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LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per i commenti. Non si può non concordare con quello che interpreta l’episodio come un  sintomo della tensione tra una politica monetaria unica e un quadro di politica economica frammentato su linee nazionali. Aggiungo che in un momento in cui si avanzano con enfasi proposte per rifondare la finanza sulla base di regole e di richiami all’etica colpisce che un paese fondatore dell’UME proponga norme che, oltre ad andare contro consolidate regole contabili e fiscali, intaccherebbero l’indipendenza finanziaria e istituzionale della Banca d’Italia e dunque dell’Eurosistema di cui questa è parte integrante.  Da qui discendono, tra l’altro, le funzioni eminentemente pubbliche di un istituto di diritto pubblico. Questi aspetti non sono inficiati dal dato storico di banche e assicurazioni private, oltre a enti pubblici, tra gli azionisti. Un esempio a questo riguardo è la remunerazione puramente simbolica del capitale, mentre è lo Stato, tra imposte sui redditi societari e retrocessione che ottiene benefici prevalenti dalla redditività della Banca d’Italia.
Tornando alle regole che, se accettate, devono poi essere  rispettate se se ne vuole preservare la credibilità e quindi l’efficacia segnaletica nei confronti degli operatori di mercato, merita di essere sottolineato che  il secondo parere del 24 luglio della BCE; curiosamente, a differenza del primo, di questo non c’è sinora traccia nei comunicati stampa del MEF né  sul sito della Banca d’Italia) sull’emendamento all’originaria norma sulla tassazione delle plusvalenze auree è, se possibile, ancor più negativo (o se si vuole “più ostativo”) sui temi dell’indipendenza finanziaria e istituzionale della Banca d’Italia e dell’incompatibilità del divieto di finanziamento monetario del settore pubblico. Ciò lascia facilmente intravvedere il rischio concreto dell’apertura di una procedura d’infrazione per violazione delle prerogative della BCE ai sensi dell’art. 230 del Trattato.
Molte delle obiezioni all’emendamento presentato il 15 luglio erano prevedibili; non si può escludere che la durezza formale nelle dettagliate argomentazioni della BCE sia  stata stimolata anche dalle forme nella risposta al primo parere. Basta ricordare l’evoluzione nell’aggettivazione del previsto parere della BCE, da favorevole a non ostativo; un inciso, che si presta a interpretazioni beffarde, “ nella misura idonea a garantire l’indipendenza finanziaria e istituzionale della Banca centrale” in successive versioni dell’emendamento;  motivazioni nella lettera del Ministro al Presidente della Camera circa la ratio di un’imposizione sulle plusvalenze maturate, anche se non realizzate, che suggeriscono un’analogia, che non esiste nel nostro ordinamento, tra il trattamento fiscale dei redditi da capitale per le persone fisiche che sottoscrivono fondi comuni di diritto italiano e quello di una società.  

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie per i commenti. Nel complesso, l’obiezione più ricorrente è che la BCE starebbe correttamente attuando una politica monetaria espansiva, necessaria per sostenere l’economia in crisi. Ben venga quindi l’espansione monetaria. Di altri problemi – come l’inflazione – ci si potrà occupare in futuro.
La mia risposta è che, in questa fase, la massiccia immissione di liquidità da parte della BCE non va a finanziare il settore privato (imprese e famiglie), ma il settore pubblico. Ciò pone due problemi. Primo: la trasmissione della politica monetaria, tramite il settore bancario, è in questo momento inefficace; quindi inondare le banche di liquidità non serve a conseguire l’obiettivo -ufficialmente dichiarato – di sostenere le imprese e le famiglie, alla ricerca di finanziamenti. Secondo: se la vera finalità è quella di agevolare il finanziamento del settore pubblico, si introduce una prassi pericolosa. L’autonomia della politica monetaria dalle necessità di finanziamento del settore pubblico è ormai un principio unanimemente accettato (e giustamente inserito nello Statuto della BCE): violarlo significa porre le premesse per una gestione della moneta orientata al breve periodo e introdurre distorsioni rispetto all’obiettivo della stabilità dei prezzi.
Un lettore (anonimo) chiede di fornire qualche dato a sostegno della mia tesi. Com’è noto, la fase espansiva della politica BCE è iniziata nell’ottobre dello scorso anno. Bene, la detenzione di titoli pubblici da parte delle banche della zona euro è passata da 1.187,7 miliardi di euro nell’ottobre del 2008 a 1.423,1 miliardi nel maggio di quest’anno (+20%). Su base annua, il tasso di crescita del credito concesso dalle banche della zona euro al settore pubblico era dell’8,3% a maggio, contro il 3,1% del credito complessivo al settore privato (-0,2% per le famiglie). Credo che siano dati significativi (tutti di fonte BCE, Bollettino mensile di luglio 2009).

