro di questi 4 anni di pratiche in questura e per uffici pubblici: il permesso di soggiorno deve essere rinnovato di anno in anno a inizio settembre (si ha una paura tremenda che uno straniero possa iscriversi all’università italiana e poi fare altro, come se fosse facile iscriversi…) e la domanda di rinnovo deve essere presentata almeno un mese prima della scadenza, ma in essa si deve dare prova di iscrizione al nuovo anno accademico! Come fa uno a essere iscritto al nuovo anno già a luglio?Inesorabilmente al primo appuntamento fissato in questura viene dichiarata l’incompletezza della domanda e dato nuovo appuntamento, spesso ad anno nuovo. Nel frattempo scade l’iscrizione al SSN, che segue l’anno solare (sic!). Domanda ancora incompleta!

L’IMPAREGGIABILE SAMUELSON

Paul Samuelson è stato un pensatore unico. Nessuno ha dato alla scienza economica tante idee fondamentali nei più diversi campi. Ma particolarmente attuale appare oggi il suo contributo alla politica economica. Fondato sulle buone politiche macroeconomiche. Un insegnamento spesso dimenticato da economisti troppo presi dalla bellezza della matematica dei mercati perfetti. E che per questo trascurano il mondo reale. Al quale invece Samuelson è rimasto sempre profondamente ancorato.

UN VISTO PER GLI STUDENTI STRANIERI

Il nostro paese ha bisogno di capitale umano per uscire non solo dalla recessione, ma anche dalla stagnazione che l’ha preceduta.  C’è un capitale umano che possiamo acquisire subito. E’ quello dei piccoli numeri, dei talenti che girano per il mondo e che si interrogano oggi su com’è cambiata la geografia del mondo dopo la crisi per decidere dove andare. Pochi innesti di qualità possono significare grandi cambiamenti nella nostra economia. Oggi i 2000 studenti di dottorato stranieri in Italia, in 9 su 10, pensano solo a scappare appena finiti gli studi perché sfiniti dai rinnovi dei permessi di soggiorno, dalle forche caudine cui vengono sottoposti dalle nostre leggi sull’immigrazione. Introduciamo subito un visto per gli studenti (come il J1 negli Stati Uniti) che permetta di risiedere, entrare ed uscire legalmente dal nostro paese per tutta la durata del corso di studi. Deve essere concesso sulla base di una lettera di accettazione dell’università che accoglie il dottorando e che ha tutti gli incentivi ad ammettere solo gli studenti con maggiori potenzialità. A quel punto potranno pensare solo a studiare senza dover frequentare a lungo le nostre questure in attesa di un rinnovo del permesso, che poi arriva immancabilmente quando è già scaduto. Le nostre politiche dell’immigrazione dovranno poi garantire una corsia preferenziale a chi ha studiato da noi e ha una laurea o un dottorato. Chi viene da noi deve già sapere che al termine del corso di studi verrà messo nella stessa condizione degli studenti italiani nel cercare un impiego.

ALFANO, FERROTTI E LA QUERELLE ENNA

L’articolo precedente è firmato da Calogero Ferrotti, procuratore della Repubblica di recente fama mediatica. In breve, i fatti sono questi. Qualche giorno fa, di fronte al ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e ad altri magistrati, Ferrotti ha lamentato il progressivo impoverimento di organico della procura di Enna: in cinque anni è sceso da cinque pubblici ministeri a uno, lo stesso Ferretti. E ha minacciato di mettersi in pensione. La risposta del ministro non si è fatta attendere. Poche ore dopo, Alfano ha dichiarato all’agenzia Ansa: “Ho già fatto presente a Ferrotti che amministrare la giustizia è compito difficile e quindi, se non se la sente, è meglio che si goda una meritata pensione. Io chiederò al Csm l’immediata nomina del nuovo procuratore”.
 
