AirFrance, Aeroflot. Tutto va bene per migliorare il risultato finale della trattativa. Anche se, fuori dalle polemiche elettorali, Alitalia convolerà a giuste nozze, quasi certamente con Air France. Come ha detto Berlusconi, basta che ci sia “pari dignità – il che non significa nulla, ma aiuta perché si può sempre sostenere che finora Air France non l’avesse data, e che la sua prossima proposta (quasi identica alla prima) soddisfa invece questo requisito.
E va bene così proprio per difendere l’interesse nazionale, per avere qualcuno che ha capacità manageriale, risorse finanziarie e network capaci di rilanciare questa impresa. Questo non basterà per garantire che la nuova Alitalia sappia dare un servizio di qualità a prezzi accettabili – per questo si dovrà far funzionare la concorrenza. E largo ai vari Meridiana, AirOne, ecc., ben vengano, e chi ha pilo (competitivo) farà più tela.
E Malpensa? Non è mai stato un problema del nord. Andate a Bergamo o Brescia per sentire quanto tengono a Malpensa. Eppure i milanesi ricordano bene che l’unica ragione per cui tanti volano da Malpensa è che dieci anni fa un decreto del governo (centro sinistra) chiuse centinaia di voli da Linate, che il mercato voleva tenere lì e cheper decreto sono stati deportati a Malpensa.
Il ridimensionamento di Malpensa è un problema dell’alta Lombardia e dovrà esssere risolto come tale: un problema di sviluppo territoriale.
La lega – a suo tempo contraria all’intervento dello Stato – oggi reclama i soldi di Roma per Malpensa. Ma se diamo aiuti di Stato a una delle regioni più ricche d’Europa, quanto denaro dovremo dare alla Sicilia?
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Confronto con i principali paesi partner e squilibrata distribuzione del peso dell’Irpef sulle diverse categorie di contribuenti segnalano l’opportunità di combinare il recupero di base imponibile con una significativa riduzione dell’imposta netta gravante sui singoli contribuenti. Il Libro Bianco suggerisce un intervento di riforma sull’imposta progressiva su base individuale, accompagnata da un sistema di detrazioni da lavoro e da un istituto di sostegno delle responsabilità familiari, che per i cittadini incapienti fornisca un trasferimento netto a loro favore.
Il mae culpa dell’Fsa sulla vicenda Northern Rock è un raro esempio di trasparenza. L’Autorità di controllo inglese avrà sicuramente le sue colpe, ma bisogna ammettere che maneggiare le crisi di questi tempi è diventato molto complicato. Le ricette proposte sono attente a garantire adeguati presidi prudenziali, ma anche a non imbavagliare troppo i mercati. Ed è un equilibrio difficilissimo da raggiungere. La speranza è che lo si trovi prima di nuovi e sempre più dolorosi bagni di sangue per le tasche dei contribuenti.
In questi anni l’evoluzione delle tecnologie e del mercato è stata notevole e Telecom Italia si trova ora in una situazione non semplice. Auspicabile una separazione strutturale della rete, con quotazione della nuova società e partecipazione o sostegno finanziario anche di soggetti pubblici. E’ l’unica soluzione per garantire lo sviluppo di un mercato aperto e competitivo e il reperimento delle risorse finanziarie private e pubbliche in grado di sostenere gli investimenti infrastrutturali necessari allo sviluppo della rete. Serve però un forte impegno su regolazione e controllo.
C’è un netto vincitore in queste elezioni. Ha saputo, meglio di altri, interpretare ansie diffuse sul territorio, soprattutto al di fuori dei grandi centri urbani. Per rispondere alle aspettative dei propri elettori dovrà per forza di cose rimuovere i vincoli che da ormai vent’anni rallentano la crescita del nostro paese. Auguriamoci tutti che ci riesca, completando anche l’opera di risanamento dei conti pubblici, indispensabile perché la turbolenza nei mercati finanziari non ci penalizzi. Ci vogliono circa due punti in meno nel rapporto fra spesa pubblica e Pil. Federalismo fiscale, legge elettorale e recupero dell’evasione fiscale sono le tre sfide più impegnative del primo anno.