GAS: I SALDI ARRIVANO PER DECRETO

Il decreto anticrisi contiene anche una riduzione pilotata dei prezzi del gas. E’ un favore a Eni e alle grandi imprese energivore. I risparmi nelle bollette delle famiglie sono decisi dall’Aeeg e dipendono dal calo del prezzo del petrolio nell’ultimo anno. E’ assai improbabile che il provvedimento renda più concorrenziale e più efficiente il mercato del gas italiano. E resta perciò aperto l’interrogativo sui prezzi che pagheranno coloro che non sono né piccoli consumatori tutelati né grandi consumatori industriali.

MANCA IL CORAGGIO ALL’UNIVERSITA’ DEL PD

La proposta di legge del Pd per la riforma dell’università non affronta le questioni cruciali che davvero permetterebbero il suo rilancio. Poche righe sui dottorati di ricerca, senza alcun incentivo a reali sinergie tra atenei. E pochi soldi per le borse di studio di merito. Molto spazio invece è dedicato ai concorsi. I ricercatori cambiano il nome, ma non lo stipendio. Di nuovo c’è l’istituzionalizzazione del doppio binario per il passaggio alle fasce superiori della docenza. Si poteva osare qualcosa di più, magari guardando ai paesi all’avanguardia nella ricerca.

MILANO DA BERE

Il comune di Milano vieta il consumo di alcolici in luogo pubblico ai minori di 16 anni. E motiva il provvedimento con la necessità di contrastare una epidemia di alcolismo fra i giovanissimi. Le statistiche citate dal sindaco, però, non sembrano dare una solida base all’inasprimento delle norme già esistenti. Anche gli effetti sulla salute dei ragazzi saranno modesti. L’ordinanza ha invece una plausibile giustificazione di costo-beneficio su un altro aspetto: mettere un freno alla movida giovanile. Dove il beneficio primario è quello dei residenti nelle aree interessate.

PIÙ TASSE PER GLI STUDENTI

Aumenti anche consistenti delle tasse universitarie italiane sono possibili a due condizioni. Che vengano aumentate le possibilità di scelta delle famiglie, per esempio attraverso la costruzione di residenze universitarie. E vengano tutelate le fasce economicamente deboli, attraverso meccanismi di borse di studio erogate non solo sulla base del reddito familiare, ma anche del contesto socio-culturale. Gli atenei avrebbero così a disposizione risorse aggiuntive e più tempestive. E si avvierebbero quei cambiamenti che nessuna riforma dal centro riesce a imporre.

QUANDO L’IMMIGRAZIONE E’ GOVERNATA DAL PREGIUDIZIO *

Una politica restrittiva in tema di immigrazione, come quella adottata dal nostro governo, certamente riduce il numero dei lavoratori stranieri presenti in un paese, ma ha anche l’effetto involontario di allontanare di più gli immigrati qualificati rispetto a quelli meno qualificati. Si resta così intrappolati in una spirale di forti restrizioni e “cattiva” immigrazione. E di pregiudizi che si autoalimentano. Per l’Italia, la soluzione non è inasprire indiscriminatamente le norme sull’immigrazione, ma ripensarle coerentemente con le necessità del paese.

