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COME RIMETTERE LE ALI AL CARGO

Uno dei maggiori handicap di competitività dell’Italia è la mancanza di una cultura e di una organizzazione logistica moderna. Perché allora non approfittare della crisi di Alitalia e far sì che Poste italiane e Ferrovie dello Stato costituiscano il nucleo iniziale di un polo industriale nella logistica? Magari seguendo l’esempio dei tedeschi. L’operazione sarebbe certo complessa sotto il profilo industriale, finanziario, di governance e della concorrenza. Ma è proprio qui che dovrebbe intervenire lo Stato, per delineare un disegno industriale coerente.

EREDITA’ TROPPO VINCOLATE

Le imprese familiari svolgono un ruolo decisivo nella vita economica di molti paesi. Il loro sviluppo è influenzato dal modo in cui il controllo passa da una generazione all’altra. Perché norme restrittive sulla successione possono ridurre la capacità di investire e di crescere. E la riduzione è tanto maggiore quanto peggiore è la tutela legale dei finanziatori. In Italia, lasciare maggiore flessibilità al testatore potrebbe rimuovere un ostacolo importante agli investimenti delle imprese familiari. E avere effetti positivi sulla crescita economica.

LA FIDUCIA ABBASSA I TASSI

L’approvazione del nuovo Regolamento emittenti della Consob rappresenta un salto di qualità assai significativo verso regole efficaci di correttezza e trasparenza dei mercati e per la prevenzione di incomprensioni, inefficienze e persino vere proprie crisi di fiducia. Dovrebbe essere interesse degli stessi intermediari finanziari, attenti alle esigenze dei clienti e alla creazione di rapporti di lungo periodo, favorire l’adozione di criteri regolativi che in ultima analisi si rivelano strumenti di salvaguardia e solidità anche sul lato dell’offerta.

QUELL’INDUSTRIA CHIAMATA RACCOLTA DEI RIFIUTI

Un tempo la cenerentola dei servizi pubblici, la raccolta dei rifiuti va ora trattata come un’attività industriale. L’Italia, almeno sul piano legislativo, ha fatto propri principi e obiettivi moderni e in linea con l’Europa. Ma se non sempre riesce ad attuarli, è perché non ha ben compreso i problemi economici sollecitati dalla crescente complessità della filiera. Manca ancora la consapevolezza delle conseguenze della trasformazione sul lato dell’organizzazione economica, dei modelli di regolazione, dell’assetto delle competenze e delle responsabilità.