Qual è il profilo degli eletti della XVI legislatura? Alla Camera ci sono più donne: il 22 per cento contro il 17 per cento della precedente. Nel Pd arrivano al 30 per cento. L’età media scende a 50 anni, cresce in particolare la quota degli under 40, grazie soprattutto agli eletti della Lega. Relativamente stabile la composizione della Camera per titolo di studio grazie ad un effetto di composizione dei nuovi entranti.
I dati della Finanziaria 2008 confermano lo scarso impegno del governo italiano nel campo della cooperazione allo sviluppo. Per capire le ragioni del mancato raggiungimento degli impegni presi a livello internazionale, è necessario andare oltre spiegazioni semplicistiche. Due studi usano analisi econometriche per analizzare i fattori che potrebbero influenzare lo scarso sforzo italiano. Fattori strutturali, istituzionali e macroeconomici non sembrano spiegare il gap che esiste tra Italia e altri paesi Ocse. Forse la risposta è legata alla debolezza relativa delle nostre istituzioni democratiche?
Siamo i soli in Europa ad aumentare organismi comunali e provinciali anziché ridurli di numero, e di costo. Le province, accusate da decenni di pratica inutilità , sono balzate da una novantina a oltre cento. I comuni, che nel 1951 erano 7.810, mezzo secolo più tardi risultano 8.101. Ma la riorganizzazione della rete comunale è un compito storico, sul quale le nostre Regioni dovrebbero cominciare a lavorare con la solerte attenzione, per esempio, dei Laender tedeschi. Ma chi avrà il coraggio di affrontare il radicatissimo municipalismo italiano?
Circolano molte voci, soprattutto sul web, sull’espressione del voto di protesta e sulle sue conseguenze nella ripartizione dei seggi. Facciamo chiarezza. Il voto nullo, il “voto in bianco”, la mancata consegna della scheda o il suo mancato ritiro, nonché l’astensione hanno esattamente lo stesso peso nella determinazione dei seggi spettanti a ciascuna lista: nessuno. E nessun presidente o segretario di seggio potrà mai verbalizzare una espressione di voto, qualunque essa sia.
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Leggendo i programmi elettorali è evidente che i due principali partiti sono preoccupati dalla questione salariale. Vi troviamo quindi due proposte per ridurre le tasse sul lavoro. Il Partito democratico sostiene di voler detassare la quota di salario negoziata in azienda. Il Popolo della libertà sostiene invece di voler ridurre la tassazione sugli straordinari.
PARTITO DEMOCRATICO
La contrattazione aziendale riguarda oggi solo le grandi imprese e interessa circa il 40 per cento dei lavoratori dipendenti. Detassando la quota di salario negoziata in azienda, il Partito democratico vorrebbe incentivare le parti sociali a ridurre la contrattazione nazionale e aumentare quella a livello aziendale.
Si tratta di un obiettivo largamente condivisibile. Tuttavia, per aumentare il peso del salario deciso in azienda non è necessario l’intervento dello Stato. Sarebbe infatti sufficiente la piena volontà delle parti sociali di riformare il sistema contrattuale. Inoltre una diversa tassazione tra salario deciso in azienda e salario deciso a livello nazionale finirebbe per complicare ulteriormente la busta paga dei lavoratori dipendenti. La proposta del Partito democratico escluderebbe tutti i lavoratori delle piccole imprese dove non ci sono i sindacati e dove la contrattazione aziendale non ha luogo.
Il Partito democratico ha inserito in programma anche l’istituzione di un “compenso minimo legale di mille euro per i precari”. Si tratta di una proposta confusa, perché un vero e proprio salario minimo nazionale dovrebbe essere definito su base oraria e non su base mensile. Inoltre, il salario minimo nazionale si dovrebbe applicare a tutti i lavoratori, indipendentemente dal tipo di contratto.
POPOLO DELLA LIBERTÀ
Il Popolo della libertà promette invece di detassare gli straordinari. La proposta sarebbe abbastanza facile da applicare e i beneficiari sarebbero tutti i lavoratori che fanno molte ore di straordinario.
Detassare lo straordinario significa però incentivare le imprese a utilizzare con maggior intensità la manodopera esistente, piuttosto che incentivare l’assunzione di nuovi lavoratori. Anche se il numero di occupati è notevolmente cresciuto, l’Italia ha molto bisogno di aumentarlo ulteriormente . Se in molte famiglie il maschio lavora e la donna sta a casa, attuando questa proposta finiremmo per aumentare le ore di lavoro del maschio e diminuire le prospettive occupazionali della donna.