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NON ABBIAMO IMPARATO ABBASTANZA DALLA CRISI GIAPPONESE *

Stati Uniti ed Europa rischiano di ripetere gli stessi errori fatti dal Giappone negli anni Novanta, insistendo con politiche macroeconomiche che non servono a risolvere la crisi. Precondizioni di una ripresa economica sono la ripulitura dei bilanci delle banche e la ristrutturazione dei grandi debiti. Altrimenti, le crisi finanziarie continueranno a ripresentarsi. La teoria economica dovrebbe perciò elaborare un nuovo approccio nel quale gli intermediari finanziari siano al centro dei suoi modelli.

IL BUONO DEI BONUS*

I compensi dei manager sono sempre al centro dell’attenzione. Ma le tecniche di remunerazione oggi sotto accusa possono anche costituire una componente cruciale di stimolo alla crescita economica. Anche in Italia serve un completamento della regolamentazione che ci avvicini alle prassi seguite in altri paesi e alle raccomandazioni della Commissione europea. Per scongiurare il rischio che a una reazione emotiva di rifiuto dell’impiego degli incentivi si accompagni un incremento indiscriminato dei compensi fissi, a prescindere dal merito (o dal demerito) dei destinatari.

PERCHé IL PREMIO DI PRODUTTIVITÀ È SBAGLIATO

Il dibattito sulle proposte di partecipazione dei lavoratori agli utili delle imprese può anche essere confuso, c’è però un elemento comune a tutte, che sembra indispensabile per farle decollare: l’incentivo fiscale o contributivo. Prima ancora di sapere perché e cosa si vuole incentivare. Si conferma la tendenza a ritenere che il sistema fiscale (o contributivo) possa essere manipolato con interventi estemporanei per le finalità più diverse, senza che la struttura intera del prelievo, nelle sue caratteristiche di coerenza, e quindi di equità ed efficienza, ne risenta.

QUANDO IL RAZIONAMENTO SI FA IN UN CLICK DAY

Come le code fuori dai negozi ai tempi dell’Urss, anche il click day è una forma di razionamento. Si suppone che l’obiettivo di quello appena rinviato per i rimborsi forfettari Irap fosse assegnare i fondi in via prioritaria alle imprese che più risentono delle restrizioni creditizie e hanno dunque forti esigenze di liquidità a breve termine. Oltre naturalmente a cercare di ridurre il costo dei rimborsi per il Tesoro. Ma se è così, si è scelto lo strumento sbagliato. Molto meglio i beauty contest o i meccanismi basati sul prezzo.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Un certo numero di lettori ritiene che il Messico non possa essere preso ad esempio per l’Italia, perché tutto sommato in Messico ci sono più problemi che in Italia. Capisco il punto, ma a mio parere ciò non ci vieta di identificare alcuni punti specifici in cui il Messico sembra fare meglio dell’Italia, per cercare di saperne di più e magari imparare  
qualcosa. Peraltro, proprio il fatto che il Messico deve fare fronte a gravi problemi rende più sorprendente, e forse più interessante, il fatto che riesca a far bene in certi settori specifici.
Alcuni lettori obbiettano che la tecnocrazia è anti-democratica. A tal proposito cito gli USA dove, come altri lettori ricordano, i tecnici ricoprono spesso posizioni chiave di policy-making, e nessuno pensa che ciò metta in pericolo la democrazia.
In ultimo, un lettore ci domanda chiarimenti su una politica di prelievo del 2% operata dalle banche. Crediamo che il lettore si riferisca a una politica per cui ogni banca è tenuta a trattenere il 2% di ogni deposito bancario. Le somme trattenute saranno poi dedotte dalle tasse dell’intestatario del conto corrente. Questa norma è stata introdotta per  
combattere l’evasione fiscale.

A PASSO DI GAMBERO NEI SERVIZI IDRICI

Il governo ha chiuso il Comitato di vigilanza sui servizi idrici. La sua attività non è stata brillante, ma l’inadeguatezza deriva dal profilo istituzionale debole, dal potere decisionale praticamente nullo, dalla totale assenza di indipendenza dalla politica, dall’esiguità delle risorse. Ora la nuova commissione che lo sostituisce accentua le debolezze invece di risolverle. Intanto, il rapporto annuale sulla situazione dei servizi idrici certifica l’involuzione del sistema, con il continuo rinvio di investimenti e modernizzazione.

