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MA I PATTI NON SONO ANCORA CHIARI

Rating e Var non sono gli strumenti più adeguati per decidere se un titolo sia o meno sicuro. Per indicarne il valore, i prezzi di mercato sono un miglior giudice del giudizio degli analisti. Meglio dunque orientarsi verso i Cds. Soprattutto se si introducono sostanziali aggiustamenti in grado di garantire liquidità e trasparenza, riducendo la possibilità di manipolazione di prezzo. Attenzione alla commistione banche-associazioni dei consumatori: mette a rischio l’indipendenza nell’opera di tutela contro eventuali negligenze degli istituti di credito.

COSI’ IL DEFICIT SI AVVICINA AL 4,5 PER CENTO

La crescita economica è inferiore alle attese già pessimistiche: nel quarto trimestre il calo del Pil è stato dell’1,8 per cento invece dell’1,6 previsto. Il dato provvisorio per il 2008 arriva così al -0,9 per cento. Peggiorano di conseguenza le prospettive della finanza pubblica e del deficit per il 2009. Ecco spiegata la prudenza di Tremonti dei mesi scorsi. Purtroppo, proprio ora che ce n’è bisogno, è stretto lo spazio di manovra per politiche fiscali espansive.

COME TI CUCINO IN TV LA NOTIZIA DI UN REATO

I crimini diventano notizia. Ma i media, in particolare la tv, hanno ampio spazio per enfatizzare questi fatti. Lo hanno usato abbondantemente nell’ultima campagna elettorale. Influenzando in maniera pesante la percezione che i cittadini hanno del problema della sicurezza. Lo mostrano con chiarezza tre grafici tratti da una indagine curata da Ilvo Diamanti, promossa dalla Fondazione Unipolis in collaborazione con Demos e l’Osservatorio di Pavia.

LA RISPOSTA AI COMMENTI

Grazie molte a tutti coloro che hanno commentato l’articolo ed espresso opinioni diverse dalla mie. Vorrei precisare molto brevemente:

1) Il tentativo di conciliazione non funziona da solo, come molti credono. Per farlo funzionareefficientemente occorre la presenza di due elementi (a) un conciliatore formato in tecniche di gestione del conflitto (diverso dal giudice titolare della causa) e (b) un organismo specializzato terzo neutrale. Purtroppo in Italia con lo stesso termine "conciliazione" si ci riferisce a procedure molto diverse. La conciliazione nel processo del lavoro si è ridotta ad un mero formalismo proprio perché gestita da
funzionari non specializzati. In poche parole, il tentativo obbligatorio di conciliazione non è una novità ed esiste da anni in Italia, ma non funziona perché lo fanno le persone sbagliate (o almeno non adeguatamente formate).
2) Non c’è nessuna statistica, in nessuna giurisdizione al mondo, che convalidi l’idea che il ricorso "volontario" alla conciliazione possa contribuire all’efficienza dell’amministrazione della giustizia. Tutte le
statistiche dimostrano esattamente il contrario. Il ricorso agli organismi di conciliazione deve essere introdotto per legge come condizione di procedibilità o su invito del giudice per poter ottenere un effetto positivo sullÂ’efficienza della giustizia civile. Tutte le esperienze al mondo di progetti simili, indicano in non meno del 60% la risoluzione positiva di queste “settlement conferences” introdotte per legge in un sistema graduale e progressivo di risoluzione delle controversie. Anche l’Italia conferma questo dato. Occorre farsene una ragione.
3) Partecipare ad un tentativo di conciliazione non implica rinunciare ad un proprio diritto. Se non si è soddisfatti del possibile accordo si può sempre adire al giudice, che in una visione generale di ricorso sistematico alla conciliazione, riuscirà a decidere più velocemente.    
4) Il ricorso agli organismi di conciliazione è solo una – ma credo importante – possibile soluzione alla lentezza della giustizia. Sicuramente ce ne sono altre di cui, però, l’autore non è un esperto e non ha
competenze.    
5) In Italia ci sono circa 130 organismi di conciliazione e circa 7.000 conciliatori – in media 60 conciliatori per organismo –  già adeguatamente formati in tecniche di gestione del conflitto che sono largamente
inutilizzati. L’utilizzo di queste risorse già formate potrebbe contribuire grandemente a rendere più efficiente la giustizia civile senza alcun costo per lo Stato, che tra lÂ’altro, ne certifica e vigila sulla loro serietà ed efficienza tramite un apposito Registro istituito presso il Ministero di Giustizia a cui progressivamente gli organismi di stanno iscrivendo. In questo campo, l’unica certezza è lo status quo. Iniziare anche una sperimentazione e valutare serenamente i risultati, di certo non può
peggiorare la situazione.    
Grazie molte,

IL GOVERNATORE DI AQUILONI

Un mestiere difficile quello del banchiere centrale. Eppure, nonostante la crisi finanziaria e la grande volatilità dei mercati, la Fed ha mantenuto il controllo dei tassi di interesse a breve-medio termine ed è ancora in grado di guidare le aspettative degli operatori finanziari su un orizzonte temporale più lungo. Nel futuro prossimo, dovrà convincere il mercato che i tassi resteranno a zero abbastanza a lungo. Farà dunque maggiore affidamento sul potere persuasivo delle sue dichiarazioni. E per questo anche il linguaggio dovrà rinnovarsi.

GUADAGNA TROPPO CHI LAVORA NELLA FINANZA? *

A Wall Street nel 2007 solo i bonus hanno superato i 200mila dollari per operatore e anche nel 2008 non sono poi scesi di tanto. Chi lavora nella finanza (bancari e banchieri) è pagato troppo? Un’analisi dell’evoluzione del capitale umano e delle retribuzioni nel settore finanziario degli Stati Uniti nell’ultimo secolo mostra il ruolo svolto dalla deregolamentazione dei mercati e dallo sviluppo delle attività non finanziare nel determinare le retribuzioni. Pubblichiamo anche le retribuzioni dei top manager bancari in Italia dichiarate nei bilanci dell’esercizio 2007, prima della crisi.