TESTIMONIANZA DI ETTORE ARTIOLI

Vice Presidente di Confindustria per il Mezzogiorno

Qualche giorno fa Confindustria ha presentato insieme a CGIL CISL UIL un documento comune di proposte sul Mezzogiorno in vista delle prossime elezioni politiche. EÂ’ una iniziativa inusuale: abbiamo cercato, infatti, di capire lÂ’orientamento degli schieramenti politici su questioni che riteniamo determinanti a partire dallÂ’idea che le forze socio economiche si sono fatte della situazione meridionale.
Siamo partiti dalla sconfortante constatazione della sostanziale assenza di questo tema tra quelli discussi nell’ambito della campagna elettorale. Nonostante le forze politiche abbiano dedicato un punto del loro programma allo sviluppo del Sud, lo stesso è considerato quasi un atto dovuto: non è dibattuto, non se ne discute, non è oggetto di proposte concrete.
Invece, il Mezzogiorno rimane il principale problema di sviluppo del Paese, in cui le difficoltà economiche si sommano al disagio sociale ed all’emergenza civile.
Rispetto all’enormità del problema, non esiste un’unica risposta, ma tante risposte parziali: se sono molti, infatti, i problemi che affliggono questo territorio, altrettante devono essere le soluzioni da mettere sul tappeto, e diversi i soggetti che devono farsene carico, a partire dagli imprenditori e dalle altre forze sociali.
Ci troviamo in un passaggio molto stretto per gli imprenditori meridionali.
Progressivamente, ci siamo lasciati alle spalle un’idea dello sviluppo basata su sostegni intermediati dalla politica e dalla pubblica amministrazione, che non garantiscono trasparenza delle procedure e non riescono ad impedire tentativi di infiltrazione della criminalità, e che generano effetti distorsivi nell’assegnazione delle risorse pubbliche.
Abbiamo sposato pienamente lÂ’idea che il mercato debba essere il nostro principale punto di riferimento, essendo ormai chiuso il periodo delle commesse della Pubblica Amministrazione, dei mercati protetti e delle aziende che si illudono di poter sopravvivere grazie agli incentivi pubblici.
Ma questo rende molto più urgente la necessità di fare del Mezzogiorno un luogo dove è conveniente fare impresa.
Se possiamo rinunciare agli incentivi a pioggia, non possiamo fare a meno di una pubblica amministrazione moderna e trasparente, rapida nelle risposte ed efficiente nelle procedure, che faccia propria la missione dello sviluppo e della competitività delle imprese, tante volte viste, ancora oggi, con sospetto più che con benevola attenzione.
Non possiamo fare a meno di infrastrutture moderne e funzionanti, di un sistema fiscale amico di chi investe ed equo nel prelievo, di condizioni di sicurezza non lontane dal livello dei concorrenti europei, di mercati liberi da una presenza ingombrante dellÂ’attore pubblico
Su queste condizioni si deve incidere in profondità per ridurre le diseconomie ed i maggiori costi di cui i beni ed i servizi prodotti nel Mezzogiorno sono gravati: e su ciascuno di questi fattori abbiamo provato a snidare le forze politiche che si candidano a guidare il Paese, mettendo sul tappeto proposte concrete.
Voglio ricordarne alcune.
Cosa pensano i partiti dell’opportunità di aumentare la convenienza fiscale ad investire nel Mezzogiorno, utilizzando tutti gli spazi offerti dalla normativa comunitaria, come principale canale di promozione degli investimenti privati?
Si sentono in grado di garantire la stabilita e la certezza degli strumenti fiscali automatici che favoriscono gli investimenti e lÂ’occupazione?
Condividono l’idea di porre un argine alla proliferazione delle società pubbliche che gestiscono servizi locali, limitando la loro possibilità di accedere a risorse pubbliche fino a quando non si perviene ad una reale liberalizzazione del settore?
Come pensano di sostenere la rivolta contro il racket e contro la criminalità organizzata che ampie fasce della popolazione meridionali stanno sostenendo? Come giudicano l’idea di destinare la gran parte delle risorse del PON Sicurezza al controllo del territorio ed alla tutela degli investimenti delle imprese? Più in generale, come pensano di ripristinare nei territori più a rischio la presenza dello Stato in tutti gli aspetti della vita civile, dalla trasparenza della Pubblica Amministrazione al funzionamento della giustizia, dalla prestazione di servizi degni di un paese civile al rispetto delle regole?
Che idea si sono fatti di una scuola che produce una formazione di base largamente insufficiente e non incontra le esigenze delle imprese?
Sono d’accordo nell’identificazione di pochi grandi progetti infrastrutturali su cui concentrare le risorse, che scontenteranno qualcuno, ma daranno (forse) una prospettiva più concreta alle ambizioni meridionali sulla logistica? Come pensano di andare al di là di un assetto istituzionale sulle politiche di sviluppo che spezzetta il processo decisionale in mille passaggi dal centro alla periferia?
E infine, sono disposti a rinunciare ad un inutile Ministro o Vice Ministro per il Mezzogiorno per fare in modo che il Sud diventi finalmente problema di tutto il Governo?  Riteniamo, infatti, che ben altra efficacia avrebbe un rafforzamento della capacità di indirizzo e di coordinamento affidata allo stesso Presidente del Consiglio, se del caso coadiuvato da un sottosegretario che possa fare da regista e da player nei confronti di tutti i provvedimenti attraverso i quali i singoli  ministeri intendono correggere gli squilibri territoriali del Paese.
La sensazione che abbiamo ricavato dalla giornata di confronto è che la diagnosi dei problemi sia in buona parte condivisa, ma che le proposte delle forze politiche siano ancora troppo generiche per poter configurare interventi precisi ed impegni vincolanti. Tuttavia, il sasso nello stagno è stato lanciato: è auspicabile che su questi temi si apra un fertile dibattito tra politica e società civile da qui al voto, su cui costruire le basi per un impegno condiviso qualunque sia l’esito della consultazione elettorale.

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DELL’IRRESPONSABILITÀ

Chi ha accolto con sollievo l’abbandono della trattativa da parte di Air France dovrebbe capire che nel caso di Alitalia l’amministrazione straordinaria porta dritti al fallimento perché la compagnia, così com’è, non è in grado di generare le risorse necessarie a soddisfare i creditori. I sindacati del settore sono riusciti a perdere anche quel poco di credibilità che ancora avevano. Insieme ad alcuni politici hanno mostrato un’irresponsabilità insostenibile. Mentre la cordata fantasma resta tale.

CHI PIANGE SULL’EURO FORTE*

La rivalutazione della moneta europea è un problema per gli esportatori che devono ridurre i margini. Ma è una buona notizia per i consumatori. O almeno per gli importatori dai paesi dell’area dollaro, che realizzano grandi guadagni. D’altra parte, ben più delle banche centrali sono i mercati finanziari a dettar legge sui tassi di cambio. Ed è bene che sia così. Perché nessuno sa quale sia il giusto livello del dollaro. Tanto meno quei governi che ascoltano troppo chi oggi piange e troppo poco chi ride.

TRIONFO DELLA BUROCRAZIA

Per garantire che la compilazione del modulo di dimissioni volontarie sia una libera scelta del lavoratore occorrono sistemi di indagine e strumenti che certifichino la provenienza del documento da chi lo compila. Come la firma digitale o l’intervento di un pubblico ufficiale. Ma il vero deterrente agli abusi nella gestione dei rapporti di lavoro sono i controlli. La vicenda della legge 188/2007 mosta che l’irrigidimento delle norme troppo spesso serve solo a esaltare le capacità elusive.