ASPETTANDO LA RIFORMA
 
Sono parole forti perché vengono dal ministro della Giustizia. Particolarmente forti quando il magistrato è impegnato in prima linea, in una sede difficile e in condizioni difficili. Ferrotti, tra parentesi, non è coscritto, ma volontario: viene dalla procura di Orvieto, una sede presumibilmente meno problematica, perché ha espressamente richiesto il trasferimento a Enna. Insomma, la reazione del ministro sembra proprio fuori luogo.
La “querelle Enna” ha attirato una certa attenzione da parte dei media, giustificata non soltanto dalla reazione inappropriata del ministro, ma anche e soprattutto perché la perdita di organico delle procure del Sud è un fenomeno importante e grave. (1) Come mette in rilievo un recente articolo del Sole24Ore e come peraltro è sottolineato nell’articolo di Ferrotti. (2)
Ferrotti però aggiunge un elemento importante per comprendere le cause della fuga dei pm dal Sud, e cioè la norma del 2007 che vieta i posti di procura ai magistrati di prima nomina. La norma priva le procure di giovani validi. Inoltre, è difficile che pubblici ministeri “svezzati” si trasferiscano dalla magistratura giudicante, a causa di un nuovo divieto di trasferimento all’interno della stessa provincia. Il profilo normativo, quindi, è diventato ostile alla figura del pm: sembra ormai essere quasi un ruolo “a esaurimento,” in attesa di una riforma che separi i pubblici ministeri dalla magistratura giudicante e, possibilmente, li ponga sotto il controllo del potere esecutivo.
La norma del 2007 è stata approvata con consenso bipartisan, l’attuale governo non è dunque l’unico colpevole. E, invero, una eventuale riforma del ruolo del pm potrebbe avere i suoi vantaggi.
Nel frattempo, però, mentre di riforme si discute e ridiscute, le procure del Mezzogiorno si spopolano. Chi ha vissuto al Sud capisce l’importanza di lanciare un segnale forte alla criminalità, in zone dove spesso il potere dello Stato fa fatica a estendersi oltre le mura del palazzo di Giustizia. Quindi, la progressiva mancanza di azione da parte dello Stato fa paura ai cittadini onesti e rincuora quelli disonesti. Se dunque la depopolazione delle procure è una politica perseguita razionalmente, è quanto meno rischiosa.
 
QUESTIONE DI EQUILIBRI
 
Perché è una politica rischiosa? Per via della teoria del “tipping point,” sviluppata dal premio Nobel per l’Economia Thomas Schelling. In parole povere, l’idea è che in una situazione come quella della giustizia ci sono due “equilibri”: nel primo, quello buono, quasi nessun cittadino commette un crimine perché ci sono abbastanza magistrati per perseguire tutti i crimini che vengono commessi, e anche personale extra per perseguire un cittadino qualora decidesse di commetterli. Nel secondo equilibrio, invece, moltissimi cittadini commettono crimini perché la probabilità che ogni singolo cittadino venga perseguita è minuscola. È il tipo di equilibrio che prevale in certi ghetti delle città degli Usa, o in alcuni stati, tipo Haiti. Si noti che nei due equilibri il numero di magistrati può anche essere lo stesso, ma nel secondo i cittadini si coordinano sull’azione criminale, dando così luogo a una situazione di “uovo e gallina”: si commettono tanti crimini perché ogni magistrato è oberato di lavoro perché si commette troppo crimine.
È facile capire che per uscire da questo equilibrio bisogna investire una quantità di risorse molto maggiore di quante ne siano necessarie per mantenersi nell’equilibrio “buono”. E perciò, se assumiamo di essere ancora vicini all’equilibrio “buono” nel Sud, una diminuzione delle risorse destinate alla giustizia rischia di farci cadere in un equilibrio “di Haiti”, da cui sarebbe estremamente difficile uscire.
Concludo tornando a Ferrotti. Come pensate sia finita la querelle? Magari con le scuse del ministro per una esternazione impetuosa, ma non indicativa di un vero convincimento? No, naturalmente. Il ministro tace. Invece, Ferrotti ha raccolto il sostegno dei suoi colleghi magistrati e, con senso dello Stato ma, immagino, una punta di umiliazione, ha scelto di ritirare le sue dimissioni: continuerà a servire lo Stato (e tutti noi) a Enna. Da solo.
 
 
(1) Una ricerca su Google al 14 dicembre 2009 dei termini "Ferrotti Alfano Enna" restituisce 1.400 hit.
(2)Il Sole 24Ore del 14 dicembre 2009 http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Italia/2009/commenti-sole-24-ore/14-dicembre-2009/capi-solitari-procure-siciliane.shtml

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