CONCORSI FUORI TEMPO MASSIMO

I concorsi per professore e ricercatore universitario banditi tra marzo e novembre 2008 sono stati ibernati in attesa della definizione di nuove modalità di formazione delle commissioni giudicatrici. Ora, il decreto che le contiene è sul punto di essere varato. Ed è auspicabile che preveda la riapertura dei termini sia per nuove domande sia per aggiornare quelle presentate a suo tempo. Intanto, le facoltà dovrebbero eleggere nuovi commissari interni. Sono due condizioni imprescindibili se si vogliono meccanismi di selezione improntati a una logica meritocratica.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Ringraziamo gli intervenuti, aggiungendo un nostro commento che non ha pretesa di essere esaustivo rispetto a tutte le osservazioni a noi fatte. Sono certamente condivisibili le riflessioni che affermano che lÂ’attuale configurazione dei licei italiani dovrebbe essere più onnicomprensiva, più flessibile e al tempo stesso più verificabile nei suoi esiti di apprendimento. Così pure lo sono le osservazioni sulle discipline forti, alle quali nessun giovane dovrebbe rinunciare nella sua formazione. Tuttavia, se ci poniamo in una prospettiva pragmaticamente costruttiva, che a noi sembra corretta, il dato da cui partire è la riforma già approvata nella sua architettura generale, che risulta migliorabile solo con riferimento ai contenuti. In buona sostanza la riforma conferma il modello liceale italiano – idealistico gentiliano -, introducendo alcune novità, alcune delle quali a nostro avviso interessanti. In particolare, e questo è il tema del nostro intervento, riteniamo positivo che vi siano delle nuove opzioni liceali dedicate alle scienze della modernità: le economico-sociali e le scientifico-tecnologiche. In particolare le scienze economico-sociali possono assumere una valenza formativa liceale se dispiegano appieno il loro valore di lettura, interpretazione ed orientamento rispetto alla complessità delle società moderne. Questo passaggio rappresenta unÂ’evidente discontinuità da quello tecnico-professionale sinora assolto dallÂ’economia (aziendale più che politica) nei corsi tecnici per ragionieri e periti, quali Igea ed altri. Il modello di riferimento è quello francese, in cui lÂ’economia fonda un vero e proprio Liceo Economico e sociale, che ha un taglio liceale generale molto apprezzato dai giovani francesi (costituisce, infatti, la seconda scelta per numero tra le tre previste nella Voie générale). DÂ’altra parte lÂ’economia ha un ruolo professionalizzante nei corsi STG (Science et technologies de la gestion), simili ai nostri corsi tecnici per ragionieri.
Riuscirà il nuovo Liceo Economico e sociale a produrre effetti generatori di nuove e più ampie conoscenze per la società italiana? Occorre a questo punto entrare nel merito, perché i rischi che si tratti di un’operazione nominalistica di facciata destinata a fallire nel giro di poco tempo ci sono tutti. La questione fondamentale, su cui vedremmo con piacere un positivo movimento di opinione, è che discipline, orari, metodologie siano coerenti a una concezione delle scienze economiche, sociali, giuridiche, aziendali e quantitative come scienze forti in quanto aperte, duttili, critiche. Chiaro cha questo obiettivo potrà essere raggiunto solo se le discipline, i piani orari e le metodologie saranno ad esso coerenti. Occorrono quindi sostanziosi miglioramenti al regolamento prima della sua definitiva emanazione. Come spesso accade, il successo di una riforma dipende più dai regolamenti attuativi che dal quadro generale Questi miglioramenti renderanno più credibile quella giustamente auspicata maggiore presenza dell’economia (e del diritto e delle altre scienze sociali) in tutti i licei italiani e nella cultura dell’Italia di oggi.