LA BANCA PAGA. I SUOI TOP MANAGER

La tabella riporta i compensi che le banche italiane quotate hanno corrisposto nellÂ’esercizio 2007 agli amministratori delegati ed ai presidenti e vicepresidenti dei consigli di amministrazione e –nelle società con governance duale – dei consigli di gestione e di sorveglianza. I dati sono desunti dalla nota integrativa al bilancio civilistico che ogni società quotata è tenuta a pubblicare.

Per una corretta lettura della tabella è bene tener conto di alcune precisazioni.

–         Gli emolumenti comprendono sostanzialmente i compensi per la carica deliberati dallÂ’assemblea o, talvolta, dal Consiglio di amministrazione. I benefici non monetari comprendono i fringe benefit; i bonus e altri incentivi comprendono le quote di retribuzione variabile, legata ai risultati aziendali o al raggiungimento di obiettivi di budget; gli altri compensi comprendono una moltitudine di altri possibili casi, dagli emolumenti per cariche in società controllate, agli stipendi percepiti in qualità di dipendenti (ad esempio, qualora cumulino con la carica di amministratore quella di direttore generale), alle indennità di fine carica, ad altri casi ancora (tant’è che lunghe e fitte note a piè di pagina spiegano sovente la composizione di tale voce).

–         Tra gli altri compensi può rientrare anche il controvalore “definitivo” delle stock option, effettivamente percepito dagli amministratori quando esse vengono esercitate (acquistando le azioni opzionate e, di solito, vendendole immediatamente). La tabella non riporta, invece, il controvalore “teorico” delle stock option ancora in essere, poiché esso non è riportato nella nota integrativa. Di conseguenza, il computo delle remunerazioni dei massimi dirigenti bancari fornito dalla tabella risulta indicativo ma “di prima approssimazione”.
–         Una visione dÂ’insieme sui piani di stock option in essere si può ricavare da un prospetto distinto (pure riportato in nota integrativa) che evidenzia la dinamica numerica delle opzioni nel corso dellÂ’anno e il relativo prezzo di esercizio (ma non – si è detto – il controvalore “teorico”, né la sua variazione nel corso dellÂ’anno). La tabella riporta i cinque casi in cui gli amministratori delegati sono beneficiari di piani di stock option, ricavati dalla lettura del prospetto citato.
–         I dati si riferiscono a quanto effettivamente percepito dai top manager nellÂ’esercizio 2007. In qualche caso, le cifre riportate sono riferite a periodi più brevi (in caso di entrata in carica o dimissioni in corso dÂ’anno). Salvo nel caso del Banco Popolare, esplicitamente segnalato (e riferito al periodo post-fusione con la Banca Popolare di Lodi), nella tabella non sono riportati altri casi.
–         Si può notare che quattro top manager (De Censi, Innnocenzi, Leoni e Rampl) hanno cariche (e compensi) in più di una banca quotata. Non vengono invece evidenziati qui i casi (frequenti) in cui i banchieri che figurano nella tabella percepiscono anche compensi di “semplici” consiglieri in cda o in cdg/cds di altre banche.
Questo è dunque il quadro dei compensi dei banchieri italiani nell’anno in cui la crisi finanziaria non era ancora iniziata e nemmeno immaginabile. Un anno dopo qualcosa è sicuramente cambiato, in peggio, per coloro che sono compensati con stock option e bonus. Per gli altri, c’è da scommettere, la “busta paga” è rimasta immutata. Ma saranno i bilanci dell’esercizio 2008 a dircelo.

CHI HA PAURA DEI SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE?

Governo e Regioni hanno trovato un accordo per il finanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga: 8 miliardi di euro per i prossimi due anni. Ne saranno comunque esclusi i lavoratori più deboli. Una riforma strutturale è dunque necessaria e ancora più urgente per l’aggravarsi della crisi. Ecco tre proposte ispirate al principio secondo cui il mantenimento del reddito in caso di perdita o assenza di lavoro dovrebbe essere un diritto di tutti. Le stime di spesa e le indicazioni per recuperare le risorse necessarie al finanziamento delle misure.

QUELL’INUTILE LINEA DURA SULL’IMMIGRAZIONE

Il pacchetto sicurezza approvato in Senato contiene norme sull’immigrazione dal chiaro significato: maggior controllo e maggiore severità. Al di là delle considerazioni etiche sul diritto speciale riservato agli stranieri, sono provvedimenti del tutto inefficaci. Non ci sono né le risorse, né le forze per espellere davvero gli irregolari, che in gran parte sono donne occupate nelle famiglie italiane. Dovremmo invece seguire l’esempio di altri paesi occidentali, dove gli inasprimenti legislativi sono accompagnati da misure a favore dell’integrazione.

MA L’ENI E’ DAVVERO UNA SOCIETA’ PRIVATA?

Il Tesoro ha varato una legge tributaria ritagliata su misura per l’Eni: un’addizionale del 4 per cento all’imposta sul reddito delle società posta a carico delle imprese petrolifere quotate, con capitalizzazione in Borsa superiore a 20 miliardi di euro. Per trovare i soldi necessari a pagare l’accordo Italia-Libia, un’azienda ormai privatizzata viene trattata come fosse pubblica. A rimetterci sono in primo luogo i piccoli azionisti. Soprattutto, non sembra questo il momento adatto per incrinare la fiducia dei risparmiatori verso i titoli pubblici.

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