SE TRICHET FINANZIA IL DEBITO PUBBLICO

La Bce ha deciso di finanziare massicciamente e su scadenze più lunghe del solito le banche. Secondo la motivazione ufficiale si vuole così favorire la ripresa del credito bancario alle imprese, per sostenere l’economia in una fase particolarmente critica. Il sospetto è che invece la Bce attui surrettiziamente una strategia di finanziamento monetario del debito pubblico degli Stati della zona euro. Con il rischio di una fiammata inflazionistica se fosse poi troppo posticipata l’operazione di ritiro dal sistema della liquidità in eccesso.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Nel nostro contributo ci interrogavamo sulla convenienza di  sfornare testate con immagini destinate a una parte dei lettori (gli uomini) e offensive di un’altra che é secondo noi altrettanto vasta (le donne o buona parte di esse).
Non volevamo suggerire nessuna relazione tra competenza a governare e immoralitá privata – ci sono, lo sappiamo, pessimi amministratori onesti.
Ma il tema che a noi premeva non era questo. Ci concentravamo invece su un problema che é specifico del mondo dell’informazione (soprattutto online) e ci chiedevamo quali fossero le ipotesi alla base di scelte editoriali che decidono di usare immagini di corpi femminili per attirare l’attenzione dei lettori.
E’ certamente vero come suggeriscono molti commenti che una lettura esclusivamente economica del fenomeno non e’ sufficiente.  Se cosi fosse,  dato che la proporzione di donne e uomini (nonché i rispettivi tassi di istruzione) sono piuttosto simili nei paesi europei, anche le testate straniere dovrebbero abbondare di queste immagini. Invece non è cosi come ci ricorda il lettore che vive in Finlandia.
Ma nel caso italiano l’elemento pregiudiziale è cosí pronunciato e forte da fare ombra anche alle ragioni economiche e del marketing. L’Italianità del fenomeno può essere legata in parte alla persistenza di una visione stereotipata e anacronistica del rapporto uomo/donna  che si riscontra sia negli atteggiamenti degli uomini italiani verso le donne  che, purtroppo, negli atteggiamenti passivi  o giustificativi di molte donne. Ma l’argomento dell’italianitá va articolato in ragioni piú certe ed empiriche per non rischiare di diventare esso stesso un pregiudizio-alibi.
L’italianità trova radici nella relativa maggiore debolezza, sociale e civile, delle donne italiane (le donne lavorano di meno, sono meno pagate, hanno ruoli più tradizionali anche in relazione alla vita domestica, partecipano di meno alla politica e quindi sono meno in grado di influenzare direttamente le scelte collettive). Come suggeriscono alcuni commenti va anche sottolineato che le donne  sono inoltre poco rappresentate nelle posizioni direttive in generale e in modo particolare in quelle legare al mondo del giornalismo. Nei quotidiani importanti pochissime sono le donne in ruoli dirigenziali. Solo l’Unità a nostra conoscenza ha un direttore donna.  Ed è  infatti  la testata che NON contiene immagini  riferimenti offensivi delle donne. Come richiama Maria Laura di Tommaso a commento della “italianità più recente”, mai come in questa stagione della politica italiana e’ emersa chiaramente la logica della doppia morale. E anche questo aspetto é parte della strumentalizzazione del corpo della donna per usi economici, di potere e di scambio.   
Lo stravolgimento della distinzione tra pubblico e privato per farne un arma di giustificazione dei comportamenti del Capo del Governo ne é un esempio.  Il paradosso é che tutto il pubblico é diventato privato (come in un sistema patrimonialista) e il privato ha occupato il pubblico (per ragioni di propaganda o pubblicitá elettorale) con le conseguenze aberranti per cui da un lato vi é una legge che mette la privacy sull’altare della religione secolare e dall’altro vi é una vita politica che é il palcoscenico sul quale si recita soltanto una parte, quella privata. E se questa parte si mescola con questioni politiche o di Stato e i cittadini vogliono sapere e i giornali cercano di svelare, allora si evoca la sacralitá della privacy, sulla quale si pretende di inchiodare l’informazione, facendola passare come un’intrusione invece che come un bene pubblico. 
E’ evidente il gioco delle parti che si cela dietro questa che é come la magia della stanza degli specchi: confondere tutti i piani per potere usare a piacere l’uno e l’altro a seconda dell’interesse.
Infine un’altra questione di grande interesse e sulla quale sarebbe necessario (e utilissimo) avviare una riflessione seria e serena é quella relativa alla crisi del femminismo, emersa in molti commenti.
Si dovrebbe cominciare a riflettere sulle responsabilitá del consumismo e della stessa cultura anni ’60, quella dei diritti e del benessere economico; in sostanza delle responsabilitá sia della cultura marxista che ha per decenni caratterizzato la sinistra (una cultura sostanzialmente economicistica e poco attenta alla dimensione etica e alla correlazione tra doveri e diritti) sia della cultuta cattolica (che ha tradizionalmente ostacolato la cultura dei diritti privilegiando soluzioni tradizionaliste all’autonomia morale di donne e uomini), sia infine del liberismo aggressivo che ha proposto modelli educativi tesi a identificare la cultura dei diritti con lo sgomitamento individualistico e il carrierismo, modelli che la televisione ha fatto diventare popolari.  Anche se non è questa la sede per un dibattito su questu temi non e’ possibile non porci queste domande. Nell’Italia dei diritti e della libera voce, non si puó adottare l’atteggiamento paternalistico che tende a sollevare le donne delle loro responsabilitá quando l’esito delle loro azioni non é approvabile.
E’ in nome dell’autonomia delle donne che il femminismo é nato; ed é in suo nome che deve essere messo alla prova di questa nuova sfida alla dignitá femminile. Il determinismo culturalista non é una strada percorribile per chi crede nel valore della cultura del genere. Lo stesso vale per i discorsi che tentano a situare le ragioni dell’anomalia nazionale nel carattere degli italiani.

PERCHÈ LA BCE NON VUOLE LA TASSA SULL’ORO

La Bce ha dato parere negativo all’imposta sulle plusvalenze sulle riserve di metalli preziosi per uso non industriale, prevista nel decreto anticrisi. La norma metterebbe a rischio l’indipendenza finanziaria della Banca d’Italia, con ripercussioni negative sulla conduzione della politica monetaria dell’intero eurosistema. E potrebbe consentire l’aggiramento del divieto imposto dal Trattato al finanziamento dello Stato da parte della banca centrale nazionale. Un ripensamento sulla politica di riserve ufficiali potrebbe esserci alla scadenza del Gold Agreement.

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