E SI VOLEVA RICACCIARE ROUBINI IN TURCHIA

Prendersela con “gli economisti” è un po’ come prendersela con “i medici”, “i giornalisti” o qualunque altra categoria. Fa di tutte le erbe un fascio, mette insieme quelli competenti e gli incompetenti, quelli che si occupano di sport, di spettacolo, di cronaca o di politica internazionale. Gli economisti non sono tutti uguali. Facciamo tante cose diverse, alcuni di noi si occupano di finanza, altri del sistema economico nel suo complesso, altri di specifici settori o specifici problemi (che so? dall’ambiente all’antitrust). Insultare in blocco “gli economisti” per non avere previsto la crisi finanziaria americana ha tanto senso quanto dire che dobbiamo insultare “i biologi” per non avere previsto l’insorgere del morbo dell’Aids.
Ricordare i fatti aiuta sempre. Un pesante rallentamento dell’economia era già stato ampiamente previsto, in Italia e altrove; qualcuno addirittura parlava di recessione, e tipicamente era etichettato come un corvaccio. Ciò che era stato previsto solo da pochi era la gravissima crisi finanziaria americana, che ha trasformato il rallentamento nella peggiore recessione del dopoguerra. E solo chi si occupa di finanza – e soprattutto chi se ne occupa negli USA – avrebbe potuto (e forse dovuto) farlo.
E infatti alcuni economisti del settore avevano dato l’allarme. Ad esempio, lo aveva fatto uno come Nouriel Roubini, economista di origine turco-italiana che insegna a New York, quello che nel 2006 a Davos Tremonti invitò a “tornarsene in Turchia” perché osò criticare la politica economica del governo di allora. Altri ancora, e tanti, hanno criticato la leggerezza con la quale l’amministrazione di Bush e il Governatore Greenspan gestivano i mercati finanziari, cosa che ha grandemente contribuito alla crisi. Forse Tremonti vorrà zittire anche chi disse che quella amministrazione sarebbe stata ricordata come una delle migliori della storia?
Le polemiche mi interessano poco, e anche per questo ho preferito non sottoscrivere lÂ’appello dei colleghi. Ma hanno ragione da vendere.
Per carità, molti economisti che avrebbero forse potuto prevedere la crisi non la hanno prevista. E lo sanno benissimo, tanto che al Festival dell’economia di Trento sono stati loro stessi (molti dei firmatari della lettera) a organizzare un vero processo pubblico alla professione.
Ma da qui a dire “tacete” ce ne passa. Sarò un passatista, ma amo il dialogo e mi turba chi cerca di zittire gli altri, soprattutto in un paese ove quello che manca è proprio il dibattito sereno sui problemi concreti. Io vorrei un paese nel quale gli esperti si confrontano e dicono la loro. Soprattutto, vorrei un sistema politico, nel quale i governanti cercano mille opinioni per formarsi la loro. Forse sarò ingenuo, ma quando vedo un ministro che chiede agli esperti di tacere non capisco perché lo faccia.
Solo chi crede di avere la verità rivelata in tasca non è interessato al confronto. E non vedo nessuno che abbia questa verità. Ho il massimo rispetto per il Ministro Tremonti, eccellente giurista esperto di imposte, con ampie competenze nella sua materia. Ma su questi temi Tremonti si contraddice. Afferma che ci troviamo in una “terra incognita”, in un periodo di grande confusione e poche certezze, ma poi non ritiene di doversi confrontare con nessuno. Se fosse veramente coerente con quanto afferma, allora non dovrebbe zittire nessuno, dovrebbe invece chiamare a raccolta tutte le energie migliori del paese.
Amo il confronto, e rispetto le competenze. EÂ’ per questo che se ho una malattia vado da un medico. So che alcuni medici possono commettere errori, ma dilettanti e guaritori non mi interessano.

NON STAREMO ZITTI

Tremonti chiede agli economisti di tacere perché non accetta critiche al suo operato. Una presa di posizione di economisti che ribadiscono che parte integrante della loro professione è valutare l’operato di chi ha in mano le leve della politica economica. Non si faranno intimidire. Quali che siano le pressioni che il ministro esercita sui media. Scriveteci.

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