LA RISPOSTA DI FAUSTO BERTINOTTI, CANDIDATO DELLA SINISTRA ARCOBALENO

La nostra coalizione ha prodotto diverse risposte per delineare una strategia anticriminalità efficiente, che soprattutto miri a sconfiggere l’egemonia mafiosa nel nostro paese. Sono proposte portate avanti anche dalla recente commissione antimafia e recepite nel disegno di legge “ misure di contrasto alla criminalità organizzata” che, purtroppo non ha avuto il modo di venire alla luce per la caduta anticipata del governo , ma  che hanno permesso di iniziare un percorso positivo che auspichiamo non venga interrotto nella prossima legislatura. Il contrasto alle mafie ed alla grande criminalità è parte fondante del programma della Sinistra l’Arcobaleno ed il nostro prossimo gruppo parlamentare che verrà eletto sarà a vostra disposizione per ulteriori proposte positive che possano giungere in tal senso.

1)      Creazione di un Testo unico della legislazione antimafia, per armonizzare e garantire maggiore organicità ad una materia così complessa e articolata, partendo dal lavoro svolto dalla Commissione Fiandaca
2)      Una legge che permette di perseguire con efficacia gli intermediatori illegali delle armi
3)      Rafforzamento della tutela e delle opportunità di reinserimento sociale ed economico delle vittime della tratta degli esseri umani
4)      Nuovi strumenti in materia di lotta al caporalato e ad ogni forma di sfruttamento lavorativo delle persone
5)     Ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione e garanzia dell’indipendenza dell’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito nella Pubblica amministrazione, oggi di nomina governativa
6)      Coordinamento della legislazione nazionale con le leggi regionali in materia di solidarietà alle vittime delle mafie e ai loro familiari, al fine di garantire una uniformità di interpretazione dei presupposti per il riconoscimento dello status di vittima di mafia.
7)      Introduzione di una legislazione specifica per le vittime della criminalità comune
8)      Una legge che istituzionalizza il 21 marzo come Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie
9)      Una nuova normativa in materia di scioglimento dei comuni per infiltrazioni mafiose per garantire il ripristino effettivo della legalità all’interno delle amministrazioni comunali e sostenere, anche con maggiori risorse finanziarie, l’azione dei commissari prefettizi.
10)  Rafforzamento della normativa in materia di prevenzione delle infiltrazioni mafiose nella gestione degli appalti, a garanzia della trasparenza e della legalità nei contratti di lavoro, servizio e fornitura della Pubblica Amministrazione.

11)  Una nuova norma che definisca il sostegno esterno all’associazione mafiosa, per venir meno ai limiti dell’attuale formulazione dell’articolo 416 ter del codice penale
12)  Una legge specifica sui testimoni di giustizia (oggi la legge n. 45 del 2001 disciplina anche e soprattutto i collaboratori di giustizia) per porre fine alle criticità emerse con l’attuale sistema e garantire il loro effettivo, concreto e dignitoso reinserimento sociale ed economico
13)  Rafforzamento degli strumenti di aggressione alle ricchezze delle mafie (anche attraverso una razionalizzazione della legislazione in materia di patrimoni di mafia) e creazione di un’Agenzia nazionale per la gestione e riutilizzo dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata
14)  Estensione dell’uso sociale dei beni confiscati ai delitti contro la Pubblica Amministrazione (ad es. corruzione)
15)  Rafforzamento e rifinanziamento del Fondo di prevenzione per le persone a rischio di usura previsto dalla legge n. 108/96
16)  Adottare nuovi strumenti e rafforzare quelli previsti dalla legge n. 44/99 per una maggiore incisività dell’attività delle associazioni antiracket
17)  Introduzione dei reati ambientali all’interno del codice penale, per un più efficace contrasto al fenomeno delle ecomafie
18)  Rafforzamento degli strumenti e delle strutture di cooperazione europea e internazionale contro le mafie transnazionali
19)  Definizione di un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alle mafie, al fine di coordinare e garantire la collaborazione e la contemporaneità delle politiche pubbliche e degli enti locali e alle esperienze autentiche di antimafia sociale
20)  Promozione all’interno della Conferenza Stato – Regioni di momenti di scambio e programmazione di interventi in materia di prevenzione dei fenomeni di criminalità e di illegalità.

BAGEHOT HA ANCORA RAGIONE*

Le banche centrali sono intervenute in modo corretto nella crisi finanziaria di questi mesi? Hanno svolto la funzione di prestatori di ultima istanza, permettendo l’accesso al credito a banche e istituti finanziari che non ne ottenevano più sul mercato interbancario. Ma gli aiuti di oggi possono provocare effetti perversi e guai maggiori in futuro. La sfida è trovare il giusto equilibrio tra il mantenimento della stabilità oggi e l’imposizione della disciplina in futuro.

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